Capitolo 8

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Quando Jinenji si alzò, Rin sussultò. Non si era resa conto di quanto alto in realtà fosse quel demone, e non appena si girò per avviarsi alla sua dimora, ne rimase profondamente sorpresa.

Si era semplicemente alzato e avviato verso casa lasciandole la scelta di seguirlo o meno.

In quel momento si sentì davvero capita, a pelle, Jinenji, le aveva dato l’impressione che comprendesse davvero la sua confusione, il suo disagio, i suoi dubbi.

Il luogo che suo padre le aveva detto di odiare, si era rivelato il contrario di quanto si aspettasse. Fino a quel momento nessun demone aveva tentato di aggredirla, nessun demone l’aveva fatta sentire non accolta, a parte quelle due lucertole nel giorno del suo matrimonio. Nemmeno quando era fuggita dal castello avevano cercato di farle del male, al contrario, volevano fermarla per capire perché stesse scappando e piangendo. Infine poi era arrivato Jinenji. Così buono, così affabile, e così disponibile ad aiutarla.

Senza esitazione, lo aveva seguito nella speranza che tramite il suo aiuto, i ricordi avrebbero trovato giusta collocazione nei buchi presenti nella sua mente.

Per la prima volta da quando aveva messo piede nel regno demonico, aveva finalmente trovato qualcuno che non facesse il misterioso e che le offrisse il suo aiuto senza costringerla a scervellarsi.

Di sicuro i demoni non erano così malvagi come credeva.

I suoi pensieri andarono a Sesshomaru e alle sue parole.

Come sapeva che lei odiava il fuoco?

Lei stessa non sapeva dare un motivo a quell'avversione. La zia le aveva accennato che tramite quell'elemento, aveva dato fuoco al villaggio e per coprirla, Izayoi, era stata costretta a utilizzare i suoi poteri... ma lei sentiva nel profondo che non era solo quello il motivo del suo odio per l’elemento del fuoco, ci doveva essere qualcos'altro! 

Quando finalmente Jinenji si fermò davanti quella che sembrava essere una capanna un po’ vecchiotta, sentì correre lungo tutta la schiena un brivido di timore, ma il mezzo demone scostò la tenda che copriva l’ingresso, lasciandola senza parole. La capanna era accogliente, anche se sembrava datata, e c’era un piccolo fuoco che ardeva al centro. Quella casa era stata costruita accanto un grande albero secolare, le cui radici formavano una specie di salottino attorno al fuoco, con una piccola insenatura che dava l’impressione di essere l’antro di una strega, di quelli in cui si preparano pozioni e incantesimi. Guardandosi intorno notò decine e decine di libri sparsi un po' ovunque, alcuni tomi parevano molto vecchi e dei grandi colossi di lettura. Poco più avanti  e accanto ad altri libri vi era uno scrittoio su cui erano poggiati tanti barattoli con dentro radici di varie piante, foglie essiccate, rametti rinsecchiti, o così pensava lei.

“Prego, accomodatevi maestà!” La esortò Jinenji a entrare.

Quando mise piede dentro la capanna, Rin ebbe l’impressione di essere entrata in un luogo sacro, millenario.

“Mia regina, qualcosa vi turba?”

La giovane lo fulminò con lo sguardo. 

“Va bene. Rin!” Disse sorridendo il demone cavallo, ricevendo un cenno di gratitudine da parte della ragazza.

“Chi sei in realtà?” Chiese lei cominciando a sentire una sorta di soggezione.

“Io? Io mi reputo un umile servitore della corona, ma sono anche il guardiano del regno demoniaco. Io sono colui che tutto sa. So il passato e ne rimembro le vicende, so il presente e lo vivo con umiltà e so il futuro che non è mai scritto e che sempre può cambiare. Sono colui che aiuta il Re a proteggere il regno e a mantenere la barriera. In sostanza un vecchietto disponibile a dispensare consigli!”

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