-Una breccia tra le luci.-

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Socchiuse le palpebre per poi sbatterle.
Si chiese ancora una volta per quale ragione avesse accettato quella proposta.
Quando Keìra aveva parlato di un posticino tranquillo, pensava intendesse una sala da tè, o magari un circolo dove praticare qualche gioco di intrattenimento e non un locale dalle luci sfavillanti e musica assordante.

«Ehi, rilassati» la sentì gridare per sovrastare il frastuono, il braccio attorno ai suoi fianchi per impedirgli di fuggire.

Aaron prese un bel respiro e mosse gli occhi su quel mare di gente in movimento: entravano e uscivano dalle porte come sciami di insetti.
Si umettò le labbra e deglutì ancora.

Appartenere a una cerchia di nuovi amici era bello, davvero, però Keìra rientrava in una categoria pericolosa. Lei lo aveva portato a visitare il posto, un vero e proprio viaggio nella cultura e nella storia. In principio Aaron aveva storto il naso, però poi, una volta inoltrati nel cuore pulsante della città, si era lasciato catturare dalla mole di disegni e scritte sulle mura.

Lì, infatti, i palazzi sembravano prendere vita e cacciare via la monotonia di grigio e nero dovuti ai gas di scarico e a quelli delle fabbriche sempre in funzione. Un tripudio di colori affascinanti, persino le strade ricalcavano orme e strisce di tonalità fresche.
La superficie delle ville nella parte ricca sfiguravano di fronte a tale bellezza, se non fosse stato per i giardini verdi e sontuosi modellati alla perfezioni da giardinieri abili.

Non credeva fosse possibile provare indivia nei loro confronti, non con tutta la ricchezza a sua disposizione, eppure era accaduto proprio questo.
Un punto a favore per la città media, l'unico, per ora.

«Sbrigati, o non riusciremo a sentire Tim» lo incalzò lei spintonandolo dentro.

I piedi di Aaron opposero una debole resistenza, eppure alla fine si ritrovò in quella morsa di ragazzi e ragazze, la musica assordante proveniva da alcuni strumenti suonati con una tale rabbia da spaventarlo.
Si ritrovò a tossire per la quantità di fumo presente nella sala, si faticava a distinguere le figure in quella coltre di nebbia innaturale.

«Ti ci abituerai» mormorò Keìra a un soffio dal suo orecchio, battendo poi un paio di colpi sul bancone quasi al limitare dello sfondo.

Aaron si attaccò alla sua amica, compì i suoi stessi identici passi mentre si guardava attorno con gli occhi sgranati.
Se a scuola aveva potuto osservare tanta nudità, nel locale ne vide decisamente troppa e si sentì a disagio.
La routine di quella città implicava anche consumare rapporti senza pudore? A giudicare dai gruppetti appartati negli angoli, la sua risposta divenne affermativa.
Quale indecenza, un vero e proprio segno di degenero.

Lasciò andare il respiro e si concentrò solo sul volto di Keìra, vedendola ricambiare. «Calmati, Aaron, sei così pallido. Non svenire, mi raccomando» disse con un risolino divertito.

«Non dovresti bere in gravidanza» ribatté invece il moro occhieggiando al drink nella sua mano.

«Dov'è il mio padrino preferito?»

Le braccia di Tim gli avvolsero le spalle e Aaron si tese in una mossa inevitabile. Ancora non aveva preso dimestichezza con quella nuova amicizia, anzi, Timothy continuava a incutergli timore.
Sarebbe stato complicato per lui lasciarsi andare.

«Ehi, amico», disse Tim rivolto al barista, «prepara un bel goccio per il mio amico qui. Ha tutta l'aria di doversi sciogliere un po'.»
Aaron scrutò il piccolo bicchiere, il liquido argentato riluceva di una sfumatura strana.
Cosa gli avevano dato?

«Dai, un sorso e via» lo incitò Keìra imitando il gesto, sollevando persino il gomito.

«C'è dell'alcool forte qui dentro?» chiese e la vide scrollare le spalle, tuttavia il sorrisetto del presunto barista lo insospettì.
Fece per dire qualcosa, ma l'amica lo zittì.

Schiavo del Mio amore MalatoDove le storie prendono vita. Scoprilo ora