35. Julia era una ragazza sveglia

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Julia sapeva di essere intelligente. Era una di quelle ragazzine sveglie, il tipo di bambina che realizza presto che i propri genitori non sono onnipotenti ed onniscienti. La prima volta che lo comprese fu quando si spaventò. Ci fu un rumore nella sua stanza, che proveniva da sotto il letto o dall'armadio. Julia corse lungo il corridoio, piangendo, «Mamma! Papà!»

«Cosa c'è che non va, tesoro?»

«Ho s-sentito un m-mostro.» balbettò.

Inizialmente si aspettò che cercassero di confortarla o che roteassero gli occhi o ancora che ne rimanessero infastiditi. Invece, saltarono in piedi immediatamente e raggiunsero la sua camera, dove controllarono sotto al letto, ispezionarono l'armadio e testarono la serratura della finestra. Perlustrarono ogni singolo centimetro.

Julia capì in fretta. Sapeva cosa stavano facendo. Prendendo seriamente le sue paure, stavano mostrando alla loro piccola bambina che fosse al sicuro e amata. Avranno probabilmente letto a riguardo in qualche sorta di libro, ma la lezione che Julia aveva appreso era che lei avesse del potere. Da lì in poi, svegliare i genitori la notte divenne un'abitudine. Julia avrebbe pianto e gridato, loro sarebbero corsi nella sua cameretta e Julia avrebbe nascosto un sorriso dietro alle lacrime. Ma non se ne lamentarono nemmeno una volta.

Una notte, non riuscì più a resistere e scoppiò in una risata quando suo padre cadde mentre esaminava la lampada, come se un mostro potesse nascondercisi.

«Cosa c'è di così divertente?» chiese, massaggiandosi la schiena.

«Voi!» sogghignò Julia «Voi mi credete sempre.»

Papà non era arrabbiato. Rivolse il suo sguardo a mamma.

«Una sola volta» disse a bassa voce «una sola volta, non abbiamo creduto a tuo fratello.»

E Julia, figlia unica, quella notte non riuscì a prendere sonno.

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