CAPITOLO 8: "La breccia di contenimento"

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Venni accompagnata da due guardie nella mia cella, andai a farmi una doccia e poi mi dedicai alla mia ferita. Ero arrabbiata con me stessa: sapevo che erano
criminali e che qui alla fondazione erano carne da macello, ma era pur sempre un mortale e io in teoria non avrei dovuto ucciderlo...
Appena finii di fasciarmi la ferita andai in giardino. Avevo piantato da qualche settimana delle bellissime campanule con cui mi esercitavo nell'evocazione degli spiriti delle piante e con quello spirito ci avevo anche fatto amicizia. Sfiorai i petali delle campanule. -Ehi Viola... ti va di parlare?- chiesi al fiore continuando ad accarezzare i suoi petali. Viola era il nome dello spirito. Lei apparve: un piccolo esserino dalle sembianze di una bambina visto che era nata da poco, con la pelle verde come il suo stelo, gli occhi lilla, i capelli lunghi e biondi e il vestito formato dai suoi petali lilla. -è bello vederti, figlia di Steve- mi salutò lo spiritello sorridendo. -Non c'è bisogno che mi chiamarmi così, ormai ci conosciamo- le ricordai ricambiando il sorriso. -Scusa è che a volte fatico a credere che sei davvero sua figlia, ma la tua aura così potente e i tuoi tratti così simili ai suoi me lo ricordano sempre- mi spiegò lei con aria imbarazzata. -Non mi sento così potente, ma va bene...- dissi con un sospiro. -C'è qualcosa che non va? Sembri triste...- notò lei con preoccupazione. -Si nota così tanto?- chiesi sorridendo amaramente. -Te lo si legge negli occhi- confessò lei. -Ah... ho appena ucciso una persona e mi sento in colpa per questo, ma tutti mi dicono di non preoccuparmi perché era un criminale, ma io non riesco a perdonarmi...- raccontai con sguardo basso e cercando di trattenere le lacrime. -Beh se era un criminale non capisco il motivo per cui dovresti sentirti in colpa- cercò di consolarmi lo spiritello con tono gentile. Non mi sentii molto meglio a questa sua affermazione, ma ormai quel che è fatto è fatto e non potevo farci molto altro. Presi un profondo respiro e mi tranquillizzai un po'. -Grazie- dissi semplicemente. Aprii la mano e lei ci salì sopra, la avvicinai alla mia spalla e lei scese dalla mia mano e si sedette lì. In quel momento arrivò anche Jess tutto sudato e sporco di sangue dopo l'allenamento. -Scusa, mi sono trattenuto un altro po' ad allenarmi...- si scusò lui asciugandosi il sudore con uno straccetto. -Tranquillo è ok- dissi sorridendo. -Ti senti meglio? Come va la ferita?- mi chiese guardando le bende. -Sto un po' meglio...- mentii, non volevo fare preoccupare. Lui si sedette accanto a me e io feci sparire lo spiritello. -Sicura di non volerne parlare?- mi chiese accarezzandomi. Gli sorrisi, poi mi lanciai su di lui mettendolo a tappeto, lui si mise a ridere. -Non è giusto! Ti voglio troppo bene per batterti!- esclamai ridendo. Lui mi spinse e riuscì ad alzarsi e mi blocco per i polsi. -Ah beh allora io ho un vantaggio in più- disse con un sorriso divertito. Ci guardammo in faccia per qualche secondo poi ci mettemmo a ridere entrambi.

Skip time

Il giorno dopo ci stavamo allenando come ogni mattina. Io tiravo con l'arco, Jess cercava di migliorare con la balestra. -Accidenti! Questo coso non si carica!- si lamentò lui agitando l'arma. Mi avvicinai a lui, regolai un po' la balestra e la ricaricai, lui mi guardò infastidito. -Come fai ad essere così brava se tu la balestra non la usi?- mi chiese lui facendo il broncio. -Questo non è vero, mi sono allenata anche con quella, solo che preferisco l'arco. Guarda ti faccio vedere- dissi avvicinandomi a lui per fargli vedere meglio i miei movimenti. Mi misi a spiegargli come si prendeva bene la mira, come regolarla e ricaricarla. Mentre spiegavo una sirena squarciò il silenzio. -Una breccia di contenimento!- esclamai spaventata mettendomi a tremare. -Sta tranquilla. Vieni, seguimi- mi invitò lui mettendosi lo zaino in spalla. Presi la faretra con le frecce, me le misi in spalla e lo seguii. Rientrammo in cella trovando la porta aperta. -Secondo te è stato Entity?- domandai mentre riflettevo. -Probabile... Guarda la porta è aperta!- esclamò Jess saltellando dalla gioia. -Sì, e quindi?- chiesi non capendo. -E se... provassimo a scappare?- mi chiese con gli occhi che gli brillavano. A Jess non era mai andata giù l'idea di stare chiusi e progettava da tempo una fuga e una vita da vagabondi, anche se io non avevo mai condiviso il suo pensiero. -Jess sei impazzito?! È pericoloso lì fuori! Hai idea di quanti SCP siano liberi in questo momento?!- urlai per farlo ragionare. -Lo so, ma potremmo approfittarne. Pensaci, potremmo essere liberi, almeno per un po'. Dai tranquilla seguimi e porta con te Billy- mi ordinò incamminandosi fuori seguito da me. -Jess che hai intenzione di fare? Vuoi farci ammazzare?- gli chiesi scettica e nervosa. -Tu sta tranquilla e seguimi- mi ordinò nuovamente mio fratello. Mentre camminavamo vidi diverse macchie nere sulle pareti che ci seguivano e ci stavano alla calcagna. Avevo un orribile presentimento che purtroppo sì realizzò poco dopo: 106 sbucò da uno di quei buchi nella parete. -Che carini la vostra prima breccia di contenimento... cercate di scappare?- commentò il vecchio con un sorriso malevolo. -Levati di mezzo, non ho voglia di scherzare- disse mio fratello già nervoso a causa della sua presenza. -Oh andiamo 5843 puoi fare uno sforzo, l'ultima volta ci siamo divertiti. -106 ti prego...- pregai il vecchio, non volevo arrivassero a combattere come l'ultima volta. -Giada stanne fuori, è una cosa tra me e lui- mi ordinò mio fratello mentre le sue braccia iniziavano già a ricoprirsi di venature blu: si stava arrabbiando e molto anche. -Sì Giada, stanne fuori...- gli fece eco 106. Mi misi tra di loro spalancando le braccia ai lati. -Non esiste! Non succederà di nuovo. 106, smettila o te la dovrai vedere con mio padre. Jess, smettila di essere così avventato altrimenti ci farai ammazzare seriamente- sbraitai con tono severo sperando mi ascoltassero. -Andiamo Giada, facci un po' divertire...- cercò di convincermi il vecchio con sorriso maligno. -No! E adesso andiamo. Ci vediamo 106- dissi e presi mio fratello per il polso e cercai di portarlo lontano da lì, ma Jess rimaneva impalato cercando di non farsi trascinare. -Smettila di opporre resistenza!- sbraitai aumentando la forza con cui tiravo. -Allora lasciami andare!- ribatté lui. Alla fine si lasciò portare via. Appena fummo abbastanza lontani lo lasciai andare con violenza. -Questa è l'ultima volta che te lo dico: non essere sconsiderato e non farti prendere dall'istinto- dissi con severità, mi stupii io stessa dell'autorità che riuscivo a conferire alle mie parole. Ero davvero arrabbiata con lui, tanto che stringevo i pugni fino a farmi sbiancare le nocche e tremavo. -Giada calmati... hai gli occhi che scintillano- disse mio fratello gemello con leggero timore. -Che significa?- chiesi ancora con tono duro. -è come se ci fossero dei piccoli fulmini... tipo come faceva papà quando era arrabbiato- mi spiegò mio fratello intimorito, così teso che ad una minima mia forza lui sarebbe scattato per proteggersi. Feci un respiro profondo per calmarmi, non volevo farmi prendere dalla rabbia e fare qualche pazzia. -Bene, andiamo avanti...- dissi appena ripresi la calma. Camminammo per i corridoi. Incrociammo 096, lo shy guy. Lui mi conosceva e di solito non mi attaccava, ma appena Jess lo guardo fece per alzarsi ed attaccare, lui sguainò il suo pugnale. Lo fermai. Non guardarlo, ci penso io...- gli ordini per poi mi avvicinarmi a lui e gli sorridergli. -Ehi 096... ti ricordi di me? Lui è mio fratello, non ti farà del male. Puoi stare tranquillo, va bene?- dissi dolcemente. Lui ritornò nel suo angolo tranquillo. Mi girai verso Jess, che mi guardava a bocca aperta, risi divertita. Andammo avanti, vedemmo 173, lo aggirammo passando per un altro corridoio. Per nostra fortuna la nostra cella era al piano terra quindi trovammo abbastanza rapidamente l'uscita. Era la prima volta che vedevo l'esterno di quel mondo... era stupendo e somigliava molto al nostro mondo, solo c'erano delle case molto alte che nel nostro mondo non c'erano. -Bello, eh?- chiese una voce sconosciuta. Jess mi si parò davanti per proteggermi anche se tremava visibilmente. Che stava succedendo? -Chi sei?- chiese Jess al vuoto con aria autoritaria. -Ma come chi sono? Non ti ricordi Jess? Quando eri piccolo ci siamo visti...- disse la voce fintamente offesa. -C-come sai il mio nome?- chiese mio fratello tremando. -Te l'ho detto Jess, quando eri bambino ci conoscevamo e poi ci siamo rivisti negli ultimi tempi- disse la voce. Era cosi inquietante. . . Come faceva Jess a conoscere un tipo losco come quello? -Fatti vedere! Smettila di nasconderti!- urlò. -Beh se proprio ci tieni...- . Entity apparve davanti a noi. Sobbalzai e mi misi a tremare, ero terrorizzata, non volevo ci facesse del male. -Entity...- disse Jess perdendo il suo solito coraggio. -Già, vedo che ora mi riconosci. Ti ricordi quando facevamo questo nei tuoi sogni?- chiese Entity per poi spalancare la mano e lui lanciare Jess contro il muro. -Jess!!- esclamai. Gli corsi accanto. Lui aprì leggermente gli occhi. Li... li aveva rossi... Mi girai verso Entity. -C-cosa gli hai fatto?- chiesi terrorizzata al demone. -Come? Non è evidente?- chiese Entity con un ghigno. Sentii una fitta di dolore alla spalla, ci poggii la mano... sangue... Jess mi aveva pugnalato! Mi girai di scatto e sguainai la spada. Iniziai ad indietreggiare. -Jess... ti prego, non voglio farti del male- dissi con la voce rotta dal terrore mentre continuavo ad indietreggiare. Lui mi si lanciò contro, lo schivai e lo avvolsi con un tentacolo-radice che avevo evocato. Cercavo in tutti i modi di non ferirlo, non me lo sarei mai perdonato. -Jess ascoltami! So che ti ricordi di me!- gli urlai contro sperando si riprendesse. -Sei come tuo padre, non accetti l'evidenza. Lui non ti capisce!- mi urlò Entity duro. Ormai avevo le lacrime agli occhi. Jess bruciò il mio tentacolo facendo accendere una fiamma sulla sua mano. -Jess smettila! Non voglio attaccarti!- gli urlai ancora. Lui in tutta risposta mi lanciò contro diverse palle di fuoco, che io riuscii a schivare prontamente. Gli corsi incontro, ma lui mi schivò. Non vedevo chiaramente a causa delle lacrime. Lo riattaccai e questa volta riuscii a colpirlo a un braccio. Si accasciò ai miei piedi. -Ecco, contento!?- sbraitai piangendo. -è stato molto divertente, sei stata brava- disse Entity sorridendo, stavolta in modo dolce, subito dopo sparì. La breccia di contenimento non era ancora finita. Mi misi accanto a una parete e creai una cupola di tentacoli-radice per proteggere me e Jess. Non riuscivo a fasciarmi la mia ferita, ma riuscii almeno a fasciare quella di Jess, anche se probabilmente doveva mettersi i punti. Appena finii di fasciargli la finita, mi sentii molto stanca. La ferita e l'utilizzo dei miei poteri mi stavano lentamente sfinendo. Poggiai la testa di Jess sulle mie ginocchia e le lacrime continuavano a scendere copiose sulle mie guance. Billy si sedette accanto a me e iniziò a fissarmi. Gli sorrisi e lo accarezzai. -Tranquillo, sto bene. Dobbiamo solo aspettare che finisca la breccia di contenimento- rassicurai Billy. Purtroppo però non stavo affatto bene. La stanchezza continuava ad aumentare, iniziai ad avere un forte mal di testa e dopo poco iniziai anche a vedere sfuocato. L'unica cosa che mi teneva ancora sveglia era la mia preoccupazione e la mia paura. Rimasi in questa situazione non so per quanto tempo, poi ad un certo punto sentii una voce... -Giada sei tu? Vi ho visto uscire dal laboratorio, la breccia di contenimento è appena finita, vi stanno cercando tutti- disse. -239 sei tu?- chiesi speranzosa. Finalmente qualcuno ci aveva trovato! Eravamo salvi! -Sì, sono io. Come state?- chiese la bambina. -Ho bisogno di aiuto Jess è ferito e nemmeno io sto bene. Cerca aiuto, chiama il dottor Glass- le ordinai io. -Torno tra un attimo- disse per poi sentire i suoi passi allontanarsi. Dopo poco sentii la voce rassicurante della dottoressa Jackson. -Giada? 239 ci ha detto che vi serviva aiuto- disse la dottoressa. -Sì...- dissi in un sussurro. Feci sparire le radici. Il dottor Glass portò via Jess, io tentai di alzarmi, ma ero troppo debole e barcollai in avanti, la dottoressa Jackson mi prese tra le sue braccia. -Vieni, ti porto in infermeria- disse lei in tono dolce. Mi prese in braccio e rientrammo in laboratorio. Avrei voluto protestare, ma ero troppo stanca per farlo. Dopo poco alla fine cedetti alla stanchezza e svenni.

Non Dovremmo Essere Qui...Donde viven las historias. Descúbrelo ahora