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L'ombra dominava tutto ciò che mi circondava. Non avevo la più pallida idea di dove fossi in quel momento.
Un inquietante respiro riecheggiava nell'aria. Un respiro affannato e sinistro.

Sentii il tonfo di un motore mettersi in moto. Ero in una macchina.
All'aumentare della velocità che pian piano stava assumendo il veicolo, la luce offuscata dei lampioni mi permetteva di scorgere chi fosse il guidatore.
Il suo viso era avvolto dall'oscurità, l'unica cosa che notai erano le sue mani: maschili, molto grandi e piene di vene, con uno, forse due, anelli di metallo nero.
Non sembravano le mani di uomini già maturi, bensì di un qualunque ragazzo 20enne.
L'auto accostò sotto la luce di un'insegna biancastra, che mi permise di adocchiare il suo viso.
Un ragazzo dalla carnagione olivastra, capelli e occhi scuri, sopracciglia folte e un naso con una piccola gobba. Le sue labbra carnose si stavano avvicinando al mio viso.
Non ci posso credere, era lui.
Possibile che riuscisse a perseguitarmi anche nei miei sogni?!
Parlo di Mattia Polibio, l'unico ed inimitabile. Mi stava sussurrando qualcosa, non riuscivo a capire cosa stesse blaterando.
"Sei già tra le miei grinfie Davila" dopo di che il vuoto. L'oblio.

Mi sveglio di soprassalto, in un bagno di sudore e con il fiatone.
Possibile che sia riuscito ad incontrarlo persino in un sogno, tramutandolo in un incubo.

La stanza è completamente divorata dalle tenebre, illuminata a malapena dalla luce del display del mio cellulare, che continua ad illuminarsi con l'arrivo di nuove notifiche.
Sono le 4.16 del mattino, venerdì 29 novembre.
Fortunatamente domani non ci sarà scuola. Provo invano a riaddormentarmi.

Decido così di calmarmi leggendo un po'.

Furtivamente scendo al piano inferiore per prepararmi una tisana.
Dopo aver immerso la bustina per l'infusione, mi avvio verso la mia biblioteca.
Una volta lì, mi distendo su uno dei tanti divanetti.

Sono qui, al riparo da un mondo così frenetico e distratto, attento a tutto ma non alle piccole cose e attenzioni. Mi rifugio spesso dalle distrazioni, leggendo un libro mentre sorseggio qualche intruglio sotto dei plaid pelosi. Pian piano la stanza si veste di luce, annunciando l'arrivo di un nuovo giorno.

La notte era terminata, portando via con sé ansia e paure, che torneranno a comparire, come placide stelle nella notte, al termine della giornata seguente. Perché si sa, il tempo non è la cura di qualsiasi cosa. Questa convinzione può trasmettere un'idea errata: che non abbiamo bisogno di fare nulla e che le ferite prima o poi si rimargineranno da sole.
In realtà però non è così. Se non facciamo nulla, se non impariamo da una situazione, è probabile che la ferita si chiuda in modo superficiale e al minimo tocco essa si riaprirà.
Così, spesso, quando pensiamo di aver superato un problema proseguendo per la nostra strada, il dolore ritorna, intenso come il primo giorno.

Un nuovo giorno mi aspetta.
Poggio il mio libro e la tazza ormai vuota su uno scaffale.
Non so bene che ore siano precisamente.
Mi preparo per un bagno caldo, cacciando via i fragorosi pensieri che assaltano la mia mente.

Un altro rumore incombe nel mio pianerottolo, mia madre.
Santo cielo!
Adoro quella donna, nonostante sia il mio opposto.

Io, un'ottantenne bloccata nel corpo di una sedicenne. Voglio dire, nonostante io viva la mia vita come qualsiasi ragazza della mia età, provando nuove esperienze ed emozioni, preferirei invece condurre una vita molto più pacata, ammirando scorrere la vita altrui mentre la mia resta bloccata nel tempo.
Mia madre, invece, ama il divertimento. Aspettò me e mio fratello all'età di 17 anni, sposandosi con mio papà a 18.

"Zuccherino sei già sveglia? Dai su esci dall'acqua e vestiti." Mi dice irrompendo in bagno.

Non riesco a capacitarmi di come tutte le mamme dei film bussino alla porta mentre la mia, a quanto pare, non sa farlo.
Annuisco e lei esce dalla stanza. Esco a malavoglia dalla vasca, considerando l'idea della brutta giornata che mi aspetta.

𝐃𝐨𝐯𝐞 𝐭𝐮 𝐬𝐚𝐫𝐚𝐢, 𝐥ì 𝐬𝐚𝐫ò 𝐚𝐧𝐜𝐡𝐞 𝐢𝐨!// Mattia Polibio🌙Where stories live. Discover now