11. Attenta

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BLAISE

«Da quanti giorni non la senti?»

La voce di Adam rimbomba nelle mie orecchie, risvegliandomi dai miei pensieri. La mia testa è occupata per lo più da domande, che partono dal perché i miei genitori mi abbiamo cresciuto così idiota al come fare per farmi perdonare da Eira. Direi che queste domande non hanno trovato nessuna risposta soddisfacente.

«Da sei giorni.»

Praticamente da quando ho deciso da aprire bocca e pronunciare quelle parole che l'hanno fatta scappare da me come se fossi un mostro.

«Hai provato a chiamarla?» chiede il mio amico.

«Secondo te non ci ho provato?» sbotto. «Mi sta evitando come la peste.»

Ci ho provato ogni giorno, ma ovviamente non ho ricevuto risposta. Né ai messaggi né alle chiamate.

«Sei stato un idiota, e sei anche depresso ora.»

Sbarro gli occhi per la sorpresa. «Non sono depresso. Sono dispiaciuto per il mio comportamento irrispettoso.»

«Dio, parli come una maestrina.» mi guarda schifato. «Se vuoi parlo io con Eira, sicuramente sarà più contenta di vedere me che te.»

Lo fulmino con lo sguardo, prima di dargli una pacca sulla testa. «Non ci pensare nemmeno.»

Il solo pensiero di Adam che cerca di parlare con Eira per farmi perdonare mi fa accapponare la pelle. Peggiorerebbe soltanto le cose.

«Ahi! Qual è il tuo problema?» sbuffa sconcertato, alzandosi dalla sedia.

Adam si dirige verso la porta del bar nel quale ci troviamo, che è collocato non molto lontano dalla Dream Up. Potrei dire di non averlo scelto di proposito, ma mentirei. Il mio amico esce in tutta fretta, lasciando a me il compito di pagare le ordinazioni.

Mi sorride vittorioso attraverso la vetrina del bar ed io rispondo alzando il terzo dito. Che stronzo!

Pago il conto e lo seguo fuori, già pronto a dirgliene quattro, quando dall'altro lato della strada intravedo Eira. Mi blocco sui miei stessi passi, ipnotizzato da lei. Non la vedo da così tanto che pensavo di non riconoscerla se l'avessi vista per strada, invece non è stato così. È in compagnia di Joshua, il suo amico della casa di moda.

«La vedi anche tu oppure sono allucinato per colpa del tuo ceffone?» mi chiede Adam, facendomi alzare gli occhi al cielo.

«La vedo anche io.» E forse avrei preferito non vederla. Sento il senso di colpa che avevo deciso di reprimere, riemergere come un vulcano in eruzione.

«Stanno entrando in quel ristorante!» grida il mio amico. «Seguiamoli!»

«Se gridi così ci scoprono in un secondo.»

«Scusa, mi ero fatto prendere dall'euforia del momento.» sussurra, talmente piano che fatico a sentirlo.

Estraggo la mia moneta portafortuna dalla tasca del cappotto e la rigiro qualche secondo fra le dita. Poi la lancio in aria.

«Che stai facendo?» domanda Adam, visibilmente preoccupato per la mia salute mentale.

La moneta cade a terra ed aspetto qualche secondo prima di guardare il risultato. Abbasso il capo e lo vedo. Testa.

«Sono ancora confuso.» continua il mio amico.

Sorrido da solo come un ebete, prima di rispondergli. «Hai fame?»

«Abbiamo appena mangiato...» cerca di dire, poi capisce ed un sorriso spunta sulle sue labbra. «Ma il cibo non si rifiuta mai.»

*

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