Capitolo 12 - Aaron.

91 17 21
                                    

Improvvisamente, tutto si ferma: per interminabili secondi mi sento estraneo alla realtà. Intorno a me è tutto ovattato: i miei pensieri, la strana sensazione allo stomaco, il tremolio di paura che si era impossessato del mio corpo. Non percepisco nulla, come se mi trovassi all'interno di una bolla da cui non filtra nemmeno il frastuono del temporale.

Diana mi risveglia dalla catatonia, alzandosi bruscamente in piedi e iniziando ad alzare la voce: "Per ventisette anni avete mentito, avete nascosto una verità tanto grande e credete di potervi discolpare in questo modo?" Mi rivolge uno sguardo con gli occhi colmi di lacrime. Non so come riesca a trattenerle. Forse vorrebbe vedere una reazione altrettanto furibonda da parte mia, ma sono privo di emozioni e soprattutto di parole. Sono paralizzato.

"Quindi, stando a quello che dite, anche io sono stata adottata. Noi non siamo i vostri figli biologici. Da quale famiglia vengo? Da una ricca o da una povera? Mi avete portata via da una mamma che mi voleva o che si sarebbe volentieri sbarazzata di me?" Il suo tono è sempre più rabbioso e non riesco a trovare la forza di consolarla, di tranquillizzarla. Rimango inerme.

Mamma è ormai in balia delle lacrime, si nasconde dietro i palmi delle mani e cerca di piangere in silenzio. Ciò nonostante, la sua voce arriva fioca per rispondere alle domande di Diana.

"No, tu non sei stata adottata. Aaron aveva sei anni quando scoprii di essere incinta. Fu inspiegabile, dopo anni di tentativi qualcuno ci assistette dal cielo. La ginecologa non parlò mai di sterilità, perciò una piccolissima percentuale rimaneva, ma era talmente improbabile da farci pensare che non avremmo mai potuto avere un figlio biologico."

Diana non regge, scoppia in un pianto nervoso, imprecando in giro per il salotto e torturandosi i capelli con entrambe le mani.

Finalmente trovo la forza di reagire, ma ciò che esce dalla mia bocca è quasi meccanico. Le parole sono gelide, non hanno bisogno di essere formulate o filtrate.

"E' per questo che ogni pretesto era sufficiente per litigare? Con l'arrivo di Diana avete preferito accudire la vostra vera figlia e trascurare me?"

Rivolgo uno sguardo riluttante verso quelli che dovrei considerare i miei genitori, ed in cambio ricevo un'altra reazione vacillante da parte di entrambi. Si guardano più volte, abbassano ripetutamente gli sguardi, poi perlustrano la stanza. I miei occhi non si scollano nemmeno un istante dalle loro figure.

Questa volta è 'papà' a rispondere.

"Non abbiamo mai fatto preferenze perché non sei biologicamente nostro. Vi abbiamo sempre amato incondizionatamente. Siamo stati costretti a comportarci così per una serie di episodi successi quando eravate piccoli. Nessuno sa che non sei davvero figlio nostro, nemmeno i parenti. Abbiamo inscenato una gravidanza difficile, da tenere sotto controllo. Così ci siamo risparmiati visite famigliari e le conseguenti domande invasive, oltre che pericolose. Non potevamo raccontare di un accordo illegale con la famiglia Holger. I problemi sono arrivati quando tu andavi alle medie e Diana frequentava la terza o la quarta elementare. Vi abbiamo sorpresi più volte in atteggiamenti ambigui. Anche le animatrici del centro estivo dicevano che vi scambiavate strane effusioni, considerando la tenera età e il rapporto fraterno. Abbiamo dovuto prendere provvedimenti: inizialmente vi abbiamo semplicemente iscritti ad attività diverse, in modo da tenervi lontani, ma una volta rientrati a casa la situazione non migliorava, anzi, si accentuava di giorno in giorno. Fummo costretti a seminare zizzania, per portarvi a litigare, così da metter fine a questa situazione. Se non l'avessimo fatto, probabilmente finora non avreste mai sentito questo rapporto fraterno fra voi."

"Avete fatto in modo che io e Aaron litigassimo perché avevate paura di sorprenderci a letto insieme?" Ironizza velenosamente Diana. "Eravamo due bambini! Come avete osato? Come avete anche solo potuto pensare che ci potesse essere qualcosa fra noi?"

"Diana, calmati." Interviene mamma. "I bambini percepiscono, sono molto intelligenti. Avevamo paura che vi accorgeste di qualcosa o che nel profondo, non provaste un amore fraterno. Aaron era ancora piccolo per poter capire, ma non abbiamo mai pensato fosse stupido. Purtroppo dovevamo convivere con una piccola possibilità che vi accorgeste dell'accaduto. Non ci sono documenti in casa, dato che l'accordo è avvenuto all'oscuro della legge, ma determinate sensazioni non hanno bisogno di formalità."

Queste sono le ultime parole che riesco a sopportare, prima che il mio cervello esploda definitivamente. Mi alzo di scatto e mi dirigo verso la scala. Salgo velocemente gli scalini a due a due, ma qualcosa attira la mia attenzione: lo specchio ovale sulla parete che precede la mia stanza. Quante volte ci sono passato davanti, quasi dimenticandomi della sua presenza. Quante volte nella vita, rivolgiamo un'occhiata allo specchio e incontriamo gli stessi tratti, gli stessi dettagli di sempre? Dovremmo conoscerci a memoria, saper subito individuare il nostro lato migliore, quale zigomo sia più alto dell'altro, dove si trovano quei capelli bianchi che tanto ci spaventano. Dettagli che agli occhi di chiunque potrebbero sfuggire, ma che ai nostri non sfuggirebbero mai. Per anni mi sono guardato allo specchio con sufficienza, ma ora sono immobile davanti all'immagine di qualcuno che forse non conosco così bene.

Aaron, questo nome così originale e poco utilizzato, da chi è stato scelto? E' stato scelto dalla mia vera madre? Da quella adottiva? I miei occhi color ghiaccio, tanto chiari da attirare sempre l'attenzione, da chi provengono? E i miei folti capelli castani? La mascella morbida e le labbra carnose sono simili a quelle di mio padre? La mia notevole statura, il mio fisico atletico?

Mentre le domande affiorano veloci, non mi accorgo che Diana è a fianco a me. Mi fissa dal riflesso dello specchio. Diana, quella che pensavo essere mia sorella. La ragazza dagli occhi azzurri e i capelli lunghi, sempre vestita da sedicenne. La ragazza che a guardarla bene, a parte per una serie di coincidenze come il colore degli occhi e dei capelli, non mi somiglia poi così tanto. Forse anche lei sta pensando le stesse cose. Forse anche lei mi trova diverso, adesso. La lascio sola e raggiungo la mia stanza. Una volta dentro chiudo a chiave e rimango per qualche minuto in piedi davanti alla finestra. Un attimo prima ero soverchiato di questioni, adesso mi sento nuovamente vuoto e questo squilibrio non fa altro che causarmi una forte emicrania. Apro le imposte, impassibile al vento forte e ai lampi molto vicini. L'aria mi colpisce in pieno viso, la sua potenza mi fa sbattere ripetutamente le palpebre. Il freddo sembra pungere la pelle sensibile del mio viso. Fisso il cielo plumbeo: corrisponde perfettamente al mio stato d'animo. Tra poco pioverà, si scatenerà una burrasca che metterà a soqquadro tutto. Ma io sono già nel caos, che differenza farà? Un pensiero cupo, mai sperimentato prima, mi attanaglia la mente. I miei occhi si posano sul marciapiede sotto il cornicione. Non c'è anima viva in giro, nessuno oserebbe nemmeno sporgersi dalla finestra, in queste condizioni. Nessuno sentirebbe la mia mancanza, in fondo.

"Perché commettere una tale pazzia?"

Sta' zitto...

"Lo sai che posso leggerti i pensieri. Francamente non avrebbe senso porre fine alla tua vita proprio adesso."

Indietreggio, senza voltare le spalle.

"Manca soltanto un anno, non cambierebbe nulla. E poi a te non importa minimamente della mia vita, sei solo interessato a concludere l'accordo."

"Oh, Aaron, come siamo sentimentali. È vero, a me non interessa della tua vita. Potresti gettarti giù dal cornicione seduta stante, ma vedi, in un certo senso mi dispiacerebbe. Offro possibilità alle persone da più di trecento anni e non mi era mai capitato di contrattare con un ragazzo così perso, vittima di un destino già beffardo."

"Falla finita, Kalevi. I demoni non provano sentimenti verso gli umani, vogliono solo stringere patti. Me l'hai insegnato tu, non me lo sono scordato. Avrai la mia anima, o stanotte, o tra un anno."


▬▬▬▬▬▬▬▬▬▬

Ciao miei bellissimi lettori!

Eccomi qui con l'incipit di un altro grande mistero di questo racconto. 

Quali sono le vostre sensazioni a riguardo?

Come la volta precedente, sono curiosa di sapere se vi aspettavate un tale risvolto o se siete rimasti con la mascella a penzoloni davanti allo schermo.

Baci, appuntamento al prossimo capitolo!



Hai finito le parti pubblicate.

⏰ Ultimo aggiornamento: Jul 19, 2023 ⏰

Aggiungi questa storia alla tua Biblioteca per ricevere una notifica quando verrà pubblicata la prossima parte!

„ After the deal "Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora