capitolo 2

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POV'S KATAMI
«Mari, un'aperitivo analcolico per il tavolo numero 9» affermo strappando dal blocchetto note il foglio con su scritto l'ordine. Lo poso sul bancone e aspetto Marinette lo ritiri.
« arriva subito» ribatte prontamente e rovista con destrezza tra le varie bevande
« sono finiti. Vado a vedere se ce ne sono sul retro, dovremmo averne ordinati » afferma con un dolce sorriso sulle labbra e annuisco vedendola sparire dalla mia visuale.
Prendo alcune ordinazioni-di clienti impazienti- e torno, poi, nuovamente dietro al bancone. Inserisco i bicchieri- stati già utilizzati- all'interno della lavastoviglie- al di sotto il ripiano- e risistemo alcune delle bottiglie alle mie spalle. Rivolgo nuovamente il mio sguardo ai clienti e perlustro l'intera zona. Il mio sguardo si posa su un ragazzo biondo, appena alzatosi in piedi- per ordinare presumo- e l'osservo con attenzione. Sgrano gli occhi riconoscendolo all'istante, e gli sorrido dolcemente, lievemente sorpresa da tale presenza, aspettando poi, con elevata impazienza, si faccia avanti.
Cammina nella mia direzione con un sorriso allegro e spalanca le braccia con uno sguardo incredulo stampato sul volto che mi provoca una risata.
« non ci credo!» afferma ovvio e ridacchia a sua volta
« Adrien, quanto tempo» sorrido educatamente, nascondendo l'entusiasmo, e gli rivolgo un piccolo inchino col capo in segno di saluto.
«troppo!» un ampio sorriso è impresso sulle sue labbra e l'osservo estasiata. Non credevo ci saremmo mai rivisti, non avrei mai pensato il destino riunisse le nostre strade, e mai avrei pensato che a lui facesse tanto piacere reincontrarmi. Sono passati anni- dal secondo anno di liceo esattamente- ma non ho mai smesso di pensare a lui, sembrerà una totale assurdità, eppure è stato da sempre il mio primo amore, e come si dice, non si scorda mai. A quei tempi non ebbi il coraggio di confessargli i miei sentimenti, ma a quanto pare, la vita mi ha offerto una seconda occasione.
« qual buon vento ti porta qui?» chiedo cortesemente e poso sul bancone, dinanzi al suo sguardo, un piccolo shoot
« offre la casa» mi affretto ad aggiungere senza dargli occasione di parlare.
Sospira rassegnato e mi squadra dolcemente
« non sei cambiata per niente» afferma e butta giù in un sorso il piccolo shoot. Per un inspiegabile ragione, sento il mio cuore riprendere a battere più del dovuto.
« a portarmi qui, è stato un vento di nome Luka, con l'ausilio di un GPS» ribatte ironico riprendendo la mia precedente domanda ed alzo gli occhi al cielo. Neanche lui è cambiato per niente, è sempre lo stesso, e non cambierà mai, poco ma sicuro.
« intendevo qui a Milano, genio» ridacchio e mette su il broncio osservandomi con espressione da finto offeso, poi ride da solo.
«sempre il solito idiota» ribatto e mi pizzica goffamente una guancia, esattamente come farebbe una nonna con la guancia paffutella del proprio nipote.
« e tu la solita guastafeste» ride di gusto e si sporge in avanti posando un dolce bacio sulla guancia arrossata a causa del suo lieve pizzico. Arrossisco maggiormente ma non scosto lo sguardo, mostrandomi -indipendendemente dall'accaduto- sicura di me.
Se deve capire ciò che provo per lui, non è il caso di tirarsi indietro proprio ora, questa volta andrò fino in fondo con lui, e sono sicura che alla fine, non potrà resistermi. Crede che io non sia cambiata, ma si sbaglia. Ho messo da parte la costante rigidità che mi ha sempre accompagnata sin dai tempi dell'adolescenza, ho imparato a lasciarmi andare- seppur sempre senza esagerare- sono maturata, determinata e so esattamente ciò che voglio.
« Se ti va, e se non hai impegni, potremmo vederci uno di questi giorni, potrei raccontarti un po' di me e degli anni trascorsi, e anche del motivo per cui mi trovo qui. Sarebbe troppo lungo da raccontare adesso» mi proprone in una lieve risatina imbarazzata e vedo le sue goti tingersi di un lieve rossastro-di certo non causato dall'alcool ingurgitato- e sorrido, nascondendo la soddisfazione di tale proposta, annuendo cortesemente.
Afferro il blocco note-usato principalmente per le ordinazioni- tra le mani ed inizio a scrivere.
Lo strappo in un gesto fulmineo e lo poso sul bancone lasciandolo scivolare nella sua direzione.
« tieni, è il mio numero. Segnalo pure, ne avrai bisogno.» ammicco giocosa ed alza gli occhi al cielo in un Angelica espressione divertita.
Abbassa il suo sguardo, tirando il suo cellulare fuori dalla tasca, infila il mio bigliettino nella cover di esso, poi osserva l'orario.
«lo segnerò in un secondo momento, non lo dimenticherò, tranquilla
Ora devo andare, mi ha fatto piacere averti reincontrata, mi spiace esser rimasto per poco, la prossima volta resterò più a lungo, te lo prometto.» ribatte e si allontana dal mio settore raggiungendo l'amico. Sospiro dolcemente osservandolo di spalle andar via, e lasciare il locale, poi riprendo il mio lavoro come se niente fosse accaduto.
« scusa se ci ho messo molto, erano in alto e ho faticato a raggiungerli» afferma Marinette facendo graziosamente ritorno, colpendosi piano la nuca con uno schiaffetto, e tira, di poco, fuori la lingua in un espressione innocente. Sorrido dinanzi quella innata dolcezza che la contraddistingue sempre e comunque e scuoto, di poco, il capo rassegnata.
***
« ti vedo particolarmente felice oggi, mi sbaglio?»mi chiede con un piccolo sorrisetto malizioso e sorrido a mia volta, non trattenendomi oltre.
« non ti sbagli» Un sorriso a trentadue denti si fa spazio sul mio volto, e a riportarmi con i piedi per terra, è proprio marinette.
«di che si tratta?» picchietta il gomito contro il mio fianco non preoccupandosi di nascondere quel ghigno di malizia e superficialità sul volto, continuando ad insistere. Certo che la sua curiosità non ha proprio limiti. Ma è anche questo che mi piace di lei, il suo essere sempre così spontanea e genuina, sempre così "Lei", una ragazza pura e di buon cuore. Sono fortunata ad averla come amica, soprattutto perché, nonostante la sua bontà, non è il tipo da lasciarsi sopraffare dalle persone, al contrario, sa il fatto suo, nessuno vorrebbe averla come nemica, anche se in fondo e quasi impossibile non volerle bene.
«un ragazzo» affermo rassegnata. In risposta spalanca le palpebre e un sadico sorriso-ovviamente ironico-si estende sulle sue labbra.
«e non mi dici nulla?» incrina la voce in tono offeso per poi rivolgermi poi uno sguardo supplichevole, unisce le mani a mo'di preghiera dinanzi al petto e scoppio a ridere.
«oh avanti, racconta» mi sprona. Socchiudo gli occhi in un espressione esasperata, ma divertita.
«mi sembra si essere diventata Alya» sussurra divertita riprendendosi da sola e inarco un sopracciglio divertito. Chi è questa Alya?
Le pongo la stessa domanda che riecheggia nella mia mente e lascia sorvolare con un gesto della mano, ignorando la domanda
«storia lunga, te ne parlerò più in là»
«sembra che oggi tutti abbiano storie lunghe da raccontare» ridacchio e mi osserva con fare confuso
«di che parli?» chiede mentre la sua voce viene sovrastata dal rumore della serranda appena chiusa.
Al termine, ripropone la domanda
«il ragazzo di cui ti ho parlato. Gli ho chiesto come mai fosse qui. Lui è di Parigi, e mi ha detto si trattasse di una storia lunga, mi ha invitata a prendere un caffè insieme per parlare uno di questi giorni»
«ottimo direi, no?» ammicca nella mia direzione e arrossisco minimamente rivolgendole un dolce sorriso.
«direi di sì» convengo.
Afferro la mia borsa, la poso sulla mia spalla destra, e incontro lo sguardo sornione della mia collega
« per oggi ti lascio andare, ma domani dovrai dirmi tutto» mi dice con fare serio, quasi minaccioso e la stringo in un abbraccio di saluto senza trattenere una risata.
Slaccio la stretta e le poso il palmo della mano sul grembo guardandola negli occhi e rivolgendole un sorriso colmo di dolcezza.
Sorride a sua volta e afferra il suo giubbottino nero in pelle, allunga le braccia e lo infila da dietro. Porta le mani dietro i capelli, tirandoli fuori dal colletto dell'indumento e afferra tra le mani le chiavi del locale. Esco per prima e mi segue a ruota, chiudendo la porta sul retro a chiave e rivolgendomi un ultimo saluto prima di andar via.
Le rivolgo un ultimo saluto, con un semplice gesto della mano e, come lei, mi dirigo per la mia strada.

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