XII

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"In che senso non ti convince?!" sbotto alle sue parole.
"Semplicemente non ci crederebbe e faresti la figura della bugiarda che cade dalle sue labbra. Lui sa che non sei la tipa che la dà al primo che passa e questo lo sai anche tu!" risponde con lo stesso tono Nadine.
In effetti ha davvero ragione e d'improvviso penso sia la trovata più stupida a cui abbia mai pensato.

"Come farò allora? Aiutami" chiedo arresa.
"Nulla, le distanze agiranno da sole e le catene si spezzeranno, senza peggiorare le cose come tu stavi per fare." mi dice con voce calma.
"Sono così confusa, il punto è che non so cosa succederà quando ci rivedremo!" dico sul punto di una crisi isterica. A volte odio questa parte di me, così ansiosa e paranoica.
"Ti preoccupi troppo, non sapremo mai cosa potrà succedere. Pensa a goderti la tua vita, il resto verrà da sé. Io ci sarò sempre, ricordi?" confessa, facendomi quasi commuovere. Ricominciamo a parlare dei gossip, dell'andamento della scuola e della nostra vita.

Dopo esserci salutate, noto delle voci provenienti dalla camera di mio fratello.
Non ci faccio caso e mi dirigo in cucina, fin quando una voce richiama la mia attenzione, invitandomi nella camera di Andrew. È Alejandro.

"Ehi mariposa, resti un po' con noi?" mi chiede il ragazzo.
"Giù le zampe da mia sorella!" irrompe mio fratello.
"Dove stai andando?" mi chiede Victor.

Sento uno sguardo scrutarmi e, conoscendone il mittente, lo ignoro completamente. Non so perché lo sto facendo, nonostante la mia migliore amica mi abbia chiesto di continuare la mia vita come se niente fosse.
"Mh vado in cucina, posso parlarti?" gli chiedo. Acconsente. Scendiamo insieme in cucina.

"Dovrei parlarti anche io in realtà." dice rompendo il ghiaccio. Parla tedesco, probabilmente teme che qualcuno possa origliare.

"Dimmi tutto"
"Cosa c'è tra te e Mattia?" Chiede andando dritto al sodo.
"Nulla, come mai questa domanda?" chiedo mentre spalanco il frigo, in cerca di qualcosa da mettere sotto i denti.
"Sabato sera, andando alla festa, vi ho intravisti." dice con aria delusa.
Rassegnata, racconto tutto.
"Allontanati da lui." ribadisce appena smetto di parlare. Esito nel contraddirlo.
Probabilmente ha paura che io possa ricadere in una relazione tossica, come quella precedente.
"Se tuo fratello venisse a sapere di questo, potrai dirgli addio" dice mentre sorseggia del succo.
"Chiarirò con lui e stroncheremo questa cosa dal principio." affermo chiudendo questo capitolo.

Lo lascio lì, andando verso il piano superiore. Sento una forza comprimermi le tempie accanto al capo. Nella speranza di potermi tranquillizzare, faccio l'ennesimo bagno della giornata.

Apro il rubinetto e accendo delle candele al narciso. Mi svesto e immergo il mio corpo nell'acqua calda, che culla e accarezza le mie forme.

Ripenso alle parole suggeritemi dai miei amici. Hanno ragione, una persona come Mattia non riuscirà mai a soddisfare ciò che io chiedo, io invece posso certamente soddisfare le sue. Lui non chiede una relazione seria, solo del divertimento.
Siamo così diversi e solo ora capisco di essermi fatta abbindolare dai suoi gesti da seduttore.
Presto la delusione e la confusione che provavo sono spariti, lasciando spazio ad una rabbia per me stessa e per lui.

Riemergo dall'acqua, avvolgendo successivamente il mio corpo nel morbido tessuto dell'accappatoio. Torno in camera.

Trovo la sua figura stesa con nonchalance sul mio letto.
"Cosa ci fai qui?! Esci dalla mia camera" chiedo alzando il tono della voce.
"Perché? Ormai siamo anche 'fidanzati'" Dice racchiudendo l'ultima parola tra due virgolette con le dite.
"Dimentica tutto, questo tuo gioco finisce qui" dico guardandolo negli occhi.
"Cosa?! Spiegati meglio" mi chiede avvicinandosi.
"Proprio quello che hai sentito. Stronchiamo questa specie di patto, non voglio avere niente a che fare con te"
"Ma quindi hai davvero pensato che io volessi essere il tuo fidanzatino? Per me sei uguale a tutte quelle che mi sono scopato" mi dice con aria sfacciata e un mezzo sorriso.
"Mi stai dando della puttana?!" ribadisco fuori di me.
"Non ho mai detto questo" si giustifica, negando l'evidenza.
"Sai cosa c'è Mattia?! Qualsiasi cosa ci sia tra me e te, è finita. Ora esci dalla mia stanza"
"Perché pensi che quello che io abbia fatto nei tuoi confronti sia giustificato dalla presenza di qualche sentimento? Sono stato semplicemente educato e gentile, siamo dei semplici conoscenti" mi dice con aria arrogante.
"Mi fa piacere. Quindi riprenditi questo vestito e fallo indossare a qualche puttana con cui te la fai." dico passandogli con violenza il vestito tra le mani regalatomi da lui a New York. La sua calma mi imbarazza.
"Peccato però, avrei preferito che lo avessi indossato tu" mi dice schietto.
Lo seguo con lo sguardo mentre chiude la porta.

Sento qualcosa spezzarsi dentro di me quando l'ho visto andare via, mi rimarrà impresso quel suo ultimo passo, l'ultimo sguardo.
È stato come scoppiare senza urlare, come morire senza smettere di respirare.
I miei occhi, persi nel vuoto, versano copiose lacrime che scivolano sulle guance. Quest'ultime, gelide come il cuore, vengono riscaldate da esse. Mi rincuorano, ma non abbastanza. Le asciugo con freddezza.

Torno a vestirmi. Indosso un semplice jeans, con qualche strappo al ginocchio, ed una felpa nera. Lego alla vita una cintura off-white arancione. Abbino all'outfit delle scarpe Balenciaga bianche. Lego i capelli in uno chignon scompigliato.

Mi siedo alla postazione trucco per un semplice make-up.
Prima di spegnere le luci che contornano lo specchio, avvicino il viso ad esso.

C'è un'esile ragazza, dal volto a forma di cuore, con la fronte non troppo larga e il mento appuntito, ma non troppo, formato da armoniosi lineamenti.
Gli occhi, gli occhi forse sono la cosa più bella del viso, di un colore singolare e insolito, blu notte con delle pagliuzze verdazzurro, profondi come il mare.
Le sopracciglia sono nere e fini e le ciglia lunghe e nere, così lunghe che quando ha le palpebre abbassate trattengono la luce, le ha detto qualcuno.
Le labbra sono piuttosto carnose: troppo? No, non proprio. Il labbro inferiore un po' di più rispetto a quello superiore; ha un modo di mordicchiare che qualcun altro aveva giudicato terribilmente affascinante.
Il naso era uno dei tratti meno soddisfacenti. Se lo pizzica tra il pollice e l'indice e fa una smorfia.
I capelli sono belli, proprio bello. E come sono vaporosi! Hanno il colore del carbone, ora raccolti scompigliatamente.

"Sí, non si può negare, sei proprio carina", sussurro tra me e me. A queste affermazioni il petto mi si solleva e traggo un lungo sospiro di piacere socchiudendo gli occhi.

Scendo precipitosamente le scale e faccio capolino alla porta della camera.
"Dove vai?" mi chiede Victor.
"Faccio un giro con lo skate, And dí alla mamma di non preparare la cena per me, stasera non ho fame" dico sorridendo, noncurando la presenza del ragazzo che, fino a qualche minuto fa, mi ha deluso al punto di odiarlo. Prima che qualcuno abbia da ridire su ciò che ho detto, saluto frettolosamente e vado via.
Afferro le chiavi di casa, le AirPods e lo skate accanto alla porta.

Sfreccio tra le strade della città.
Mentre il vento mi scompiglia i capelli, il tempo mi insegna che non torna mai quello che si perde. Tutto cambia mentre io resto la stessa: bella, lunatica, complicata, in bilico tra l'estrema solitudine e l'estrema vitalità, irrefrenabile quando voglio qualcosa, triste quando arriva la luna, solitaria come me. Volgo uno sguardo al cielo: quando perdi una persona così importante il cielo è un sollievo e un tormento, e le cose potranno andare meglio o peggio, crescerò, cambierò, anche considerando l'opzione che nulla ritornerà come prima.
Il sole è già calato, lasciando spazio alla tiepida notte.
Nel cielo appaiono torbide stelle.
Più allungo la mano cercando di strapparle dallo sfondo bluastro, più mi accorgo di quanto esse siano lontane da me.

Torno a casa prima del dovuto.
Giro cautamente le chiavi nella serratura. Chiudo silenziosamente la porta, evitando di svegliare i miei e beccarmi qualche ramanzina sulla mia incoscienza e negligenza. Preparo una tisana alla liquirizia e anice e torno in camera, dove mi svesto e metto il pigiama.

Poi viene la notte. Mi adagio tra le lenzuola. Chiudo gli occhi e nella mia mente appare lui. Penso alle parole che non gli ho detto e a quelle che vorrei ancora dirgli. Il buio porta alla mente tutti i perché e i peggiori dubbi, facendomi diventare più fragile di una rosa. Ho paura di annegare ancora nelle stesse acque da cui sono emersa, per le stesse motivazioni, su cui ho lavorato per mesi.
Ci sono notti in cui non so parlare e non so dormire. Questa notte fa parte di queste.
Questa notte penso che non avrei mai voluto incontrarlo o di non averlo voluto perdere.
Spalanco gli occhi e maledico il fatto che sopra di me ci sia il soffitto e non il cielo stellato.
Quei suoi occhi fatti di cielo.
Mi ritornano in mente tutti i desideri espressi quando vedevo sfrecciare in essi una stella cadente, come una cometa capace di squarciarli in due. Questa notte penso che sarebbe stato meglio non cadere nel tuo vortice di parole abbindolanti, per non ritrovarmi ora come ora su un letto disfatto, così freddo che potrebbe gelare tutto, e chiedermi se sarebbe potuto andare diversamente. In entrambi i casi, poi non dormo più. Questa notte ti penso.

𝐃𝐨𝐯𝐞 𝐭𝐮 𝐬𝐚𝐫𝐚𝐢, 𝐥ì 𝐬𝐚𝐫ò 𝐚𝐧𝐜𝐡𝐞 𝐢𝐨!// Mattia Polibio🌙Where stories live. Discover now