Capitolo 8.

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"Che cosa state facendo?!"

La voce di mia madre irrompe nella stanza come un tuono prima della tempesta. Spalanco gli occhi e subito il mio cuore accelera. A giudicare dalla luce pallida che filtra nella camera stimo siano le sette o le otto del mattino. Aaron si scosta immediatamente, corrugando la fronte e strofinandosi il viso più volte.

"Che succede? Perché stai urlando?" Farfuglia con la voce impastata dal sonno.

"Ti sembra il caso di dormire abbracciato a tua sorella? Non siete più bambini!" Il tono accusatore che gli sta rivolgendo è totalmente senza senso. Siamo fratelli, non amanti clandestini. Qual è il problema?

"Aaron è venuto a scusarsi dopo la brutta discussione di ieri e ci siamo addormentati. Non vedo perché alterarsi tanto."

Ci mettiamo entrambi a sedere, guardandoci come se l'altro avesse capito il pretesto per cui essere ripresi.

Mamma scuote la testa nervosamente, poi esce dalla stanza e scende di sotto poggiando pesantemente i piedi sugli scalini di legno.

Io e Aaron rimaniamo attoniti. Ci alziamo dal letto e ci affacciamo sul pianerottolo. Sento la voce di mio padre arrivare flebile all'orecchio.

"Pensavo fosse acqua passata... Dovremo comportarci come abbiamo già fatto in passato."

Guardo mio fratello con aria interrogativa, mimando con le labbra un "A cosa si riferisce?". Lui scuote la testa, i suoi occhi rimangono sui miei, senza saper rispondermi. Restiamo immobili, cercando di intercettare altre parti del discorso.

"Hanno vent'anni, come facciamo?" Questa volta è nostra madre a parlare.

"Non lo so, Becca. Forse non è più necessario intervenire..."

"Pensi sia stata la cosa giusta? I dubbi mi stanno tormentando, Gabriel."

Non resisto un minuto di più: i miei piedi sono già posizionati verso le scale e vorrei correre giù per capirci qualcosa, ma Aaron cambia i piani e mi blocca. Si interpone tra me e il primo scalino, poi mi sussurra: "Non credo sia una buona idea."

"Non ti puzza questa situazione?"

"Sì, ma non credere che presentandoti con le braccia incrociate avrai le risposte che tanto desideri."

Aaron ha ragione, mamma e papà non parlerebbero. O almeno non ora. Questa discussione ha le vaghe sembianze di un grosso vaso di Pandora e il mio temperamento potrebbe causarmi problemi.

"Aaron."

"Mh?"

"Ci stanno nascondendo qualcosa."

"Geniale Diana, davvero." Mi prende in giro facendo roteare gli occhi al cielo.

Gli rifilo un debole pugno all'altezza del gomito e la sua reazione mi spiazza: increspa le labbra in un sorriso divertito, ricambiando scherzosamente il colpo. Tutto ciò è contagioso e mi ritrovo a sorridergli, distraendomi per un millesimo di secondo dalla situazione. È incredibile, ieri sera ci saremmo messi le mani addosso tanto eravamo arrabbiati, mentre adesso ci prendiamo a pugni per gioco. Il tutto accompagnato dal sorriso di Aaron che vedo a settimane alterne.

"Che facciamo?" Domanda lui.

"Se scendessimo senza dire nulla? Come se non fosse successo niente..."

Annuisce, privo di idee migliori da proporre.

Quando entrambi mettiamo piede in cucina mamma e papà smettono di borbottare immediatamente. Nessuno di noi due aveva dubbi circa il loro comportamento. Ci sediamo a tavola dopo aver prelevato dalla dispensa cereali e biscotti per fare colazione.

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