𝙰𝚖𝚋𝚛𝚘𝚜𝚒𝚊 {𝟛/𝟝}

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Los Angeles - 20 Ottobre 1999

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Los Angeles - 20 Ottobre 1999

«Mi spieghi il motivo, di tutta questa fretta - Abel?» e con nonchalance prese posto sul sedile del passeggero, osservando con pieno disappunto, il ragazzo alla sua sinistra.

«Lo sai che Amanda non tollera i nostri continui ritardi» fece spallucce, stringendo tra le mani, lo sterzo. «E poi volevo fare colazione in tua compagnia» e le sorrise, piegando di poco il viso verso destra.
La giovane ridacchiò sommessamente, rilassandosi nell'istante  dopo, mentre con le dita stringeva il telefono al suo ventre; Dopotutto era contenta di aver parlato, confidato, o meglio raccontato cosa stava vivendo in quel periodo, insieme a quell'uomo.
Abel era un ragazzo, giovane ma pur sempre un ragazzo, che di donne ne aveva avute molte - era scaltro, bello, caparbio, molto simile a lei nei modi di fare e questo loro carattere, questo loro essere completamente affini, li aveva legati visibilmente.

Abel era secondo di tre figli, nato da una famiglia non particolarmente benestante, dove il padre morì quando lui stesso aveva solo tre anni e la madre, donna di sani principi e dedita alla famiglia, riuscì a mandare avanti la sua prole, completamente sola.

«Wow, Nat - non succede tutti i giorni di sentire la propria amica, rivelare di avere una simil relazione con Michael Jackson - ma» e le aveva preso una mano tra le sue, a mo' di conforto. «Sei felice?»

Lo osservava di sottecchi, mentre egli era intento a guidare, completamente assorto dalla strada. Entrambi in silenzio, ella ricordava la loro discussione avvenuta qualche giorno prima, quando decise di raccontare a lui e solamente a lui, quello che stava vivendo. Le mancava Bonnie, le mancava avere quella spalla con cui piangere, con cui ridere, con cui parlare e magari, di tanto in tanto, ricavare consigli - ma lei era lontana, impegnata con il lavoro, con il suo ragazzo e riuscivamo a sentirsi di rado la sera, a telefono.
Sbuffò, oppressa dai suoi tanti pensieri quando la mano del ragazzo, si posò delicatamente sulla sua coscia sinistra e la fece sobbalzare.

«Siamo arrivati. È tutto okay?» le chiese successivamente, captando in lei, l'ansia trapelare dai pori del suo corpo.
Natalie si limitò ad annuire, prima di scendere velocemente dal mezzo ed annullare così, quel poco contatto che vi era stato tra di loro.

«Non lo conosco, Nat. Non posso dirti se il suo interesse sia sincero, reale, neutro. Dopotutto stiamo parlando di un uomo al di fuori del normale, dotato di un talento eccezionale, maestoso. Ero solo un bambino quando lo conobbi alla televisione e ne rimasi imbambolato» e le accarezzò la chioma bionda, mentre entrambi erano seduti sul grande sofà. «Non sono bravo a dare consigli amorosi, sentimentali - in questo mi batti» la prese in giro, ridendo. «Ma se ora sei felice, e lo vedo che lo sei Miller, i tuoi occhi parlano. Non vedo perché questo che stai provando a viverti, sia sbagliato?»

Ricordava le sue parole, mentre osservava torva il lungo e amaro caffè americano che aveva di fronte, rimanendo in un religioso ed assoluto silenzio.
«Nat, mi spieghi che ti succede?» esordí nuovamente il ragazzo, esasperato.

𝐓𝐡𝐞 𝐁𝐫𝐞𝐚𝐭𝐡 | 𝐌𝐉Where stories live. Discover now