Capitolo 24

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Il mattino seguente sgattaiolai furtivamente dalla sua camera e successivamente dalla casa

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Il mattino seguente sgattaiolai furtivamente dalla sua camera e successivamente dalla casa. Stavano ancora tutti dormendo, ma sarebbe stato a dir poco alienante farmi trovare lì, o peggio svegliarmi affianco a lui.

Avevamo dormito entrambi sul suo letto, lontani l'uno dall'altro, ma il giorno dopo mi ero ritrovata avvinghiata a lui come un koala. Ero in totale imbarazzo che non sapevo neanche a cosa pensare per dare una spiegazione a tutto quello. Cosa diavolo stava pensando lui di me?

Prima di uscire però l'avevo guardato per minuti che sembravano ore, perdendomi nel suo viso rilassato e così diverso dal solito, pieno di ombre gettate dal suo cipiglio perennemente scolpito.

Uscii prima che potesse svegliarsi e rientrai nella mia indesiderata abitazione.

Trovai Anne in salotto, intenta nelle pulizie di prima mattina, quando nessuno era ancora sveglio da rischiare di disturbare. Stava spolverando e sia l'aria mattutina che entrava dalle finestre spalancate sia la polvere che aleggiava ancora mi fecero starnutire, rivelando la mia presenza.

Lei si girò di scatto, spalancando gli occhi e mettendo una mano sul petto. Si rilassò non appena mi vide, ma sul suo dolce viso non fece capolino il solito sorriso che mi rivolgeva.

«Blaire! Ma dove sei stata?» Mise le mani sui fianchi sporgenti e mi guardò male. Per un momento ebbi paura che volesse menarmi con lo spolverino rosa.

«Ho detto a Zack che sarei stata dagli Stevenson». Pronunciare il suo nome mi fece quasi ribrezzo, ricordando cosa avesse fatto la sera precedente. Cercai di non darlo a vedere, feci spallucce e andai in cucina, cercando qualcosa da mettere sotto i denti. «Non credevo che la mia assenza qui si notasse tanto».

«Oh Santo cielo, Blaire!» Mi colpì il sedere con quell'aggeggio, facendomi urlare per la sorpresa. «Sono stata così in pensiero per te», mi disse con i suoi occhioni nocciola e non potei non abbracciarla.

«Tranquilla, ora sono qui». La coccolai un po', come quando lei faceva con me da piccola.

C'era sempre stata e aveva colmato un po' i vuoti che mia madre aveva lasciato nel corso del tempo.

A un tratto venne anche Layla, veloce e irruente come un tornado, sbattendo di poco alla sedia goffa com'era, e reclamò le mie attenzioni, saltando con le zampe anteriori su di me. Risi e mi inginocchiai per accarezzarla meglio, finendo per farmi schiacciare dalla sua frenesia. Era felice di vedermi e io lo ero ancora di più.

Mi cosparse il corpo di peli e, dato che indossavo dei vestiti scuri, erano ancora più visibili. Mi alzai e la vidi trotterellare affianco a me, scodinzolando come se quella fosse la sua unica ragione di vita.

«Muoviti o farai tardi a scuola!» mi canzonò Anne, mentre lavava gli ultimi piatti.

«Sì sì, ti dispiacerebbe prepararmi la colazione nel frattempo, per favore?» le chiesi gentilmente, correndo al piano di sopra. Non sentii la risposta perché la porta del bagno si aprì e ne uscì mio padre in accappatoio.

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