Capitolo 11. Sull'orlo del baratro

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Mi sentivo strana. Danantamente strana.
Forse era per la conversazione con Moriarty,  forse per la corsa in cui cercavo di seminare quella strana figura nella notte, o forse...per il bacio con Lupin.
No sicuramente era per la ferita dello sparo che sie era aperta, ricominciando a perdere sangue.

Erano passati molti anni da quando per la prima volta le nostre labbra si sfiorarono. Davvero molti. Ero solamente una ragazzina. E ora, ancora una volta l'ennesima direi. Anche se quello sapeva di disperazione, come se da esso dipendessero le nostre stesse vite, la nostra esistenza.

Già forse era per quello.

Avete però presente il detto: la notte è ancora giovane? Beh, io sí. Lo stavo vivendo sulla mia pelle.

Il resto del tragitto con il mio migliore amico fu abbastanza silenzioso. Nessuno parlava, e io non avevo affatto intenzione di spezzare quel silenzio creato dall'imbarazzo più totale. La stessa cosa si ripeté quando attraverso il portone per la servitù riuscimmo a rientrare a Palazzo. Ad Arsene bene la brillante idea di entrare dal tetto, ma io cancellai la sua folle trovata con un gesto della mano.
Non volevo suicidarmi proprio quel giorno. Anzi, volevo vivere.

Ma inutile dire che mi sentii decisamente meschina nell'esatto istante in cui chiusa la porta della mia stanza aspettai che il francese se ne andasse, per poi socchiudere la porta e vedere se ci fosse qualcuno. Con un pezzo di stoffa fasciai la ferita che mi faceva sempre più male e sistemai la gonna ormai da buttare.

Avevo ancora un paio di cose in sospeso. Cose tipo Paul che mi aspettava nel suo appartamentino in centro. Avrei dovuto dirgli tutto, raccontargli del nuovo patto che avevo stretto assieme a Moriarty. Ero confusa, non sapevo cosa fare, anche se in realtà James mi aveva dato del tempo per pensare. Già come se la cosa non fosse già apocalittica di suo.

Allora sgattaiolai all'esterno, percorrendo in punta di piedi i corridoi sfarzosi che tappezzavano il palazzo reale. Qualcosa mi ricordó che quello era il mio posto. Non esattamente San Pietroburgo intendiamoci, ma mi fece pensare al trono che mi spettava di diritto in Boemia, la mia vera casa. Lo dovevo al mio padre biologico, invece sono scappata oltre oceano come una codarda.

Inspirai ancora una volta l'aria di fine maggio e calato il cappuccio sui miei riccioli rossi mi avviai per le strade notturne di San Pietroburgo. Non avevo mai amato le città di notte, a maggior ragione quelle grandi. Traspiravano un senso di inquitudine e insicurezza, anche se ormai ci ero abituata grazie al mio lavoro di spia.

Sussultai quando accantoa me passó un gruppetto di uomini ubriachi e decisa di arrivare sana e salva all'appartamento di Paul, affrettai il passo e una volta davanti all'enorme portone di legno, comiciai a salire le scale malandate tenendomi per la ringhiera fredda di ottone.

-Eccoti! Pensavo di mandare una squadra di ricerca!- esclamó il biondo appena mi vide alla soglia del suo monolocale.

In tutta risposta lo trucidai con lo sguardo, dandogli una spallata per poi superarlo ed entrare.

Dal pomeriggio precedente tutto era lindo e pulito, senza neanche un foglio di carta fuori posto. Distolsi lo sguardo dalle riviste del Times inglese che giacevano su un comodino e puntai gli occhi sul francese piuttosto infastidita.
- Ti sto odiando Paul. Pensavo fosse giusto avvertirti- sbuffai buttandomi sul suo letto a pancia in su.

Lo vidi imbarcare un soppracciglio visibilmente divertito e sedersi accanto a me.
- Che le succede Vostra Maestà?

- Ah. Ah. Ah. Molto divertente Paul- sbuffai girandomi verso di lui -Perchè hai detto ad Arsene dove mi trovavo-

Il ragazzo si grattó la nuca visibilmente imbarazzato. Da tutto il tempo che lo conoscevo potevo dire che non era esattamente felice della situazione in cui lo avevo posto.

- Beh. È venuto lui a bussare alla mia porta. Non ho la più pallida idea di come sapesse dove abitassi-
-Aspetta un secondo, non mi guardare in questo modo! Io non gli ho detto nulla!-

In testa mi balenó l'estate in cui io e i miei amici ci conoscemmo a Saint-Malo, e piú precisamente il momento in cui Sherlock mi chiese quale fosse la finestra della mia stanza, con la giustificazione che glielo aveva detto Lupin, ma il francese il giorno dopo negò.
Le cose si ripetono, mi dicono.

- Credo di sapere il motivo, ma continua-lo sprona i posandogli una mano sulla spalla.

- Mi aveva detto che ti cercava e che al Palazzo non c'eri, e quindi pensava che fossi qui. Doveva parlarti di una cos importante-

Una cosa importante. Con Arsene Lupin ci potevamo essere milioni, se non miliardi di cose importanti di cui parlare. Davvero tante. Ma mi fece deglutire il pensiero del perché a quell'ora. Forse per conversare in privato? Senza Sherlock? E quanto poteva essere importante?

- Mi ascolti?- chiese a un certo punto il francese ridestandomi dai miei pensieri.
Scossi la testa come per far uscire tutte le ipotesi che stavo formulando e feci slittare tutta la mia concentrazione sulle parole di Paul.

-Gli ho detto che probabilmente eri nel bosco a pensare

- Ma potevi stare zitto e basta?! Dire che non sapevi nulla?!- esclamò gesticolando nervosamente con le mani, visibilmente contrariata.
Lui ridacchió compiaciuto :- Il tuo amico è stato piuttosto...convincente-

Sgranai gli occhi. Peggio di Holmes e la storia del postino che terrorizza i "giardinieri".
Sbuffai e mi alzai per avvicinarmi alla finestra della stanza, che costituiva l'unica fonte di luce, oltre la lampada a olio arrugginita.

- Non importa. Sono venuta qui per parlarti di Moriarty- dissi passando una mano fra i riccioli rossi - Mi ha minacciata. Ho tre giorni per pensare-

Il mio tono grave probabilmente fece allarmare il ragazzo, perchè scattó in piedi sull'attenti e mi raggiunse a grandi falcate.

-Cosa ti ha detto?-
Mi girai verso di lui con le mani che mi formicolavano dalla paura. Punta lo sguardo nei suo occhi che mi scrutavano, come per memorizzare ogni mio particolare.
Avevo fatto la scelta sbagliata portando Sherlock e Lupin qui  nell'Impero Russo. Sarei dovuta scappare e terli al sicuro a Londra.

- Ha proposto uno scambio. Una vita in cambio di un'altra-
Lo vidi allontanarsi da me come se scottato dal fuoco.
- Se non accetterò non solo ucciderà mia madre, ma dirà tutto-

E in quel momento crollai. Le lacrime cominciarono a sgorgare a fiumi mentre scossa dai singhiozzi abbracciavo il biondo che mi teneva stretta al suo petto. Non sapevo cosa fare. Non potevo nemmeno raccontare il tutto ai mieie due piú cari amici.

Avevo paura e non potevo contare su nessuno, tranne che Paul e probabilmente Hilde che ci averebbe raggiungi a breve.

Nonostante provassi tutte le sensazioni negative esistenti verso quella ragazza, eravamo nella stessa barca. Mi aveva aiutato e io ne ero grata.

Ero letteralmente sull'orlo del baratro e non sapevo che il peggio doveva ancora arrivare.

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SPAZIO AUTRICE

Salve ragazzi! Prima di tutto! Come va l'estate?

Lo so lo so. Non guardatemi in quel modo con quelle falci infuocate in mano. Non aggiorno da due mesi e mi dispiace.
Fra compiti, verifiche, ESAMI CAZZO (rivelatosi una passeggiata sul lungomare), e al tutti comune stronzo, BLOCCO D'AUTORE, non sono riuscita ad andare avanti con le avventure del nostro Trio.

Vediamo cosa ci dice il meteo "PROSSIMAMENTE"...mmmh temporali-colpi di scena, pioggia-dramma, nuvolosità-tempi bui per le amicizie, uragani-ansia....UUUUU nevicate-loveeeeeeeee.
Diciamo che il tempo atmosferica  San Pietroburgo di fine '800 lascia spazio all'immaginazione!

Che ne pensate di "una vita per una vita"? giulsss221b ti vi bi❤🍪
E il precoce arrivo di Hilde aka oca in calore?
E che decisione prenderà Irene?
Ma sopratutto...COSA CAPPERO HA ANCORA DA NASCONDERE DOPO PRATICAMENTE LA TERZA GUERRA MONDIALE...no aspettate siamo nel 1800...DOPO PRATICAMENTE LA SECONDA BATTAGLIA DI WATERLOO?!

Io boh. Irene che ci combini...

Spero di aggiornare il più presto possibile...ALLA PROSSIMA!

Sam

Sherlock, Lupin e io. Quando qualcosa ritornaWhere stories live. Discover now