Capitolo XXIV

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Iago è seduto al centro di un'anonima stanza dalle pareti spoglie e spente. Ha le mani poggiate sul tavolo, tenute insieme da delle manette. La lampada al neon ne fa luccicare il metallo e illumina freddamente il resto dell'ambiente.

Sempre elegante, mantiene la sua dignità come se fosse seduto sullo sgabello di un bar in attesa del suo whiskey invece che in una sala interrogatori. Dal vetro oscurato ai lati della stanza lo osservo senza che lui lo sappia. La sua giacca nera aperta lascia intravedere una camicia bianco latte. È talmente ordinato che fatico a credere alla storia che mi hanno raccontato.

Lo hanno fermato al confine dello Stato, colto in flagrante mentre pedinava l'auto che scortava Martha e Claire fino a Santa Monica. C'è stata una breve colluttazione, ma appena gli agenti della scorta hanno cacciato le armi si è miracolosamente arreso. Si è consegnato senza sparare un colpo, senza nemmeno la voglia di provare a difendersi. Non è da lui commettere una leggerezze simili, tantomeno arrendersi senza combattere.

Abigail, al mio fianco, incrocia le braccia al petto: «Sta così da quando è arrivato, non vuole parlare con nessuno – inizia a spiegare a me e a Connor – Ma è l'unico che sa dove si trova quella stronza. Capite cosa significa? Lo capisci, Olivia?» m'incalza, girando il busto verso di me.

M'immedesimo nello stato d'animo dell'Ispettrice Walls: abbiamo finalmente qualcuno che può portarci da Linnet, della quale si sono perse le tracce da mesi. Fonti a Behrain dicono che le armi continuano ad arrivare ed è questione di poco prima che ne abbiano talemente tante da poter tentare un colpo di stato.

Il piano iniziale ero io: secondo gli accordi, una volta completato l'addestramento, sarei dovuta tornare ad Atlanta e trovare un modo per rientrare nelle grazie di Iago. Avrei dovuto concludere ciò che aveva cominciato Connor, ma con risultati migliori.

Tuttavia, il fatto che Iago stesse inseguendo Martha e Claire significa che - per qualche assurdo motivo - ha capito che c'è qualcosa sotto ed ha sconvolto tutte le carte in tavola.

«Cosa dovrei fare adesso?» chiedo.

Tiro un respiro profondo. Ho paura che la mia inutilità mandi a monte tutti gli accordi che ho stipulato con gran fatica: il passaporto, la mia libertà, il processo evitato.

La mano di Connor si poggia sulla mia spalla, stingendola delicatamente: «Stai tranquilla - cerca di consolarmi - tu continuerai...»

Abigail lo interrompe con un gesto della mano, sbrigativa: «I patti sono chiari: devi parlare con Moles e farti dire tutto ciò che sa su Linnet Rogerway. Altrimenti salta tutto, mi dispiace»

«Iago non lo farà mai, Abigail. Ti rendi conto che molto probabilmente sa benissimo che Olivia stava per fotterlo?» protesta Connor.

«Lei è l'unica che può farlo parlare» ribatte cocciuta, allontanandosi di pochi passi dall'enorme vetrata scura che ci offre la perfetta visuale di Iago.

«Stava inseguendo mia sorella e Martha. Voleva farmela pagare. Non lo hai capito? Non parlerà mai con me, quell'uomo è un mostro. Dio solo sa cosa aveva in mente!» m'intrometto alzando la voce, ma lei rimane impassibile.

I suoi occhi color ghiaccio mi trafiggono, senza pietà. È in quella spietatezza che trovo il coraggio di afferrare a piene mani la situazione e allungare un passo verso la porta. Con Abigail ogni battaglia è persa, tanto vale tentare.

Connor si volta verso di me, non appena mi vede raggiungere l'uscita: «Dove pensi di andare?» mi richiama, alzando un sopracciglio con aria eloquente.

«Beh, non mi resta altra scelta» rispondo facendo spallucce.

Abbasso la mano sulla maniglia di plastica della porta, la quale si apre e mi catapulta all'interno della sala interrogatori. Abigail non proferisce parola, si limita a riportare gli occhi sul vetro. È pronta a godersi lo spettacolo di me, in mezzo all'area, e di Iago, il leone pronto a sbranarmi.

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