💑 Appuntamento 👫

48 5 3
                                    


   //1574 parole//

Affacciata al balcone, fresca di doccia e già vestita, aspettavi con ansia di veder sbucare il tuo bel principe azzurro dal vicolo che avrebbe dovuto imboccare per venirti a prendere. Certo, senza calzamaglia e sgargiante completo ottocentesco, due biglietti dell'autobus al posto del cavallo bianco e una capigliatura appuntita invece del solito cappello - andiamo di banalitá - azzurro, ma comunque tuo, e parlando in questi termini la corona, il castello e il titolo di Principe passavano in secondo piano. Quel giovedì avevate in mente di fare un giro per il porto e poi di mangiare un boccone in un ristorante piuttosto carino che aveva aperto da poco ma che contava già tantissime recensioni positive e che, ciliegina sulla torta, aveva la vista sul mare. Axel era venuto a sapere - chissà da quale tua amica pettegola, stavolta - che amavi il mare, allora ne aveva fatto la base di tutte le vostre uscite, ultimamente. Visto che era inizio agosto e l'afa, nonostante il giorno prima avesse piovuto, era comunque soffocante, avevi optato per un vestito a giro maniche verde petrolio con la gonna a balze, non troppo pomposa, che faceva risaltare sia il bel colore caramello della tua abbronzatura totalmente naturale sia i tuoi capelli (c/p), boccolosi come mai erano stati. Abbandonato sul letto, in attesa di essere indossato, restava un piccolo giacchetto bianco crema, con le maniche a tre quarti, nel caso dovessi sentire freddo. Il tuo letto ospitava anche un altro vestito bianco, a cui avevi rinunciato perché il bianco si sporcata tropo facilmente e fare figuracce rovesciandoti cose addosso era uno dei tuoi talenti, e un altro di una bella sfumatura di rosa, con una gonna troppo lunga e un corpetto ricamato troppo elegante per l'occasione. Avresti dovuto mettere a posto il casino che avevi fatto nella scelta dell'outfit perfetto, ma preferivi di gran lunga aspettare Axel. E poi avresti sicuramente sudato, con quel caldo, mandando al diavolo il lavoro svolto dalla doccia di neanche mezz'ora prima. Ti eri anche truccata un po'; niente di speciale, solo un filo di mascara che ti aveva aiutato a mettere tua madre e giusto un po' di burrocacao sulle labbra. Speravi solo di non finire come l'ultima volta, quando, totalmente dimentica di aver usato il trucco nero sulle ciglia, avevi preso a strofinare delicatamente quelle dell'occhio destro, convinta fossero sporche. Per poi ritrovarti un occhio a panda e i polpastrelli di pollice e indice neri. Ai piedi portavi dei sandali semplici neri, a cui avevi abbianato la borsetta che, però, aveva dei rifinimenti dorati, motivo per cui avevi adornato entrambi i polsi con due braccialetti di quel colore, stretti come piacevano a te, e poi così non rischiavi di farli cadere o di perderli. Guardasti per l'ennesima volta l'orologio appeso alla parete della tua camera, rendoti conto che Axel sarebbe dovuto arrivare proprio in quel momento, visto che erano le 19. Il tempo di voltarti di nuovo verso la strada che, puntuale come un orologio svizzero, vedesti il biondo arrivare. Con un sorriso spontaneo ad adornarti le labbra, afferrasti la borsa a tracolla e il giacchetto, uscendo dalla tua camera e scendendo di corsa le scale, rischiando d'inciampare una sola volta - record personale -. Quando bussarono alla porta avevi appena finito di salutare i tuoi, ricevendo un in bocca al lupo scherzoso da tua madre e annuendo ai mille avvertimenti di tuo padre. Prima di aprire, prendesti un bel respiro, sorridendo contenta all'indirizzo di Axel, che invece sembrava un po' nervoso. -Ciao!- lo hai salutato, euforica come tutte le volte che uscite insieme, che lo vedi o che incroci il suo sguardo, anche se per sbaglio e solo per una manciata di secondi. Lui ha ricambiato con un piccolo sorriso, prima di spostarsi per permetterti di uscire. Cogliendo la palla al balzo - e prima che i tuoi lo invitassero ad entrare -, ti sei affrettata a salutare tutti nuovamente con un  "Io vado! State tranquilli e fate i bravi!" per poi chiudere la porta alle tue spalle e ignorare bellamente qualunque fosse stata la risposta dei tuoi genitori. Che eri quasi sicura non ti sarebbe piaciuta affatto. Finalmente soli, anche se in mezzo al marciapiede e ancora davanti casa tua, ti sei permessa di lanciare una lunga occhiata accompagnata da un mezzo sorrisetto al tuo accompagnatore, squadrandolo senza vergogna alcuna. Dopotutto, una volta avevi letto in un libro che l'abbigliamento può dire tanto sulla persona che si ha davanti. Aveva una camicia di un bel bianco immacolato, di quelli davvero belli da vedere, classica, il colletto alzato come suo solito. Sotto un paio di jeans blu chiari, leggermente strappati un po' più sopra le ginocchia e delle normalissime scarpe da ginnastica ai piedi. -Come stai?- ti chiese ad un certo punto, cominciando a camminare nella direzione della fermata dell'autobus, distante pochi metri, in un tacito invinto ad avviarvi. -Meravigliosamente- ti lasciasti sfuggire, pentendotene un po', salvo poi ridacchiare e ricordare che vi eravate detti di non fingere e di fare le cose con calma, creare tanti bei momenti insieme voi che vi trovavate bene anche a stare zitti, magari ognuno per i fatti propri, nenache vi stesse deliberatamente ignorando. Anche il biondo dovette ricordarlo, perché all'inizio arrossí leggermente, ma poi cedette e avvicinó teneramente la sua mano sinistra verso la tua voltando poi il capo dall'altro lato, impedendoti di guardarlo negli occhi, come nei cliché più cliché dei libri o dei film romantici. Eppure scartasti questo pensiero, afferrando quella mano che ti era venuta voglia di stringere dal primo momento in cui avevi messo piede fuori casa e godendoti il sussurrato "ne sono felice" del tuo ragazzo, che era probabilmente la miglior risposta che potevi aspettarti da lui, ancora troppo inesperto e imbarazzato per dirti che ti trovava in ottima forma o che eri bellissima. Arrivaste alla fermata dell'Autobus in pochissimo tempo e scambiandovi solo qualche piccolo accenno alle vacanze quasi terminate e all'imminente inizio della scuola, ai film che avevi in mente di vedere e all' appena terminato soggiorno in Grecia di lui, di cui non ti aveva raccontato quasi niente perché "se no di cosa parleremo a cena?" a cui tu avevi risposto, mezza sarcastica mezza seria: "credimi, so trovare tanti argomenti di conversazione io, se voglio" che in altre parole doveva essere un "chiacchiero tanto, se mi sento a mio agio". I dieci minuti passati ad aspettare il mezzo che doveva essere un po' in ritardo lì passasti seduta sulla panchina apposita, il cellulare in mano con cui all'inizio stavi scambiando qualche messaggio con la tua migliore amica ma che poi avevi spento per guardare di sottecchi Axel, rimasto in piedi poco più avanti di te e che, con le mani nelle tasche del pantalone, alternava lo sguardo tra la strada e la tabella con tutte le fermate del bus che dovevate prendere voi. Passò relativamente poco tempo ancora prima del suo arrivo, e poi ti ritrovarsi seduta dalla parte del finestrino con il tuo ragazzo affianco, le mani vicine e un sorriso spontaneo per quanto eri felice di essere lì con lui. E non quanto per la passeggiata o il viaggio - anche se tu amavi viaggiare, soprattutto in macchina - o per la cena sicuramente squisita che vi aspettava, quanto per essere con lui, in sua compagnia, e poter stringere la sua mano e parlare con lui. Il viaggio lo passasti con lo sguardo fisso sul finestrino, alternandolo tra il cielo ancora azzurro con sfumature rosse, arancioni e rosa per via del sole che andava tramontando e la strada trafficata, con le macchine grigie, rosse, nere e bianche che passavano una dietro l'altra nel verso opposto al vostro, e qualche parolina sussurrata a nessuno in particolare mentre ripetevi con leggera inclinazione le canzoni che conoscevi e che stavano trasmettendo alla radio, sbagliando inesorabilmente qualcuna di quelle inglesi. Ma sorridendo. Axel non ti chiese il perché, ricambió semplicemente la stretta e si fece un po' più vicino, muovendo leggermente le labbra quasi ti stesse accompagnando in quell' assolo. Sì, un assolo sul sedile di un autobus. Comunque, c'era Bad Boy quando l'autobus si fermò alla vostra fermata permettendovi di uscire, e un cielo che andava sul serio immortalato, con il sole che sembrava immergersi per metà nel mare, tingendolo d'arancione quasi stesse prendendo fuoco. D'istinto, stringesti un po' di più la mano ad Axel, che si piegò appena per guardarti e ti sorrise ancora, in un loop senza fine dove l'unica cosa che eravate capaci di fare era guardarvi e sorridervi. Anche il suo viso aveva leggere sfumature arancioni per via del tramonto, che s'intonavano perfettamente alla leggera abbronzatura. Ricambiasti il sorriso e, con un leggero vento serale che si alzava, probabilmente per poco, qualche schizzo che t'arrivava alle gambe rinfrescandoti e l'odore di salsedine del mare, ti alzasti sulle punte, nonostante non ce ne fosse proprio bisogno, per donargli un veloce bacio a stampo sulla guancia, così, solo perché di andava di farlo. Quando ti sei staccata, ti sei goduta lo spettacolo dei suoi castani occhi a mandorla che si sgranavano, delle sue solitamente pallide goti che arrossivano nuovamente e del groppo in gola che gli si doveva essere formato nel tentativo di deglutire. Era buffo, e tenero. Ridacchiasti, mentre prendevi colore anche tu, inesorabilmente imbarazzata a tua volta, e la sicurezza - o chiamiamola spavalderia - di poco prima spariva. Poi lui sorrise, forse persino più evidentemente di quanto non avrebbe voluto, sussurrando: "Lo prendo come un ringraziamento anticipato" e cominciò a camminare, costringendoti ad imitarlo visto che le vostre mani erano ancora saldamente unite e la sua presa ferrea non lasciava intravedere il minimo accenno a lasciarti. E tu non avresti potuto chiedere di meglio.

The fire of my heart~ _Axel type of boyfriend_Where stories live. Discover now