Capitolo 3.

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Appoggio le borse sul divano e sfilo il cappotto. Mi dirigo in cucina per pranzare e ripetere la solita routine pomeridiana. Prima di dedicare le prossime ore allo studio assiduo, decido di riprovare una seconda volta il nuovo abito. Devo trovare delle scarpe adatte che si sposino con modello e colore, così recupero dalla scarpiera un paio di possibili soluzioni. Sento un rumore di passi provenire dalla scala. Non me ne preoccupo più di tanto e continuo a volteggiare davanti allo specchio. Un classico paio di Mary Jane nere sono perfette con il look retrò che mi conferisce l'abito, perciò elimino ogni tipo di concorrenza e posso rimettere tutto in ordine.

Improvvisamente sento il tipico scricchiolio provocato dalle lastre di legno del pavimento, appena fuori dalla mia porta. Da molti anni ormai, alcune delle lastre producono un suono differente, forse a causa dell'invecchiamento del legno.

Dal riflesso dello specchio mi rendo conto di aver soltanto accostato la porta. Quando mi ci avvicino per chiuderla, scopro Aaron proprio dietro di essa intento a guardare verso la mia direzione. Sto per impartirgli la solita predica e iniziare così l'ennesima discussione, ma mi precede.

"Stavo andando in camera mia, ma ho messo male il piede e ho girato largo. Non preoccuparti, non ti stavo spiando."

Lo guardo in modo scettico, sbattendo le palpebre più volte e increspando le labbra in un'espressione confusa. Sto per proferire parola nuovamente, ma continua: "Bel vestito". E così dicendo, con la solita espressione seria ed impassibile, alza i tacchi e si dirige nella sua stanza.

Rimango in piedi sull'uscio. Sono così abituata a subire la parte peggiore di lui che le poche volte in cui parliamo in maniera pacifica rimango attonita. Fisso la porta della sua stanza. Avverto le note inconfondibili di Ludovico Einaudi provenire flebili dal suo stereo. È buona abitudine non disturbarlo quando ascolta la musica, perciò ritorno nella mia camera. Ascolta Einaudi da quando è ragazzino. Sostiene che lo aiuti nei momenti di forte stress.

Decido di preparare il necessario per restare a dormire da Yago, consapevole che i miei mi permetteranno di passare la notte fuori. Piego con accuratezza un maglioncino rosa e un semplice paio di jeans che userò di ricambio. Inserisco un paio di scarpe da ginnastica nello zaino da palestra e una mini trousse dove abitualmente ripongo prodotti per la skin care e qualche trucco.

Lego i capelli in una coda arruffata e mi accomodo davanti alla scrivania con il libro di economia sotto al naso. Inizio a studiare meticolosamente i paragrafi sottolineati con evidenziatori di diverso colore. Leggo gli appunti accuratamente presi a lato della pagina, ripeto mentalmente i concetti e cerco di rimanere concentrata il più a lungo possibile. La determinazione non mi manca: quando mi prefisso un obbiettivo lo porto a termine. A luglio terminerò l'università, cercherò lavoro e piano piano costruirò la mia indipendenza. Costi quel che costi.

Il telefono inizia a vibrare e mi sporgo appena per capire di chi si tratta. È Carmen.

"Carmen, ciao!" Rispondo entusiasta chiudendo momentaneamente il libro.

"Ehi! Stai studiando, secchiona?"

"Beccata!"

Carmen, insieme a Tara, è una cara amica conosciuta ai tempi dell'asilo. Quand'ero bambina provavo una grande invidia nei suoi confronti, a causa dei bellissimi capelli color rame e dei suoi occhi azzurro cielo. Provavo un forte senso di inferiorità dinnanzi alla sua bellezza. Carmen è sempre stata la più spigliata delle tre. È grazie a lei se sono riuscita ad emergere dal guscio, in tarda adolescenza. Col tempo l'invidia ha lasciato spazio ad un'amicizia importante a e ad una stima profonda.

"Io proprio non ci riesco, mi distraggo in continuazione... sarà l'aria di primavera." Risponde lei.

"Mancano più di tre settimane all'inizio della primavera e tu già ne senti l'arrivo? Non ti sarai invaghita di qualcuno?" Domando con malizia.

„ After the deal "Where stories live. Discover now