Capitolo diciotto.

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È una giornata strana.

Tutto quello successo da dopo le feste lo era stato, in realtà.

Recupero il diario che portavo sempre con me e guardo l'orologio, sono le undici del mattino, il treno sta per partire e cinque lunghe ore mi separano dalla destinazione e verso il mio ignoto.

Appena sento le porte chiudersi e il capotreno fischiare, una lacrima mi scende lungo la guancia, non posso credere che stia accadendo di nuovo.

Il treno parte da Milano Centrale e mi sento un po' sollevata nel momento in cui lascia a tutta velocità la città che mi aveva ospitato nell'ultimo anno.

Riesco a tornare lucida e decido di scrivere tutto quello successo negli ultimi sei mesi, partendo dal principio.

"Caro diario,
questa è la storia di mi sono lasciata andare, per l'ennesima volta, agli sbagli.

Tutto ebbe inizio a dicembre.

Per le strade, nei vari negozi, nei semplici vicini di casa, rieccheggiavano risate, si sentiva la vicinanza della famiglia e degli affetti, si sentiva forte lo spirito delle feste.

Dentro di me qualcosa non funzionava, lo avevo capito già da tempo.

Tutto intorno mi rendeva inquieta, malinconica, stanca.

Non ne avevo ancora mai parlato con qualcuno, in nessun modo avrei potuto tormentarli proprio nel momento in cui, in teoria, dovevamo essere presi da una felicità imposta dalla società e dalla comunità solo perché erano le feste di Natale.

In un modo o nell'altro, le feste passarono quasi divertenti, grazie alla compagnia dei ragazzi e della nuova conoscenza, Zoe.

Nella loro casa nuova, si erano spostati dal centro di Milano, nella periferia, in una vecchia grande villa bianca con un enorme giardino e  piscina e si dilettavano nel praticare nuove movenze sullo skate e altre varianti di sport per tenersi in forma.

Tancredi mi aveva invitato lì per non farmi pesare più le spese che comportava la responsabilità di vivere da sola nel centro di Milano, ma avevo declinato la 'convivenza stabile' accettando invece l'invito sincero a passare le feste assieme dopo tanto tempo.

Era strano in quei giorni, non parlava molto, si chiudeva in camera, disegnava o giocava, stava molto sulle sue, così come stavo io.

Passai più tempo con i ragazzi e Zoe che con lui, ma la cosa non fu tanto spiacevole, mi stava aiutando a capire.

All'alba del 31 Dicembre decisi di andare in giro, al centro dopo una settimana chiusa in casa e lontana dal resto del mondo.

Dopo un viaggio infinito, finalmente trovai il conforto nel vedere il mio vialetto di casa accogliente, entrai in casa e notai che la mia coinquilina, Alice, non c'era ma la casa era tutta in ordine, ciò significava che non rientrava da qualche giorno, forse era tornata a casa da sua madre per le feste.

Aprii tutte le finestre e lasciai entrare luce e aria pulita, mi stesi sul letto e rimasi a fissare il soffitto per qualche minuto.

N:"Cosa devo fare? Non sono felice, non come desidero essere"

Mi sorpresi dalle mie stesse parole, finalmente lo stavo ammettendo.

Pensai a Tancredi quasi d'istinto, ormai eravamo usciti allo scoperto, non di certo per volontá nostra e questo ci aveva allontanato invece che avvicinarci.

Nella nostra instabilità si era insunuata un pericolo già conosciuto, l'insicurezza.

Oltre ad essa, tra di noi si era insinuata anche la paura del giudizio.

Io, estranea a tutto questo mondo, presa di mira da persone di cui neanche conoscevo il volto.

Lui, che conosceva perfettamente questo mondo e a cui non voleva espormi cosi brutalmente, divenne più riservato e protettivo.

Tutto questo ci allontanò sempre di più, con il passare dei mesi.

Esiste un detto, caro diario.

Un vaso rotto non può ripararsi, anche se cerchi disperatamente di riunirne tutti i cocci.

Puoi anche chiudere e incastrare i pezzi come un puzzle, ma le crepe ci saranno sempre e tormenteranno sempre il rapporto.

Sempre quella fredda mattina di fine anno, Tancredi mi chiamò, allarmato dalla mia assenza improvvisa.

Mi limitai a rassicurarlo e dicendogli che sarei tornata presto a casa e lui lasciò correre la mia improvvisa fuga in cambio della colazione al letto, che una volta tornata a casa ebbe, gli chiesi scusa e lui disse che non avevo nulla di cui farmi perdonare.

Questo, ovviamente, mi fu detto dopo avermi attratti a sè e di avermi fatta sua, chiedendomi scusa per il suo comportamento degli ultimi giorni, mentre mi accarezzava la spalla nuda e mi lasciava baci sulla fronte sudata.

Comportamenti che sarebbero tornati sempre più intensi nel corso dei mesi, fino a portarmi qui, in una calda mattina di giugno con il volto rigato dalle lacrime su un treno che mi portava lontano da lui.

Caro diario, mi sento vuota."

Angolo autrice:
Eyo! scusate l'assenza, ma ci tengo a scrivere questi ultimi capitoli per bene.
Siamo quasi agli sgoccioli di questa mia avventura.
Fatemi sapere cosa ne pensate, grazie per aver perso qualche minuto a leggermi.
xoxo, D.

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