°Capitolo 9•

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°La rosa, anche con un altro nome, conserva il suo profumo•

"Kim Taehyung è in città? Elisabetta è morta, giovani miei"
"Bil basta sciocchezze, il principe è uno come noi, può andare dove vuole, quando vuole!"
"Mai, mai un principe è venuto in città più di una volta al mese! Ci stanno nascondendo molte cose, Ros, molte molte" le voci giravano in fretta e, le prime teorie sull'arrivo di Taehyung, era giunte alle orecchie di tutti.
La donnaccia Ros, una donna abbastanza giovane e dal lavoro di massaia, se ne stava seduta all'ombra di quel giorno soleggiato in un merito riposo mentre rimproveravo Bil, diminuitivo di Billie, suo marito. I due erano così diversi, ma per non uscire dai parametri della storia vi basterà sapere che, mentre Ros era molto devota alla Regina e a tutti i componenti a lei cari, Bil vedeva ogni bruttura del regno come risultato dei continui soprusi dei nobili.
"Verranno a chiederci una somma più alta di danaro per quelle dannatissime tasse...tsk tu e i tuoi stupidi nobili buon a nulla" Bil si alzò, rintanandosi in casa lasciando Ros a guardare quel cielo inglese che tanto amava. Dio salvi la Regina, pensava sempre.

"Ascoltatemi, basta! BASTA!" e mentre in paese qualcuno lodava, qualcuno disprezzava l'arrivo del principe, questo nella sua dimora dovette confrontarsi con tutti gli artisti. Sentiva le sue vene del collo esplodere per lo sforzo della voce, troppo bassa e tonante per arrivare a certi suoni: odiava alzare la voce, metteva paura anche a sé stesso ma, a volte, gli toccava farlo soprattutto quando Elisabetta decideva di organizzare qualcosa e addossare tutti i preparativi a Taehyung. Insomma lui era un mecenate ante litteram, ma comunque un mecenate.
Portò le sue mani tra i capelli, scompigliandoli, e chiudendo gli occhi per non fare spaventare ancora di più gli artisti che, in quel momento, avevano azzerato qualunque loro pretesa.
"So di chiedervi veramente uno sforzo enorme, e vi ringrazio per questo, ma non dovreste lamentarvi: state facendo quello che vi piace. Non credo di aver obbligato Jin a scrivere un testo o al cuoco di preparare uno spettacolo circense. Se fare la cosa che amate vi star male, non azzardatevi a presentarvi nella mia corte al mio ritorno" Taehyung iniziò a scendere le scale, mentre gli artisti guardavano colpevoli e imbarazzati la punta delle loro scarpe.
"Principe, mi avevate detto di dover spedire una lettera" Franky, un giovane quanto scaltro ragazzo si avvicinò a lui, con quegli occhi capaci di farlo sciogliere e dimenticare tutto lo stress di quei giorni. Taehyung portò una mano tra i capelli del piccoli, donandogli una dolce carezza e, aprendo la sua giacca prese dalla tasca interna una piccola busta bianca, legata con uno spago e marchiata con il segno dei Kim.
"Sai già tutto, piccolo diavolo, affido tutto nelle tue mani" il piccolo annuì alzandosi sulle punte per lasciare un dolce bacio sulla guancia del principe che, con lo stupore di tutti, sorrise docilmente.
"Jin ti affido il comando, durante la mia assenza, se qualcuno dovesse non obbedire non esitare a cacciarlo fuori dalla mia proprietà" Seokjin annuì soltanto, donando un piccolo sorriso il primo vero dopo la loro litigata. Il giorno prima Taehyung era andato nella sua camera, e senza dire niente lo aveva abbracciato, mormorandogli all'orecchio quanto gli dispiaceva e quanto gli voleva bene: Jin si era rifugiato tra le sue braccia perché, tra tutti, non sopportava che proprio lui ce l'avesse con lui. Taehyung restò lì, ad ammirare un pittore nel suo mondo, a dipingere le cose più belle che mani e mente avessero mai creato.
"Marlowe immagino che "Doctor Faustus" sia già completo, giusto?" Christopher si sorprese del fatto che il principe gli avesse rivolta la parola dopo quella conversazione nella stanza reale: non era pentito di averlo umiliato, Taehyung, anzi era convinto che grazie a quell'indifferenza Marlowe avesse completato l'opera. E Taehyung difficilmente sbagliava, difatti il drammaturgo annuì facendo sorridere il principe.
"William, voi verrete con me in città; Jin, Christopher, e tutti quelli che esibiranno durante il ballo vi ho già acquistato il vestito per la serata, chissà magari troverete qualcuno che vi dia un po' di denaro per aprire una vostra bottega" e Taehyung era davvero triste, perché lo sapevo che, molti tra i suoi artisti, avrebbero avuto diverse possibilità quella sera. E se ne sarebbero andati tutti, come Yoongi e Jimin e Hoseok.
"Io anche devo esibirmi" William lo guardò a lungo facendo sorridere Taehyung con gli occhi leggermente lucidi.
"Certo, Shakespeare! Ecco perché vi porto con me in città, mi aiuterete con i vostri vestiti siete quello che meno conosco in questa corte" e la frecciatina non passò inosservata a Jungkook che, con uno sbuffo, si appuntò mentalmente di non fare arrabbiare Taehyung perché, come ogni nobile che si rispetti, sapeva scegliere le sue carte.
"Perfetto, principe, sarò pronto" Taehyung storse il naso al soprannome e, senza ribattere, uscì dal grande portone.

"Principe, mi dispiace per il ritardo" l'uomo si scusò profondamente, con la paura negli occhi fin quando Taehyung non poggiò una mano sulla sua spalla stringendola con dolcezza. Jungkook osservava la scena in terza persona, notando come lo sguardo dell'uomo si tingeva da timore a lieve sollievo. Taehyung era più bello che mai, e paradossalmente ogni giorno lo diventava ancora di più e questo per lui era solo un grande favoloso guaio.
L'uomo aprì la portiera della carrozza, facendo salire i due uomini, Taehyung con un sorriso in volto e Jungkook con un'occhiatina sprezzante.
"Forse dovresti essere molto più severo" Shakespeare spezzò quel silenzio accompagnato dal rumore delle ruote che si scontravano con le fosse e quello degli zoccoli dei bianchissimi cavalli.
"E perché mai? Dalla violenza non si ricava niente, se non disprezzo, dalla bontà si ricava fiducia, rispetto" Jungkook lo guardava attentamente, seduto com'era sul sedile di fronte al suo: era nato Taehyung per sedere su quel veicolo ma Jungkook, Jungkook non era abituato a tutto quello sfarzo.
"Allora perché tutti acclamano Elisabetta, lei non è il massimo della dolcezza" Taehyung lo guardò curioso, per scoprire dove il caramello volesse andare a parare.
"Elisabetta ha fatto tanto per l'Inghilterra, ha sconfitto Filippo II, non si è sposata per non fare passare il regno nelle mani di uno sconosciuto, ha donato tanto denaro per la mia corte, ha finanziato i commerci, la cultura, le esportazioni, è per questo che l'Inghilterra la ama, ed io anche" Taehyung non era mai stato così sincero ma qualcosa nel petto di Jungkook non funzionava.
"Non è stata lei a garantire la sconfitta di Filippo II, ma L'invincibile Armata; e sembra che tutte le cose che tu hai elencato poggino sulle tue spalle. Non so Taehyung, magari le stai correndo dietro e lei lo sa per i suoi scopi" il moro lo guardò negli occhi, si avvicinò lentamente e quasi sedendosi sopra di lui poggiò le labbra a sfiorare il lobo.
"Non sarebbe la prima a farlo, Jungkook. Ma non me ne preoccupo perchè io non faccio tutto quello che faccio solo ed esclusivamente per lei, ma anche per tutti loro, per i cittadini che hanno bisogno di sentirsi al sicuro, di sentirsi amati e il cuore di Elisabetta è ghiacciato da tempo"
"Io ti avrei potuto amare, Taehyung, tanto"
"Tu mi avresti mentito"
"Io ti ho detto la verità"
Taehyung lo guardava negli occhi che, frenetici, si spostavano su tutto il viso e, quando in un impeto di rabbia gli si avvicinò quasi credeva di volerlo riempire di pugni.
"Perché hai detto di chiamarti William Shakespeare?"
"I miei genitori sono banditi, sono ricercati non sono dalla Sicilia, ma anche dalla Spagna stessa. Mio padre era alleato con i due sovrani contro altri luoghi ma non aveva intenzione di combattere. Appena riceveva i soldi scompariva e scappava con mia madre in ogni luogo sicuro. Quando giungemmo in Sicilia, io avevo solo 5 anni, venivamo dalla Corea, e ci sono cresciuto fino ai miei 17 anni. Poi iniziò il periodo di sospensione in diversi luoghi, sono stato in Australia, America, Francia ma giunto in Inghilterra dovevo cambiare il mio nome e cognome" Taehyung lo guardava quasi con paura adesso, perché si trovava di fronte ad un grande punto interrogativo.
"I tuoi genitori? Sono veramente in Inghilterra?" per tutto il discorso le loro voci erano così basse che erano appena udibili ai due.
"Mia madre è in Sicilia, era figlia del re d'altronde. Mio padre è qui, ha cambiato anche lui nome e cognome, di fatti lui non prende il cognome di Shakespeare ma di Detroit. Ho chiesto alla regina, se ricordi, protezione per i miei genitori qualora si scoprisse la realtà" Jungkook guardava attentamente ogni particolare di Taehyung innamorandosene ogni secondo un po' di più.
"Io non ti chiedo di accettarmi, né di accettare la mia stori-" ma le sue parole furono inutili quando, con sorpresa del caramello, Taehyung lo spinse verso la sua bocca. Non c'erano bisogno di altre parole, o di altre scuse, lui voleva Jungkook, o William, o qualsiasi nome gli venisse affibbiato. Perché lui non era innamorato di un nome, ma della persona.
Jungkook guardò intensamente Taehyung per poi scrivere tra le mani il suo taccuino e scrivere, sotto gli occhi del moro: Cosa c'è in un nome? Ciò che chiamiamo rosa anche con un altro nome conserva sempre il suo profumo*.
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*Romeo e Giulietta, tratto dall'atto II.

sono leggermente in dubbio su questa storia.

-Lougtout

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