mangiami l'anima a morsi

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LUHAN x SEHUN

Te ne sei andato via e con te se n'è andata l'estate. Ora fa solo freddo qui, anche sotto le coprte, dove dormivi tu.
«Luigi XVI È MORTO COME
UN CIVILE! QUELLI CHE LUI TEMEVA» mi dicevi ridendo, mentre le tue dita lunghe accarezzavano le pagine di un libro che mi avrebbe annoiato a morte. Sentivo le budella appesantirsi ogni volta che guardavo il tuo comodino.
Mi dicevi che non capivo, che vivere la vita di altri, i loro problemi, le loro domande, le loro condizioni, ecco, non c'era niente di più esilarante! Ti prendevi gioco delle concubine che credevano alle parole di un re viziato, li chiamavi i bambini con i pantaloni corti. E quando io ti dicevo che io da bambino indossavo solo pantaloni corti, tu annuivi compiaciuto e mi sussurravi che la storia è ambigua, come una stanza che viene occupata da un affittuario diverso. Il luogo è lo stesso, i pensieri che rimbalzano contro le sue mura, non sono mai uguali.
Appoggiavi le tue sigarette mai spente, mai finite, sempre a metà, nel posacenere sul tavolo nella tua cucina e gesticolavi mentre sussurravi parole che mi sfuggivano, la tua matita correva veloce sulla pallida carta. Mi eccitavi, da morire. Vederti così concentrato, con le labbra tese e le sopracciglia vicine, in una smorfia che significava tutto e niente, mi faceva arrossire come un sedicenne.
Mi prendevano in giro i miei amici, perché ero così stupidamente innamorato di te, presente tra i miei pensieri ad ogni ora del giorno. Raccontavo di te a tutti, di quanto fossi intelligente, di quante cose riuscivi a imparare in un giorno e di quante me ne raccontavi; e io anche se ero semplice spettatore della tua capacità, mi sentivo parte del piante da cui venivi.
Mi invitavi tra i tuoi pensieri svogliatamente, lasciavi la porta della tua anima aperta e io passandoci davanti mi ricordavo che c'era tanto dentro da scoprire. Non eri tu che mi annoiavi, non mi avresti mai annoiato: mi facevi venire sete, seccava la mia gola e le mie palpebre bruciavano dalla curiosità. Non mi annoiavo mai.
C'erano concetti, postulati delle tue tesi, parole scritte distrattamente sui fogli del tuo tavolo in cucina che non percepivo. Non riuscivo a toccarli e mi confondevano, mi facevano sentire piccolo piccolo.

Però il tuo sorriso, non me lo scordo mai, postulato di tante mie tesi.

Quando mi sentivo piccolo, di fianco a te così pieno e ridente, mi accarezzavi la nuca con le tue dita lunghe, lunghissime, che la notte diventavano ciò che di più rozzo io avessi mai visto, sussurrandomi che una volta tornati a casa avrei potuto parlarti di tutti quei manga che facevano polvere nella mia stanza, dei miei nuovi allenamenti in palestra. E assorbivo quella tua capacità, di adattarti ovunque, rientravo in quei limiti, infiniti, dei tuoi interessi, del tuo amore.
Mi sento improvvisamente gigante, rispetto ai professori che mi facevi conoscere, perché loro studiavano la filosofia di Aristotele e quelle stupide parole latine che mi facevano venire il mal di testa, però io conoscevo te.
Solo Te, nient'altro.

Dovevi scappare, lo capivo, che le tue parole erano troppo complicate per la cittadina dove abitavamo, che forse, lontano, dai semi dei tuoi pensieri sarebbero nate delle piante rigogliose, verdeggianti, magnifiche.

E io non potevo scappare con te, perché io appartengo alla terra e tu al cielo superiore, a quelle nuvole che solo tu riesci ad interpretare.

Mi ricordai delle parole di una tragedia greca che mi raccontasti, tra la rabbia e la passione, mordendomi le labbra perché volevi incolparmi dello stesso peccato di Admeto, di essere così sicuro di tutto da non accorgersi di star sacrificando se stessi.
Solo perché sei eroe una volta, non significa che non sarai il cattivo la volta seguente.

'Άγου με σύν σοί κατώ

Lo scrissi sul muro di camera tua, sgombera, tra le lacrime, con un cuore che non conoscevo. Avrei ascoltato volentieri una tua lezione di anatomia, in quel momento.

Chissà, mi chiesi, guardando quelle nuvole che tu indicavi divertito e che io non riuscivo a vedere, chissà SeHun se tra le mura di quella casa, come la storia ideale, ci sarà un amore come il nostro, soffocato dalla possibilità.
Soffocato dall'insicurezza.

Portami con te, laggiù
E così mi prendevo gioco di me stesso, io fedele Admeto, con il cuore perso tra le nuvole.









AN

Siamo finalmente alla fine di nuvole.
Spero che il sole possa rischiarare il cielo e permettere solo giorni buoni.
Buona estate,

Benn.

NUVOLEWhere stories live. Discover now