9. Disegno proibito

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BLAISE

Tamburello le dita sul volante in preda al nervosismo, cercando di trovare pace, ma invano. Quest'attesa mi sta facendo stare male e non mi era mai capitata una cosa simile in vita mia.

Questa mattina ho inviato un messaggio ad Eira per avvertirla che sarei passato a prenderla nel pomeriggio, per portarla con me agli allenamenti. La sua risposta è stata molto sbrigativa: un semplice e inutile va bene.

Ho dovuto mandarle un altro messaggio per chiederle il suo indirizzo o comunque un luogo in cui poterci incontrare, altrimenti non avrei mai saputo dove trovarla. E alla fine mi ha allegato il suo indirizzo di casa, che ho scoperto essere un palazzo molto carino e piuttosto moderno. Con tanto di insegna con il nome di Dasha Cox.

Ieri alla festa non ci siamo più rivolti la parola, dopo la nostra chiacchierata sul balcone, e lei non ha risposto al messaggio che le avevo inviato.

Probabilmente l'ho spaventata o non so cos'altro, ma mi sento davvero un idiota. E sto seriamente pensando di andarmene via da qui e far finta di non averle mai chiesto di venire con me oggi. Cosa mi è saltato in mente? Cosa pensavo di ottenere?

Un rumore mi fa scattare con lo sguardo verso il finestrino dell'auto; il sorriso di Eira è la prima cosa che noto.

Con un gesto della mano la invito ad entrare in macchina, così dopo pochi secondi è seduta accanto a me. Indossa un cappotto color sabbia che le arriva fino alle ginocchia, ed i capelli sono lasciati sciolti sulle spalle, liscissimi. È priva di trucco, come ogni volta che l'ho vista fino ad ora, tranne alla festa, ed è bellissima così.

Le rivolgo un sorriso allegro. «Pensavo che mi avresti lasciato qui ad aspettarti fino a questa sera.» ironizzo, anche se in realtà ero davvero spaventato che mi desse buca.

«Mi dispiace averti fatto aspettare.» biascica a disagio, posando lo zainetto accanto ai suoi piedi. «Le mie sorelle hanno avuto la brillante idea di chiamarmi proprio qualche minuto prima del tuo arrivo.»

«Non preoccuparti.» scuoto il capo. «Sei qui ora.»

Eira, che prima mi stava guardando in faccia, dopo aver sentito le mie parole abbassa lo guardo sulle sue cosce e passa le mani su di esse. Sembra nervosa, e per questo sento spuntarmi un sorriso sulle labbra.

Metto in moto l'auto, cercando di alleviare la tensione che si è creata, ma non riesco a smettere di pensare che sono io a farle questo effetto. Eira è così timida, come se non avesse mai avuto a che fare con un ragazzo in vita sua, ma a me sembra così assurdo che stento a crederci.

«Sei pronta?» le chiedo, guidando per le strade trafficate di New York. Anche se sono soltanto le tre, le macchine affollano l'intera città senza tregua.

«Sì, ma... ci sarà molta gente?» domanda incerta.

«Di solito gli allenamenti sono a porte chiuse, a meno che non siamo noi a portare qualcuno. Comunque ci sarà soltanto la squadra e l'allenatore, stai tranquilla.»

«Non sarò d'intralcio?» continua imperterrita. Sembra come spaventata, terrorizzata di stare in mezzo a gente che non conosce e che potrebbe dire qualcosa su di lei.

«Non diranno nulla, ho deciso io di portarti.»

«Si, ma...»

Fermo subito il flusso delle sue parole; non mi va che si senta così, che si senta come se fosse un problema. Ho deciso io di portarla e nessuno metterà bocca su questo. «Eira, non sei un problema o un intralcio, smetti di pensarlo! Di cosa hai paura?»

«Lascia stare.» si limita a rispondermi, lasciandomi con un sfilza di domande che non aspettano altro che uscire allo scoperto. Decido di lasciar perdere, non posso costringerla a parlare se non vuole.

Oltre i limitiWhere stories live. Discover now