15- Saluti

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Stavano bene in quel letto, stavano bene uno nelle braccia dell'altro. Stavano bene in quel loro ritaglio di spazio, di tempo. Stavano bene nel loro piccolo mondo, al di fuori del mondo.

Stavano bene.

Poi, dall'altra stanza, un cellulare iniziò a squillare rompendo bruscamente il silenzio. Era la classica e familiare suoneria di sempre, eppure suonò come il rumore più brutto, assordante e doloroso mai percepito.

-È il mio- constatò Dario apatico, ma si alzò comunque.

Tonno lo osservò inerme mentre usciva silenziosamente dalla camera.

-Pronto- rispose schiarendosi la voce -Ciao mamma- disse tornando nella stanza di Nelson.
-Si tranquilla, tutto a posto- si sedette sul letto di fronte a Tonno.
-Lo so, avrei dovuto avvisarti. No, è che siamo usciti, si è fatto tardi e ho dormito da un'amica- disse sorridendo a Tonno, ma la sua voce suonò comunque seria. Tonno pensò che fosse bravo a mentire.
-Si certo, me lo ricordo- storse il naso, quella doveva essere un'altra bugia.
-A che ora è?- chiese poi -Va bene, comunque prima passo a casa. Ok, a dopo. Ciao.- chiuse la chiamata.

-Un'amica, eh?- Tonno alzò un sopracciglio sorridendo.

-Già, scusa- sorrise anche lui, ma poi si rabbuiò.

Tonno lo guardò con sguardo interrogativo -Tutto ok?-.

-Me ne ero scordato, ma devo andare a pranzo fuori con i parenti, è il compleanno di mia nonna- disse sconsolato -Scusami-.

-Ok- Tonno lo guardò negli occhi -Tanto non saremmo, comunque, potuti restare qui ininterrottamente- aggiunse piano -Va bene così...-

-No, non va bene- Dario abbassò lo sguardo -Mi dispiace. Pensavo che...- rialzò gli occhi e lo fissò -Non lo so, credevo che, magari, saremmo potuti rimanere almeno un altro un po'-.

Tonno accennò un debole sorriso, poi scattò in avanti e lo abbracciò stretto, Dario rispose all'abbraccio.

Si aggrapparono silenziosamente l'uno all'altro. Si strinsero così forte da farsi quasi male, da togliersi il fiato. Come se da quell'abbraccio ne dipendesse ogni cosa, come se ne dipendesse la vita.
Talmente stretti da riuscire a sentire i battiti dei loro cuori; battiti che dopo qualche secondo si sincronizzarono.
Si riempirono i polmoni con il loro odore come fosse ossigeno, come se avessero vissuto fino a quel momento trattenendo il fiato.
Inspirarono a fondo quel momento come fosse droga.
Si abbandonarono a quelle sensazioni, a quelle emozioni, a quei minuti come fossero gli ultimi.

Ci volle un'eternità per far sciogliere quell'abbraccio, ma era inevitabile accadesse.

Si guardarono ancora e si scambiarono un bacio intenso, poi si alzarono.

Calò un silenzio desolante, quasi disumano.

Fecero colazione racimolando un paio di merendine che dovevano essere avanzate da qualche video. Si fecero entrambi una doccia veloce. Si rivestirono. Risistemarono la camera, la cucina, il bagno; rimisero tutto com'era cercando di cancellare la loro presenza.

Abbassarono tutte le tapparelle, chiusero tutte le finestre, spensero tutte le luci, proprio come Nelson gli aveva chiesto di fare.

Infine, uscirono e chiusero la porta a chiave. Il rumore delle mandate fu assordante, come se quelle mandate li stessero separando da una parte di loro.

Chiamarono l'ascensore che arrivò subito, entrarono e Tonno spinse il tasto zero con la mano che praticamente gli tremava.

Le porte si chiusero.

I loro sguardi si incrociarono e non riuscirono proprio a trattenersi dal baciarsi ancora.

Si presero quell'ultimo, breve momento, solo per loro. Si baciarono delicatamente, desiderando che non finisse mai, che durasse per sempre, che magari l'ascensore si bloccasse.

Ma l'ascensore arrivò a terra e loro due si divisero automaticamente, proprio come le due porte che si aprivano.

Restarono li, immobili, per qualche secondo guardando con diffidenza il mondo al di fuori di quell'ascensore.

Dario fu il primo a fare un passo avanti ed uscire. Tonno lo seguì.

Camminarono piano e silenziosamente fino al portone, quasi come due condannati a morte diretti alla gogna.

Uscirono dal palazzo, si guardarono -Ciao- dissero all'unisono, occhi negli occhi.

Fu un "ciao" secco, crudo, distaccato; ma anche triste e doloroso.

Dopo di che si voltarono e ognuno si diresse verso la propria auto.

Ed è vero che fu solo un banalissimo "ciao", ma suonò molto più come un "addio".


NDA

The Drama Queen is back.

In Deep Space (Space Valley)Where stories live. Discover now