Cambiamenti

700 44 33
                                    

Passò tutta la notte a vomitare l'anima nel bagno della stanzetta numero 7. Crampi allo stomaco, muscoli indolenziti ed un dolore alla testa così forte che pensò gli si stesse spaccando il cranio. Arrivò a capire che quelle stanze fossero insonorizzate perché nessuno venne a dare un'occhiata nonostante di tanto in tanto le fitte di dolore lo portassero a gridare improvvisamente, e allo stesso modo lui non sentiva alcun tipo di rumore provenire dall'esterno.

In un breve momento di sollievo si trascinò verso la porta strisciando dato che anche i muscoli sembravano essere prossimi allo strapparsi e tentò di uscire girando la maniglia. Non che ci sperasse davvero, ma aveva pensato che forse potesse essere libero d'uscire. Ovviamente la porta era chiusa.

Si girò con la schiena a terra, stremato, sudato, a pezzi. Cosa diavolo aveva fatto? Cosa diavolo gli avevano fatto? Pensò a Kirishima, al fatto che aveva trascinato anche lui in quel dolore. Non se lo sarebbe mai perdonato.
Gli lacrimavano gli occhi e al suo orgoglio poco importava che fosse per la frustrazione o per quanto avesse rimesso. Si asciugò le lacrime tra rabbia e disperazione, ma quelle non smettevano di bagnargli la faccia, le tempie, i capelli.

Chiuse gli occhi più forte che poté e sentì chiaramente il sangue pulsargli in testa. Non pensava che si potesse provare un tale senso di sconforto. E "sconforto" non era abbastanza.
Svuotato di tutto quanto, preda del dolore, con il pensiero diretto verso i suoi genitori e Kirishima tentò, in quella che capì essere la sua ultima spiaggia, di racimolare le sue energie e concentrarle nei palmi delle mani. Se era destino che la sua vita andasse in quella maniera, allora almeno avrebbe provato a sfruttare a suo vantaggio quell'esperienza di merda.

Dovette concentrarsi sul serio, ma in poco tempo percepì distintamente qualcosa muoversi veloce lungo le vene, la sudorazione aumentare, il cuore battere ritmicamente, e per ultimo quell'odore leggermente acre.
Rivolse i palmi verso la porta e nella semi-oscurità vide chiaramente le prime scintille fuoriuscire da essi. La speranza lo invase di nuovo.
Il calore si fece dirompente e lo sentì correre lungo le braccia, sprigionandosi nelle mani e, ne era sicuro, pronto per fuoriuscire in una potente esplosione. Ma non successe assolutamente niente.
La fiammella dentro di sé si spense come se fosse stata chiusa in una campana di vetro, le percezioni di poco prima si ripiegarono su loro stesse dandogli l'impressione che stessero tornando indietro. Fu una sensazione molto più che strana e disgustosa, ma quel che era certo era che non avesse più alcuna speranza di uscir di lì.

Stremato, accettando il dolore e il suo stato attuale, crollò. Era stato prosciugato di ogni energia e in quel momento poteva essere sia addormentato sia svenuto. Lui, comunque, pensava di essere morto.

Aprendo piano gli occhi intravide sfocato uno dei piccoli macchinari sul soffitto. Non riusciva a ragionare lucidamente, ma riconobbe il luogo in cui era. Richiuse gli occhi perché la luce lo infastidiva e molto lentamente cercò di capire la propria situazione attuale.
Le labbra erano secche e in bocca aveva un sapore terribile, non sentiva dolori particolari ma percepiva l'indolenzimento nelle proprie articolazioni. Ricapitolò gli ultimi avvenimenti e la prima cosa a cui pensò fu l'esplosione scagliata nella stanza della rivelazione, quel calore e quella luce abbagliante.
Come seconda cosa ricordò Aizawa e alcune delle sue parole, lentamente cercò di ripetersi anche tutte quelle cose che il preside e Midnight avevano detto sui cambiamenti che avrebbero subìto lì alla U.A.University.
La modificazione del DNA, le ripercussioni sul loro fisico e sulle loro vite, i cambiamenti incogniti che avrebbero dovuto affrontare... pensava onestamente non ne fosse valsa la pena.

Aprì e richiuse più volte le dita delle mani e al contrario di quanto credesse, non fece minimamente fatica. Sempre ad occhi chiusi mosse le caviglie, il collo, le braccia.
Fortunatamente non fu così stupido di credere d'avere il controllo perfetto del proprio corpo, ma tentò comunque di alzarsi. Barcollò leggermente quando la testa gli diede qualche svarione, mentre le ossa non si lamentarono nemmeno. Era stato steso a terra per un tempo indefinito, ma a giudicare dal proprio indolenzimento dovevano essere state diverse ore.

Dannato IstintoDove le storie prendono vita. Scoprilo ora