Capitolo VII

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Quando la sera sta quasi per calare, intravedo finalmente le luci del porto. Delicatamente, Connor si stacca da me, si alza e si dirige alla cabina di comando per guidare la manovra di attracco. È come svegliarsi da un lungo sonno, il torpore assale ogni parte del mio corpo e istintivamente distendo le gambe per rilassarmi. Sono stata ferma nella stessa posizione per tutto il tempo, con il timore di fare il minimo movimento e rovinare il momento. Probabilmente sarà molto imbarazzante interagire di nuovo con lui, dopo questo inaspettato momento di vicinanza tra di noi che ancora non so spiegarmi razionalmente.

Connor mi aiuta a scendere dall'imbarcazione. Appena poggio i piedi sul legno della banchina, questi mi cedono leggermente. Non faccio in tempo a cercare un appiglio che mi ritrovo il braccio di Connor, attorno alla vita, pronto a sorreggermi. Abbozzo un sorriso imbarazzato e appena mi rimetto saldamente in piedi, avverto il suo braccio staccarsi da me.

«Tutto bene?» mi domanda preoccupato, mentre ci incamminiamo l'uno di fianco all'altro fuori dal porticciolo. Abbiamo le coperte ancora addosso: siamo ancora bagnati e c'è un freddo pungente.

«Sì... è la terraferma, devo riabituarmici» rispondo stringendomi nella coperta.

A un tratto, una figura di bassa statura ci corre goffamente incontro: «Signore, l'ho visto scendere adesso, cos'è successo?» strilla allarmato.

Connor gli sorride e non appena ci raggiunge lo rassicura: «Bob! Sta' tranquillo. Abbiamo solamente fatto un bagno»

Bob, deduco sia il nome dell'ometto che ci è corso incontro, ci guarda con un'espressione che passa dall'apprensione iniziale all'indignazione più assoluta:

«Un bagno vestiti? Signore, le sembra il caso con queste temperature? Sa che soffro di tachicardia? Sa le cose terribili che ho pensato non appena l'ho vista scendere? Sa come sono fatto? Lo sa o non lo sa?» mi lancia un'occhiata, interrompendosi brevemente, per poi riprendere concitato: «Insomma...pure lei, signorina! Lo faccia ragionare! Io gli ho insegnato tutto ciò che so sul mare e i suoi pericoli e mi combina un'insensatezza del genere? Dio mio, ragazzi!»

È avvampato in viso, gesticola e ha il fiato corto.

Connor trattiene - non riuscendoci - una risata: «Non è successo niente. Davvero, non serve che ti agiti! Marina non sarà contenta di doverti misurare di nuovo la pressione» risponde divertito.

«Comunque...» aggiunge spostando lo sguardo da Bob a me: «Lei è Olivia Bowls, lavora per me».

Bob si toglie il berretto e mi porge la sua mano tozza: «Piacere di conoscerla, signorina Bowls. Io sono Robert...detto Bob. Mi occupo di gestire tutto ciò» mi dice indicando con un dito il porto e le barche intorno a lui.

«Il piacere è tutto mio. Mi dispiace averla fatta preoccupare»

Anch'io, come Connor, fatico a trattenere le risate. La sceneggiata di Bob è stata esilarante anche se, devo ammettere, mi dispiace che questo pover uomo si sia agitato così tanto.

«Bob, noi stiamo tornando a casa. É stata una giornata lunga e ci fa freddo, come puoi ben immaginare...» inizia a dire Connor.

«Incoscienti» sbuffa lui «Sparite da qui e andate ad asciugarvi immediatamente» ci ordina, interrompendo bruscamente Pence.

Connor alza un sopracciglio, nei suoi occhi scorgo un lampo di divertimento: «Era proprio quello che stavo per dire, Bob»

«Ho detto sparite, prima che...»

Connor mi afferra di scatto la mano e mi trascina via con sè correndo, senza dare a Bob il tempo di finire di formulare la minaccia. Lo seguo senza pensarci e quando siamo a diversi metri di lontananza dall'anziano guardiano, urla per salutarlo: «Ci becchiamo, Bob!»

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