Paper

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POV Jungkook

Giuro che se becco il colpevole gli faccio passare le pene dell'inferno.

Alzo il contenitore del caffè che causalmente, e sottolineo casualmente, si è rovesciato sul foglio che avevo appena finito di compilare.
Mi sono allontanato due minuti per una commissione e trovo questo bel regalo.
Le opzioni sono due:
Kim Taehyung o Park Jimin.
I miei colleghi.
Sono tutti e due più grandi di me ed hanno più esperienza perché sono qui da più tempo di me.

Parlando del diavolo, eccoli che entrano in ufficio. Taehyung mi rivolge uno sguardo più lungo del solito, mentre Jimin mi nota solamente, mentre torna alla sua scrivania.

«KIM TAEHYUNG, FIGLIO DI-»
Mi avvento su di lui con il solo intento di strozzarlo: mi serviranno altri 30 minuti per riscrivere tutto quel fascicolo.
Appena lo prendo per il colletto lui inizia a ridere, come se gli stessi facendo il solletico. È fatto così, prende le cose poco seriamente, anche le più importanti, ma a quanto pare sul campo è uno dei migliori. Devo ancora capire come ha fatto uno come lui a entrare qui.

Allarga le labbra mostrando il sorriso quadrato e quello sguardo furbo da bambino. Veste sempre Gucci, e qualche volta fa un salto in qualche agenzia di modelli per fare qualche servizio fotografico.
È di una bipolarità spaventosa, anche se non si direbbe: passa dal ragazzino delle medie al modello più sexy del pianeta.

«Avrei voluto vedere la tua faccia.»
Mi dice sorridendomi divertito. Si leva dalla mia presa con facilità e mi da una pacca sulla spalla. Torna alla sua scrivania tranquillo, appoggiando i piedi su di essa e spalmandosi sullo schienale della sedia.
Taehyung è sempre stato uno portato per l'azione, non tanto per il lavoro d'ufficio. Si capisce da come spera di far passare il tempo facendo gli scherzi agli altri.

«Jungkook.» mi chiama Jimin, quasi dall'altra parte della stanza. Non mi guarda neanche in faccia, ha la testolina piegata sul computer. Evidentemente è qualcosa di importante, Jimin di solito scherza sempre con noi su qualsiasi cosa. Ha la risata facile ed è più imbranato di quanto sembra.
«Mentre eri fuori ti ho stampato una copia del foglio.» dice finalmente guardandomi. Chissà se ha ipotizzato che Taehyung me lo avrebbe rovinato. Ne sarebbe capace.
«È nella stampante.»
Mi indica la stampante da dove spunta un foglio bianco. È il mio fascicolo. Ti faranno santo, Jimin.

Mi alzo dalla sedia e faccio per raggiungerla, ma qualcosa si para davanti a me. Una schiena che ormai ho imparato a riconoscere.
Vedo Taehyung che schizza verso la fotocopiatrice e prende il figlio.
Lo guarda un attimo e poi mi scruta per qualche secondo. Vedo un ghigno malefico sul suo viso e mi sale l'ansia.

«Taehyung. Non ti azzardare...» gli dico, mentre mi avvicino con cautela a lui, come un fotografo di National Geografic che si avvicina ad una specie pericolosa. Non si muove, ma non appena tendo la mano verso di lui, corre fuori dalla porta dell'ufficio.
E io ovviamente lo rincorro.
Perché tanto va a finire sempre così.

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