Capitolo 3 - Non sono cose da donne

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Le lezioni di scienze e geografia si susseguirono lentamente, l'ora di matematica fu anche peggio e letteratura inglese gli parve non finire mai...

Luke non andava affatto male a scuola, anzi, era il primo della classe, ma quel giorno non era proprio in grado di seguire... Nonostante il professore l'avesse richiamato almeno una decina di volte non riusciva a concentrarsi.
La sua mente era allenata, ma piena di pensieri...

E se le selezioni fossero andate male?
Se non si fosse presentato nessuno?
Come avrebbe potuto battere Rivers?
E poi c'era lei.

Da quando Charlot aveva messo piede nella loro aula il suo volto si era illuminato.
Era rimasto colpito dalla sua naturale bellezza che non cercava nè di mettere in risalto, nè di nascondere. Non sembrava ostentare coraggio, era sicura di sè quando aveva incrociato il suo sguardo guardando i nuovi compagni.
Forse saranno stati i suoi occhi scuri a trasmettergli quel senso di sicurezza o forse i capelli castani che le incorniciavano il viso in modo ordinato, ma allo stesso un po' sbarazzino a causa di qualche ciocca ribelle.

Ad ogni modo, dopo la scuola era stato vinto dalla curiosità di sapere più del suo nome e l'aveva seguita. L'aveva vista fermarsi alla panchina sotto l'acero e non era stata totalmente una coincidenza che si fossero incontrati lì quella mattina.
Ovviamente Luke non aveva modo di sapere se e quando sarebbe tornata in quel parco, ma ci sperava...

Fu distolto dai suoi pensieri in seguito alla gomitata che il suo compagno di banco, Richard Miller, si premurò di rifilargli per fargli notare che tutti lo stavano fissando, insegnante compreso.

Luke si schiarì la voce e non seppe che altro fare se non chiedere:
-Come scusi?-

-Questa ne è la prova, Evans! Oggi ha la testa sulla Luna! Si può sapere cosa le frulla nel cervello di così interessante da farle distogliere la sua attenzione dalla lezione?-

-Emm...- Diede un'occhiata alla lavagna su cui spiccava la scrittura poco comprensibile del professor Fitzgerald e tradusse qualcosa come "Shokespeara".
Era la lezione di letteratura quindi dedusse...

-Non sono convinto di come Shakespeare interpretava l'amore...-

-Come prego?- Domandò sorpreso l'insegnante... Allora stava ascoltando? Si chiese.

-Troppe tragedie. Perché deve finire sempre in modo drammatico? Non dovrebbe esserci un lieto fine?-
A Luke piaceva leggere, e più di una volta gli era capitato di avere fra le mani un'opera shakespiriana. Che fortuna... Si ritrovò a pensare.

-Se le sue tragedie finissero bene, non sarebbero tragedie...- Intervenne Charlot con un'alzata di spalle. Non lo aveva detto con fare saccente, era stata una semplice constatazione.
Nonostante questo, tutti si voltarono istantaneamente verso di lei, quasi scandalizzati e lei li osservò interrogativa di rimando.

I compagni sapevano bene che fine si faceva se si parlava senza essere interpellati: punizione all'angolo.
La ragazza avrebbe dovuto passare il resto della giornata in piedi nell'angolo fra la lavagna e la porta, con la faccia rivolta al muro e l'unica distrazione sarebbe stata contare le crepe vicino allo stipite e, una volta finito, ricominciare da capo.

Fitzgerald si accigliò.
-Le ho forse chiesto di intervenire, Signorina Watson?-

-No, Signore, ma...-

-Niente MA! Non si parla nella mia aula se non sono io a chiedere di farlo!- Il professore accentuò le sue parole battendo con forza il palmo della mano sulla cattedra. Poi inspirò sonoramente dal naso prima di continuare in tono più pacato:
-Ti condono la punizione solo perché sei appena tornata da un paese di selvaggi incivili e non posso pretendere che tu conosca le buone maniere...- Asserì altezzoso.

Charlot e le Giubbe RosseDove le storie prendono vita. Scoprilo ora