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Le prime luci dell'alba oltrepassano le persiane, donando luce e colore alla mia stanza dominata dalle tenebre. Il mio sonno è stato interrotto da quei dolci fasci di luce rossastra, premettendo una buona giornata, ma non fu così. Quel giorno infatti sarei dovuta partire insieme alla mia famiglia e quella del mio migliore amico per gli Stati Uniti, nel New Jersey.

Questo perché i nostri papà, per un aumento di circa €4.000 sul proprio salario, avrebbero dovuto trasferirsi in una delle tanti sedi dell'azienda per cui lavorano, in una cittadina, Towota se non erro.

Lo stipendio non bastava a soddisfare tutti i bisogni che una famiglia di quattro persone richiede?
Era così necessario far abbandonare ai propri figli gli amici e la stessa città in cui sono cresciuti per 8 lunghi anni?
Era così necessario costringere la propria famiglia a ricostruirsi una vita per un semplice egoismo personale?
Probabilmente vi era un motivo più rilevante per farci lasciare definitivamente la nostra Berlino. Una città magica, dove tengo gelosamente custoditi milioni di ricordi.

Dopo essere stata completamente inghiottita da questi rumorosi pensieri, ritorno saldamente alla triste realtà.
Noto le mie valige accanto alla porta, pronte anche esse ad affrontare il trasferimento.
La mia camera è spoglia di qualsiasi oggetto che potesse adornarla.
Velocemente mi alzo dal mio comodo letto, dove non avrei mai più trascorso le lunghe nottate.

Indosso una semplice tuta Nike nera. Nonostante ci trovassimo al 27 novembre, il meteo premette una calda giornata invernale.

Agguanto il mio cellulare. Sono le 5.35 del mattino. Tra un ora incontrerò i miei amici per un ultimo saluto.
Afferro il mio skateboard ed esco di casa.

Questo sarà il mio ultimo giro tra le vie strette di Berlino, che pian piano si illuminano.
Questi piccoli viali celano tanti ricordi, che avrei preferito avessero raggiunto il dimenticatoio più profondo.
Al sopraggiungere di quest'ultimi credo di essermi ricreduta, forse era davvero arrivato il momento di andarsene.

Sono le 6.30: ogni giorno a quest'ora io ed il mio gruppo di amici ci incontriamo in una caffetteria accanto alla scuola, quest'incontro sarà l'ultimo e l'unico a sapere di questo era proprio mio fratello Andrew.

Essendo mio gemello, siamo praticamente identici fisicamente, tralasciando qualche dettaglio, fortunatamente siamo molto diversi caratterialmente, anzi direi proprio di essere il suo opposto.
Lui è estroverso, molto aperto a nuove amicizie e superficiale.
Io invece sono molto più timida e difficilmente mi apro con qualcuno. Lui ama stare tutto il giorno fuori casa e odia profondamente la scuola.
Io, a discapito, amo passare le serate sotto le mie amate lenzuola, leggendo un bel libro o guardando delle serie tv mentre gusto tisane di ogni tipo. Amo la letteratura, l'arte e la musica, di conseguenza amo leggere, scrivere, disegnare e suonare il pianoforte.

Entro rapidamente tra le mura dell'edificio, dirigendomi verso il bancone per ordinare della cioccolata calda.
Dopo l'arrivo del mio ordine mi dirigo verso il tavolo dove erano tutti seduti.
Mi siedo accanto a mio fratello che appoggia la sua calda mano sulla mia, che era completamente congelata.

Guardare le persone con cui avevo condiviso i miei ricordi più belli piangere a causa mia mi feriva enormemente, più di quanto lo fossi già.
Dopo averli salutati in un dolce abbraccio io ed Andrew ci dirigiamo verso l'uscita.
Senza volerlo delle lacrime dal sapore di tristezza rigano il mio viso. Mio fratello le nota e mi abbraccia, facendomi sentire a casa.
Non dice nulla, sa bene che nulla potrà farmi sentire meglio e preferisce non proferir parole per evitare disgiunti.

Il clacson di un auto ci fa sobbalzare: è Victor, il nostro migliore amico da sempre.

È più grande di noi di due anni, ha origini spagnole ma abita in Germania con noi poiché i nostri padri sono colleghi di lavoro, nonché migliori amici. Ha i capelli di un castano molto chiaro, occhi scuri e la carnagione bronzea.

Abbassa il finestrino e ci fa segno di salire. Noi non esitiamo. Saliamo e ci guarda con uno sguardo di conforto.
Anche lui era amareggiato ma fiducioso in una nuova rinascita.
In circa dieci minuti raggiungiamo casa per lasciare l'auto in garage. Fermiamo un taxi che ci porta all'aeroporto. Paghiamo la corsa e scendiamo dirigendoci all'interno dell'affollato edificio.

"I nostri genitori sono già lì con tutte le nostre valigie" afferma lo spagnolo. Annuisco.

Dopo qualche ora di attesa, finalmente saliamo in aereo e mi siedo accanto al finestrino, infilo le mie AirPods ed attivo una mia playlist di Lana Del Rey.
Poso il mio ultimo sguardo verso il cielo berlinese prima di chiudere definitivamente gli occhi.
ARRIVEDERCI GERMANIA.
AMERICA, STIAMO ARRIVANDO.

𝐃𝐨𝐯𝐞 𝐭𝐮 𝐬𝐚𝐫𝐚𝐢, 𝐥ì 𝐬𝐚𝐫ò 𝐚𝐧𝐜𝐡𝐞 𝐢𝐨!// Mattia Polibio🌙Opowieści tętniące życiem. Odkryj je teraz