IV

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✯𝓙𝓸✯

Mi svegliai di soprassalto, avevo la fronte imperlata di sudore e il fiatone e sentivo il mio cuore battere talmente forte che sembrava in procinto di esplodere.

Stringevo la coperta con una mano, mentre portai la destra, quasi istintivamente, sulla spalla sinistra, più precisamente sopra la mia cicatrice e mi buttai a peso morto sul letto.

Quel dannato evento perseguitava i miei sogni da più di un anno ormai e  ancora non ero riuscito a farci l’abitudine, posso ancora sentire quelle grida dentro la mia testa, sono peggio di una tortura.

Presi il cellulare dal mio comodino e lo accesi per leggere l’orario sul display, ma la luce che emise quando lo accesi mi fece stringere le palpebre in due fessure per via del fastidio
«dannazione sono solo le cinque del mattino!»

Mormorai decisamente frustrato.
Anche se controvoglia, decisi di alzarmi per poi dirigermi in bagno con l’intento di sciacquarmi il viso; mi chiusi la porta di quella piccola stanza alle spalle e mi avvicinai al lavandino, per poi aprire l’acqua e iniziai a lavarmi la faccia, mi aggrappai al lavabo con ancora il viso rivolto verso il basso, mentre alcune gocce ricadevano nel lavandino.

Sentivo che la mia cicatrice stava iniziando a bruciare ed io strinsi i denti per il dolore, ma quando alzai il capo feci un balzo indietro per lo spavento

«ma buongiorno figliolo»
Lo specchio non stava più mostrando il mio riflesso, ma quello di mio padre, il quale mi guardava con i suoi occhi verdi, talmente simili ai miei da farmi ribrezzo, e il suo solito sorriso sadico dipinto sul volto
«che diamine ci fai qui?»
Gli chiesi, ma più che una domanda il mio era più un ringhio.

Lui, di tutta risposta, iniziò a ridere e la sua risata mi fece venire la pelle d’oca
«è questo il tuo modo di accogliermi? Mi tratti come se fossi un ospite indesiderato»
Io strinsi i pugni e mi avvicinai di nuovo al lavandino
«infatti lo sei! Quante volte vuoi che ti dica che non ti voglio più nella mia vita!?»

Lui ghignò e scosse il capo divertito
«sai meglio di me che quello che mi chiedi di fare è impossibile, mi servi per il mio piano, ricordi?»
Io strinsi le estremità del lavandino talmente forte da far diventare le nocche bianche
«ti ho già detto che non voglio far parte del tuo piano malato! Non sono un assassino come te!»

Lui si mise a ridere di nuovo e mi guardò con un sopracciglio alzato
«ed è qui che ti sbagli figliolo, sei molto più simile a me di quanto tu creda»

Digrignai i denti e sentii la vena del mio collo iniziare a pulsare per colpa della rabbia
«sta zitto»
Gli intimai, ma lui sorrise nuovamente
«le tue mani si sono già macchiate del sangue di una povera innocente e quello era solo l’inizio»
«ho detto sta zitto!»

Urlai prima di tirare un pugno contro lo specchio e spaccarlo.
Le schegge di vetro si erano conficcate nella mia pelle fino a farmi sanguinare, ma in quel momento non sentivo il dolore, provavo solo rabbia ed odio nei confronti di quell’essere schifoso.

La cicatrice aveva smesso di bruciare, segno che mio padre se ne era andato e il che mi permise di calmarmi almeno un minimo.

Improvvisamente la porta del bagno si spalancò e mi ritrovai di fronte ad Arthur, il quale mi guardava con occhi sgranati
«mi spieghi cosa cazzo è successo!? E soprattutto per quale motivo hai spaccato lo specchio!? Di un po' sei impazzito per caso!?»

Io sbuffai ed indicai lo specchio rotto
«il mio dolce paparino è tornato a trovarmi»
Gli dissi senza nascondere la mia rabbia e lui sospirò e mi spinse via per poi aprire l’armadietto dove tenevamo i medicinali e prese un paio di pinzette, delle garze e del disinfettante
«siediti cretino.»

A giudicare dal suo tono di voce non sembrava voler sentire ragioni, quindi sbuffai e mi misi seduto sul bordo della vasca.

Arthur mi afferrò il polso e iniziò a togliere le schegge dal dorso della mia mano con le pinzette, io feci una smorfia di dolore, ma non dissi nulla
«di questo passo Azriel ti farà impazzire»

«lo so, ma purtroppo non posso liberarmi di lui con uno schiocco di dita, ti devo ricordare che stiamo parlando dell’angelo della morte?»
Di certo il mio sarcasmo non era gradito da Arthur, così tirò via l’ultima scheggia senza grazia alcuna ed io strinsi i denti

«ti sembra il momento di fare il simpatico!?»
Mi chiese lui guardandomi male per poi iniziare a passare il disinfettante sulle ferite ancora sanguinanti facendomi imprecare mentalmente per colpa del bruciore.

«volevo cercare di sdrammatizzare, so benissimo che con mio padre non devo scherzare, ma anche io ho il diritto di avere un po' di svago, o sbaglio?»
Arthur sospirò e strinse le garze attorno alla mia mano
«lo so, ma ricorda di non abbassare mai la guardia»
Mi disse prima di finire la mia fasciatura.

Si alzò in piedi e uscì dalla stanza, io mi presi la testa fra le mani e le mie dita si intrecciarono nei capelli
«mi sono stufato dei tuoi stupidi giochetti, padre»

Mormorai, consapevole del fatto che fosse riuscito a sentirmi, e tornai nella mia stanza, mi buttai di nuovo sul letto, sperando di riuscire a riprendere sonno.

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