Capitolo -11-

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«Buongiorno.»

Jacob si chinò sul viso di Corey ancora addormentato e scoccò un bacio sulle sue labbra sigillate, spinse con prepotenza e alla fine riuscì a ritagliarsi una fessura dentro cui infilare la lingua.
Il minore mugugnò qualcosa di incomprensibile e posò le mani sul suo petto, pigiando per allontanarlo dal proprio corpo.

«Puzzi di olio di ingranaggi» borbottò Corey chiudendo con le braccia l'accesso al viso, incapace di stabilire da dove potesse giungere un nuovo attacco.
Da quando, quasi un mese e mezzo prima era tornato a casa dall'ospedale, Jacob era divenuto la sua ombra.

Non c'era angolo dove non si ritrovasse schiacciato contro di lui in un abbraccio forzato da togliere il fiato.
E pensare che, durante le prime settimane dalla sua liberazione, avevano trascorso momenti davvero bui: giornate in cui nessuno dei due riusciva a mettersi d'accordo e finivano per litigare e gridare come bestie, ringhiandosi le peggiori parole mai immaginate.
Su un argomento in particolare ruotava il loro disappunto: chi gli aveva messo le mani addosso, e più lui si rifiutava di rispondere, più la rabbia di Jacob si gonfiava come una vela sospinta da troppo vento.
Da qualche tempo, però, il compagno sembrava essersi placato del tutto, e il ragazzo pieno di rancore e dolore aveva lasciato il posto a uno decisamente più remissivo e gentile, quasi al limite dello stucchevole.

«Scusa se sono appena tornato dal lavoro, caro il mio principino scansafatiche» lo canzonò il maggiore e cinse i suoi avambracci, forzandolo ad aprire un passaggio fino al suo viso.

«Scusa se non vedo un cazzo e quello che posso fare è passeggiare per la tratta dal cancello del giardino alla mia stanza» rispose Corey acido e prese ad agitare le mani nella speranza di colpirlo, fallendo.

Infatti ottenne solo una grande risata, una presa in giro e un nuovo attacco alla sua bocca, che stavolta non contrastò, anzi, lo accolse circondandogli il collo per trarlo maggiormente a sé.
Adorava il modo in cui Jacob non gli faceva affatto pesare la sua situazione. In molti casi lo sfotteva persino, continuando a chiamarlo con nomignoli a suo parere divertenti, a dispetto dei rimproveri di Agata sul poco tatto usato in quella circostanza.
Ma Corey non desiderava essere trattato con i guanti; solo sembrare normale.

«Dai, andiamo ad allargare i tuoi orizzonti, Cory» disse Jacob d'un tratto e lo trascinò fuori dal letto, i piedi nudi sul pavimento freddo rabbrividirono.

Cosa aveva in mente?

Probabilmente una decisione che non avrebbe approvato.
Percepì il tocco del compagno al di sotto della sua maglia e dischiuse le labbra, liberando il fiato trattenuto.
Deglutì e si abbandonò al piacere delle carezze sulla pelle mentre veniva aiutato a vestirsi per uscire.
L'impossibilità a vedere aveva aumentato gli altri sensi, e quando Jacob lo sfiorava, la passione e il desiderio si accendevano di colpo.
Il sesso, poi, era divenuto una scoperta di emozioni molto diverse da quando poteva osservarne i dettagli e tenere tutto sotto controllo: doveva solo lasciarsi andare alle sensazioni scaturite dal corpo del compagno e dalla loro unione.
Corrugò la fronte e sbuffò piano nel sentire l'aria soffiare sul suo corpo in parte ancora nudo.

«Si gela, testa di cazzo. Datti una mossa a vestirmi» lo rimproverò, tuttavia dovette trattenere un gemito di sorpresa nel sentire la lingua di Jacob tracciare un cerchio sulla punta del suo membro, la dita a stuzzicare i testicoli.

Corey strizzò le palpebre e fu costretto ad aggrapparsi con le dita alle spalle forti del compagno, l'erezione ben presto inserita nella sua bocca e imbevuta di saliva.
Il calore arrivava quando Jacob se la spingeva quasi in fondo alla gola, e poi percepiva il freddo nel momento in cui tornava indietro.
Una danza inebriante, un ballo dentro cui Corey credette di perdersi, incapace di ritrovarsi nella lussuria.

Schiavo del Mio amore MalatoDove le storie prendono vita. Scoprilo ora