°Capitolo 17•

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°Il poeta maledetto•

Le mani tremavano vistosamente e Catherine aveva capito, dal primo sguardo con la regina che quella sera un civile sarebbe morto, e sarebbe passato a nuova vita per mano sua. Si guardava intorno e vedeva tutti, bambolotti comandati da un personaggio noto e, invece di spezzarle gli arti, le leccavano il culo ringranziandola.
Se pensavano di conoscere Elisabetta, si sbagliavano di grosso; vedevano una regina, un comandante, il rifugio sicuro, colei che li avrebbe protetti a costo della sua vita. E in parte tutto ciò era vero. D'altra parte c'era una persona infida, perversa, crudele, malvagia, ninfomane, con un atteggiamento incline alla prostituzione. Era quella la vera Elisabetta, quella che non indossava una corona.
Il suo abito verde faceva sentire la donna come un misero infimo ranocchio, con il corpetto che la soffocava nonostante fosse stato stretto leggermente e i capelli tirati in un chignon alto sembravano quasi esser tirati dalle mani più forti del mondo. La pancia le doleva, non quanto il cuore, sembrava quasi come se un organismo si stesse facendo spazio al suo interno e stesse crescendo, fino ad esser partorito. L'odio, e la vendetta e la rabbia, la delusione, la perversione rabbiosa, di chi era stata manipolata, usata, e maltrattata. Per poi essere schiacciata via come uno stupido insetto alla ricerca della salvezza. Forse lo era, Catherine, un insetto senza ali, senza cervello, senza anima. Voleva quasi trasformarsi per poter essere certa che non faceva quasi più male, quel mondo, il mondo dei nobili, dei ricchi, dei falsi.
Solo che, quella volta, la colpevole era lei e questo sentimento la stava divorando sempre di più, si faceva spazio e come un lanciarazzi la faceva esplodere.

"Catherine io non mi fido. Thomas ha sentito del piano e, alla fine, dovrai uccidere anche lui. Perciò domani sera tu ucciderai il poeta, il sublime e caloroso uccello del malaugurio" Elisabetta rise come se quello che avesse detto non avesse abbastanza peso, come se un uomo non sarebbe rimasto ucciso. Come se la vita non fosse importante. Come se il tramonto degli anni improvvisamente ti cadesse addosso, schiacciandoti e inserendoti tra gli squarci del cielo. Forse meno poetico di tutto ciò.
"Cosa ti fa credere che io stia ai tuoi giochi, Elisabetta?" la voce piccola e strascicata di Catherine sembrava essere una supplica. Era stanca di subire, di essere una bambola voodoo tra le mani della Regina; era stanca di doversi curare le ferite da sola, e con il suo unico figlio contro.
"Non hai scelta, Catherine, non ce l'hai. E lo sai anche tu. Il piano è semplice e lo sappiamo solo noi due e lo sai, lo sai perché te l'ho detto?" giocava con le dita in modo strano, nevrotico facendo scivolare polpastrelli contro polpastrelli "perché nessuno crederebbe alla puttana della Regina, neanche tuo figlio".

Le sue parole rimbombavano nella testa, e si avvinghiavano alla mente come un uomo si aggrappa ad un filo appeso tra due montagne. Cosa rischiava? La morte, magari come la Stuart. Cosa avrebbe fatto? Avrebbe ucciso il poeta, senza alcun indugio. Cosa avrebbe perso? La dignità, la purezza, l'onore avrebbe perso l'umanità in un sol infimo gesto. E poi, quando tutti scopriranno che ad ucciderlo è stata proprio lei, tutti la condanneranno primo fra tutti suo figlio.
"Amore di mamma, come stai?" non aveva il sorriso in faccia e Taehyung non se ne stupì, non quanto rispetto al ritrovarsela davanti.
"Mamma, che ci fai qui a quest'ora? È tardi"
"Non vengo da tanto e volevo un po' fare una sorta di perlustrazione. Elisabetta mi manda a controllare i lavori per il ballo" inghiottì il veleno, il groppo amaro e finse un accenno di sorriso. Taehyung sentì il cuore rompersi perché, ancora una volta, la donna a lui di fronte non lo andava a trovare per il solo vederlo, per il solo abbracciarlo e baciarlo e dirgli che lo vuole bene.
"Immaginavo. Stanno tutti dormendo, perciò puoi dormire nella mia camera, io devo-devo aiutare una persona" omise tutto, perché lui di sua mamma non si fidava proprio.
"Elisabetta mi ha già detto chi sono gli artisti. So cavarmela da sola, finirò in un istante e andrò via" estranei. Avete mai immaginato una situazione del genere? Mamma e figlio a scontrarsi in uno scontro verbale senza nascondere l'odio e la malinconia che li avvolgevano.
Taehyung si spostò dall'entrata, aprendo le braccia come a dire che tutto quello che stava vedendo, lo aveva costruito  con lacrime, sudore e tanta solitudine.

"Agirai silenziosamente, come un leopardo. Infondo devi rappresentarmi, ed io sono elegante, quale animale più elegante del leopardo" la Vergine era pazza, fusa, e il solo pensare al sangue del poeta la faceva eccitare.
"Quando tutti dormono, nessuno deve svegliare nessuno, giusto? Perciò farai esattamente così".

Aprì la stanza del poeta, la luce tenebre, i fogli sparsi e una lieve luce di candela portata da Catherine illuminava il luogo. Le tende nere e chiuse, e l'inchiostro per terra, e il poeta steso sul letto senza maglia e pantaloni.

"Sai nel suo romanzo c'è una scena in cui il protagonista fa un patto con il diavolo, intingendo la stilo nel sangue. Poetico e diabolico".

Catherine alzò con le lacrime agli occhi, e il respiro affannato il coltello che teneva tra le mani e chiudendo le sue pozze colanti d'acqua, lo piantò nel suo petto, vicino al cuore. Il poeta aprì gli occhi di scatto e provò a parlare ma il dolore e la ferita non glielo permisero. Guardò prima la ferita, poi il suo assassino e poi l'arma, chiuse gli occhi e smise di respirare. Aveva ucciso un uomo, non pensava fosse così facile farlo, quanto non pensava che fosse così difficile convivere con questo segreto.
Sentiva il sangue sgorgare senza sosta, e formare chiazza ovunque, e già il corpo morto gli ricordava che dolore avrebbe provocato al figlio, e a tutti a reggia Kim.
Prese la stilo e la immerse nel sangue e poi scrisse quello che la Regina le aveva fatto imparare a suon di frustate nelle natiche, mentre le sue dita la profanavano nuovamente. Poggiò il foglio vicino al corpo morto, come se Marlowe si fosse suicidato dopo le sue ultime parole.

Non tutti son fatti per vivere, ed io, Christopher Marlowe, non lo ero proprio. Nessuno sa se per l’uomo la morte non sia per caso il più grande dei beni, eppure la temono come se sapessero bene che è il più grande dei mali. E credere di sapere quello che non si sa non è veramente la più vergognosa forma di ignoranza? (Socrate)
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BOOM BOOM, CIAO

-Lougtout

°Shakespeare• TAEKOOKWhere stories live. Discover now