8. Conferme

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EIRA

Un sorriso gli increspa le labbra piene, e viene da sorridere anche a me. Non so come mi sia venuto il coraggio di seguirlo, non ho mai fatto una cosa del genere e non ho mai scambiato così tante parole con un ragazzo in vita mia.

Mi avvicino a lui con passo incerto, e mi appoggio alla ringhiera accanto a Blaise. I suoi occhi scuri vagano curiosi sul mio corpo, fasciato da un vestito rosso fin troppo appariscente. Se non fosse stato per Joshua non avrei mai indossato un abito simile, ma purtroppo mi ha obbligata.

Circa cinque giorni fa, Joshua ed io abbiamo mostrato la divisa completa a Dasha, come ci aveva ordinato, ed il giorno seguente l'abbiamo mostrata anche all'allenatore di Blaise, che, contro ogni pronostico, l'ha accolta con un gran sorriso.

Visti i risvolti positivi che abbiamo ottenuto in così pochi giorni, Dasha e l'allenatore, hanno deciso di organizzare una festa per permettere a tutti di ammirare le nuove divise, e Dasha ha espressamente obbligato me e Joshua a presenziare a questa festa, e ovviamente nessuno di noi due aveva intenzione di opporsi al suo volere.

E quindi eccomi qui... anche se non mi sarei mai immaginata di ritrovarmi a parlare con Blaise su un balcone, da soli.

Gli porgo subito la domanda che non ha fatto altro che opprimermi per ben due giorni consecutivi. «Perché hai avuto quella reazione l'altra sera?»

I suoi occhi si concentrano sul mio viso, per poi spostarsi sulla finestra aperta. «Se te lo dicessi, non mi crederesti.»

«Provaci.» lo incito, cercando di mostrarmi tranquilla. Anche se la tranquillità è tutto ciò che non possiedo in questo momento. Stare accanto a Blaise mi provoca ansia e immagino che sia così perché non ho mai avuto a che fare con un ragazzo.

Blaise passa una mano sui capelli scuri, prima di iniziare a parlare. «Quelle ragazze non le conoscevo neanche.» fa una pausa, prendendo un respiro. «Il mio amico Adam ha la brutta abitudine di provarci con le ragazze nei pub che frequentiamo, andarci a letto, e poi dare a me l'incarico di riportarle a casa.»

Le sue parole, pronunciate in quel modo così lento e sincero, non mi lasciano altra scelta che credergli.

«E tu perché lo fai?»

«E' mio amico da una vita, farei di tutto per lui.» si limita a rispondere. «So che sembra assurdo, ma è come se fosse un fratello per me. E poi... non ha la macchina.»

Un risatina sfugge dalle mie labbra. «Beh, quello è un vero problema, comunque lo capisco... anche io farei qualunque cosa per le mie sorelle.»

Un piccolo sorriso sghembo affiora sulla sua bocca. «Quindi mi credi?»

«E' strano, ma penso di potermi fidare delle tue parole.»

Un vociare sommesso proveniente dal piano inferiore arriva fino a noi, facendomi ricordare che c'è un festa in corso. In realtà in questo momento neanche mi importa, mi sembra di aver trovato il posto giusto dove stare. In quella sala mi sentivo di nuovo come se non fosse quello il mio posto, ma qui mi sento bene.

«Come ti trovi qui a New York?» mi chiede, distogliendomi dai miei pensieri.

«Mi piace New York, è sempre piena di gente, caotica. Nessuno ti guarda, nessuno ti conosce davvero. Sei soltanto una persona in mezzo a moltissime altre e mi piace.»

Blaise mi osserva con un cipiglio confuso. «Ti piace stare nell'ombra?»

«Mi piace non essere giudicata.» ridacchio, cercando di smorzare la strana tensione che si stava creando.

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