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Casa mia attirava fantasmi come una calamita. Prima Pietro, il biondo che conosceva ogni minimo centimetro della villa, adesso lui, il bruno, la quale mi disse il suo nome inaspettatamente, senza un "ciao" o un "scusa il disturbo". Veramente mi chiamo Fabrizio, udii nell'oscurità. Che nervi. Quel fantasma riusciva a far tremare ogni singolo centimetro del mio corpo. Ogni volta che mi spuntava davanti, dietro o persino nel raggio di venti metri, un fremito incontrollabile mi percorreva puntigliosamente la schiena. Ma era il momento dei chiarimenti. Non potevo impuntarmi sulle cose positive, anche perché, di positivo c'era ben poco, lui era un fantasma, era morto. In quella camera il gelo aumentava, e quando accesi la luce, lui era lì, bello come sempre, che sprizzava luce propria, come il sole. Stava in piedi vicino l'imposta, appoggiato al muro rosa della mia camera. Persino il rosa gli dona! Permisi per un attimo alla mia mente di vagare su pensieri che non dovevo assolutamente fare. Mi sentivo osservata dalla testa all'addome, fino a dove poteva vedere lui. Incapace di formulare parole, alla vista di quell'angelo, mi limitai a guardarlo con occhi dilatati. «Che c'è? Il gatto ti ha morso la lingua? Non ti ho conosciuto così taciturna». Ah sì, dimenticavo del suo atteggiamento schifosamente arrogante. Un essere così perfetto lo è solo quando sta con la bocca chiusa. La capacità di parlare mi ritornò immediatamente. Non potevo non rispondergli. «Beh forse sono un pò frastornata, visto che in piena notte mi sbuchi così! Ma come ti permetti?» gli gettai un'occhiataccia. Lui piegò la testa da un lato, osservandomi imperterrita con quegli occhi neri come ossidiana. Ma che voleva? Ci ritrovammo a osservarci a vicenda. La sua maglietta rossa eccessivamente larga era sempre lì, abbinata con quei jeans strappati, anch'essi eccessivamente larghi. Dopo quella visuale sentii l'ombra di un sorriso sfiorarmi le labbra. Lui alzò un sopracciglio, incuriosito dalla mia espressione, probabilmente. «Se non hai intenzione di fare una conversazione normale, vattene! Domani ho scuola e stiamo soltanto perdendo tempo». Mi rivolsi sgarbata, ma cosa potevo fare? Non potevo mica guardarlo di continuo! Anche perché era talmente bello, che veniva quasi lo sdegno. Lui fece un passo, poi due, e senza accorgermene era lì, accanto al mio letto. Non potei controllare quella vampata di calore sopraggiungermi le gote. Involontariamente le toccai, osservando ogni suo movimento. Stava lì, accanto a me, onnipotente. Lo guardai, questa volta con sicurezza, tralasciando ogni trascorso, dimostrandogli tutta la disponibilità possibile. Lui mi fissava, con quelle labbra di marmo serrate. Gli feci cenno con la mano di sedersi sul mio letto, con il cuore che martellava all'impazzata. Il fantasma cambiò espressione, sembrava sorpreso della mia fiducia e si sedette. Ci fu ancora qualche secondo di silenzio. «Chi sei?» chiesi nuovamente studiando ogni minimo lineamento. Non potevo credere di avere davanti qualcuno, qualcosa, di così maestoso. I suoi capelli neri brillavano nella penombra, insieme a quelle pietre di occhi e la sua pelle lunare metteva in risalto quella cicatrice ipnotica. «Sono Fabrizio», disse lui, semplicemente. Ecco che l'irritazione era tornata. Socchiusi gli occhi lasciando due fessure e arricciai le labbra infastidita. Lui se ne accorse e finalmente mi mostrò il suo sorriso, quello vero, quello sincero. Ma i denti non poteva averli storti? No? Pensai mordendomi un labbro involontariamente. «Non so cosa dirti, veramente» mi disse infine, tornando al suo sguardo penetrante e osservatore. Non sapeva cosa dirmi? Ma continuava con questa tiritera? Perché veniva da me se non sapeva cosa dire? «Ok. Facciamo così. Io faccio le domande e tu rispondi», dissi più autorevole che mai mettendomi più comoda possibile. «Ti chiami Fabrizio, questo l'ho capito. Sei un fantasma, questo l'ho capito». La creatura si mise comoda a sua volta, incrociò le mani e annuì con serietà. «Perché sei qui?» chiesi infine, con sguardo indagatore, in attesa di una risposta concreta. «Perché volevo capire se quello che mi ha detto mio fratello è vero» mi rispose lui. Niente di nuovo. Era la stessa risposta che mi aveva dato quel pomeriggio. Feci un respiro profondo e chiusi gli occhi, chiamando pazienza. Quando li riaprii, lui stava sorridendo di nuovo, divertito dal mio atteggiamento irritato forse? «Uno: chi è tuo fratello? Due: cosa ti avrebbe detto, scusa?» proseguii con l'interrogatorio. «Mi ha detto che sei bellissima, che hai un sorriso meraviglioso e che sei in grado di vederci». Quindi? Qual'è il tuo esito? Pensai arrossendo e tremando al pensiero che il fantasma poteva considerarmi "bellissima". Ma... aveva detto, vederci? Aggrottai la fronte e ripetei la domanda numero uno. «Chi è tuo fratello?» «È Pietro, l'hai conosciuto di recente». Spalancai gli occhi confusa. «Pietro? P-Pietro il fantasma?» lui annuì con uno sguardo intenso, privo di umorismo questa volta. «Oh... » Mi apparì davanti l'immagine del fantasma biondino con gli occhi d'acciaio, completamente l'opposto di quello che avevo davanti. Come potevano essere fratelli? Entrambi... morti. Era una cosa orribile. «Mi dispiace». Fu l'unica frase che mi uscì dopo quelle rivelazioni. Come potevo metabolizzare tutto ciò? Il fantasma mi sorrise maledettamente rincuorante, e fece un piccolo movimento per avvicinarsi un pò più a me. «È meglio se dormi adesso, arrivederci, Haley Connery» disse infine alzandosi delicatamente. «Aspetta, non ho sonno! E non ho ancora finito con le doman... » era sparito. Puff! Dov'era? Saltai bruscamente dal letto e affacciai alla finestra. Deserto. Sconcertata, feci una smorfia e andai a coricarmi delusa.

«È scioccante! Tesoro mio, non capisco come fai... sei una forza» disse Peppe mentre mi toglieva la sua sigaretta dalle mani con il suo solito atteggiamento effemminato. Quella mattina mi svegliai super nervosa. Inspiegabilmente, dopo tutte quelle novità, feci il fosso, ma, al mio risveglio, la mia mente era una fabbrica di pensieri negativi. Quella sigaretta alle 9 e 30 del mattino, era la mia salvezza. Troppi pensieri, senza motivo. Sapevo soltanto che l'enigma di quei due fratelli era inconcepibile, e uno dei due doveva smetterla di apparirmi di notte fonda. Sapevo anche che uno dei due aveva qualcosa da dirmi più dell'altro, ma si poneva misteriosamente e aveva un carattere indecifrabile. Infine, sapevo che questo mi aveva toccato, ne ero sicura. Il livido sul polso non me l'ero provocato da sola ed era stato lui, Fabrizio. «E se mi trova in un momento d'intimità? Che so, mentre mi metto la crema per il corpo o per il seno, mentre mi faccio la ceretta, mentre sono in bagno... » esasperata, vedevo già Fabrizio o Pietro apparire in camera mia mentre facevo una di quelle cose. Sarei sprofondata e, probabilmente, avrei costretto la mia famiglia a cambiare città, o addirittura Stato. Il mio pensiero fisso come un chiodo, era quello che volevo patologicamente sapere cosa fosse successo a quei due ragazzi com’erano morti. «Tu tieniti pronta, almeno stanotte. Tanto ritorna, vorrei solo vederlo anch'io» Peppe al pensiero di Fabrizio si morse il labbro con gli occhi dilatati. Stava sognando, era chiaro che stava creando una sua immagine del fantasma. Modalità pervertito: on, pensai facendomi scappare una risata. «A proposito, come va con Sam?» chiesi cercando di fuggire un minuto dai miei pensieri. «Benone. Quest'anno devo uscire dal liceo con almeno 70! Vogliamo vivere insieme e io devo trovare un lavoretto per accomodare» i suoi occhi blu si illuminarono come zaffiri in mezzo a stelle di lentiggini. «Wow, così presto?» era una cosa strana per me, sentire parlare un ragazzo di 18 anni in quel modo. «Io lo amo, Haley», disse infine. «Ti invidio, Pè. Io non so cos'è l'amore. Ho finto per una vita intera di amare qualcuno a cui volevo soltanto bene, per comodità, per abitudine» mi riferii a Jake, il mio defunto ex ragazzo. Al suo pensiero sussultai, mi stavo dimenticando di lui. In effetti stavo dimenticando un pò tutti, anche Claire e James. Cosa potevo farci? Claire non mi aveva richiamata più ed io al momento avevo pensieri meno digeribili. Tutte le promesse fatte fino al momento della partenza, erano crollate come castelli di carte da gioco. «Troverai qualcuno che ti farà tremare dalla testa ai piedi, che ti farà riprodurre milioni di farfalle nello stomaco, che ti illumina appena pronuncia il tuo nome, fidati, se è capitato a me deve capitare anche a te» mi aveva afferrato il braccio mettendolo sotto il suo, e mi sorrise calorosamente. Farfalle nello stomaco, tremolii... sembrava che qualcosa del genere la stessi vivendo proprio in quel momento, solo al pensiero di quel fantasma dai capelli corvini. Cosa? No, no. È un fantasma, Haley! Scossi la testa per cacciarlo via «Torniamo in classe! Sta sigaretta è durata un'eternità».

Quella sera feci come mi aveva detto Peppe. Mi preparai, sia fisicamente sia psicologicamente. Cercai di essere il più ordinata possibile, senza far trapelare che fosse una cosa fatta di proposito. Misi il migliore dei miei pigiami e lasciai il lumino acceso. Temporeggiai leggendo sempre il mio "Dominio della Regina", in attesa che quella creatura tornasse a farmi visita.

Il DonoWhere stories live. Discover now