Héros - deuxième partie

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1.

L'attacco akuma era arrivato senza alcun tipo di preavviso.
Come sempre, d'altronde.
Marinette era in panico.
Non sapeva cosa fare, né come comportarsi.
Erano passati cinque lunghissimi, orribili giorni da quella sera sugli Champs-Elysées. E da allora lei e Adrien non si erano più parlati.
Era stato straziante svegliarsi la mattina senza avere già dieci notifiche di Adrien, andare a scuola senza poter passare i primi minuti in cortile con lui, a ridere e scherzare.
Guardare la sua schiena dal banco e sapere che non aveva più il diritto di pensare che sarebbe stata sua per sempre.
Tornare a casa da sola, senza lui che insisteva ogni volta per accompagnarla, senza un bacio sempre troppo breve sulla soglia di casa.
Andare a dormire senza lui che le augurasse la buonanotte, premuroso, dolce e terribilmente affettuoso come sempre.
Vivere senza la voce della sua risata che le rischiarava la giornata, senza quelle battute stupide che all'inizio proprio non sopportava.
Tutte queste mancanze la atterrivano, e le impedivano di formulare pensieri di senso compiuto.
Forse, dopotutto, aveva ragione lui.
Come sempre, d'altronde.
Forse era vero che insieme sarebbe stato tutto più facile, e che avrebbero trovato un modo per risolvere la situazione, che, per la cronaca, andava peggiorando sempre di più.
Soltanto negli ultimi giorni erano usciti centinaia di articoli, su giornali e riviste online, addirittura servizi ai telegiornali, intere puntate dedicate nei talk show, migliaia di post e commenti sui social. Tutti riguardanti la relazione tra Ladybug e Chat Noir, e la brutta ripercussione che stava avendo sulla loro vita da supereroi.
Decine di dubbi infestavano le menti dei parigini.
Quanto ancora sarebbe andata avanti questa situazione?
La tanto agognata relazione tra i due non era forse evitabile?
Perché stavano facendo di tutto per evitare la stampa quando era evidente quello che c'era tra di loro?
Stavano insieme anche nella vita vera oppure non conoscevano la loro identità dietro la maschera?
Sarebbero riusciti ad unire le loro forze per sconfiggere finalmente Papillon?
Marinette non riusciva a non disperarsi fronte a tutte quelle domande, e in quel momento l'unica cosa che avrebbe voluto erano le braccia di Adrien intorno a sé, le sue parole incoraggianti sussurrate contro l'orecchio.
E in tutto questo, non aveva ancora idea di cosa fare.
Mettere definitivamente da parte i propri sentimenti per il bene di Parigi? Ma a cosa avrebbe portato? Chi le assicurava che, con una rottura, tra lei e Chat Noir le cose sarebbero tornate come prima?
Oppure, restare con Adrien e cercare di collaborare al fine di diventare una squadra ancora più unita, lavorare insieme per sconfiggere Papillon e ripristinare l'ordine nella città? Ma cosa le assicurava, qui, che sarebbe stato possibile trovare un punto d'incontro, un equilibrio tra i loro sentimenti e la loro relazione tra supereroi?
Marinette fu destata dallo squillo del telefono che preannunciava un nuovo attacco.
Scattò in piedi.
L'ultima cosa che ci voleva, adesso, era rivedere Adrien. Affrontare il suo sguardo duro, offeso. Sentire su di sé i suoi occhi, o, peggio, non sentirli affatto.
Ricacciò indietro le lacrime, stanca di stare sempre lì a commiserarsi. Si sforzò di prendere le redini della situazione. Si trasformò e saltò fuori dalla finestra, iniziando a saltellare sui tetti fino ad arrivare alla piazza del Louvre.
Luogo appartato, c'è da dire.
Perfetto per un incontro del genere: sotto i riflettori, gli sguardi e i giudizi di tutti.
Ingoiò di nuovo il malloppo che avvertiva in gola e si fece coraggio.
Se voleva riuscire, avrebbe dovuto prendere la situazione di petto, senza farsi travolgere dai sentimentalismi.
Così, carica di buoni propositi, si diresse in battaglia.
Ma poi il suo sguardo incrociò quello verde di Chat Noir, e tutto il mondo divenne sfocato.

***

Alla vista di Ladybug, Adrien boccheggiò. Aveva bisogno d'aria. Tanta aria.
Si passò una mano tra i capelli, stando attento a non graffiare le sue orecchie con gli artigli, e si costrinse a rimanere il più indifferente possibile.
Quei giorni senza di lei erano stati un inferno. Alcuni tra i più brutti della sua vita.
E sapere che la colpa di tutta quella situazione fosse solo ed esclusivamente sua lo uccideva più di qualunque altro pensiero.
Era colpa sua se Marinette aveva ritenuto necessario prendersi una pausa per ristabilire l'equilibrio tra di loro. Se aveva dovuto mettere da parte i propri sentimenti in quella che era stata una delle decisioni più difficili della sua vita.
Non riusciva a credere di essere stato tanto stupido da mandare tutto ai quattro venti. Aveva passato in rassegna tutti i loro ricordi più belli, sin da quando si erano conosciuti. Ed era stato quasi divertente constatare come quei ricordi fossero 'doppi'. Dei suoi momenti con Marinette e di quelli con Ladybug.
D'altra parte, però, doveva anche ammettere di essere terribilmente arrabbiato con Marinette.
Perché aveva interrotto ogni comunicazione tra di loro, ogni legame.
Dal suo canto, lui era ancora convinto che insieme sarebbero riusciti a trovare un equilibrio, ma lei era troppo cocciuta per accettare una qualsiasi opinione diversa dalla sua.
E questo era un aspetto del carattere di Marinette che Adrien ancora faticava ad accettare, soprattutto dopo quello che era successo.
Nel frattempo, di fronte a lui, Ladybug stava avanzando, ora sempre più vicina. Si scambiarono uno sguardo velocissimo, in cui ognuno fu in grado di leggere le sofferenze dell'altro, poi Chat Noir interruppe quell'intreccio, proprio mentre Marinette stava facendo per parlare.
Chat Noir si costrinse a non soffermare i suoi occhi sulle sue labbra rosee, socchiuse, leggermente tremolanti. Invece, disse: "Dobbiamo sbrigarci prima che il Fabbro* distrugga mezza città."
Fece per voltarsi, quando avvertì una leggera pressione in corrispondenza polso destro. Era la prima volta che i loro corpi si toccavano da quasi una settimana, sebbene ci fossero ancora le stoffe dei loro costumi a dividerli.
Guardandola ancora una volta, Adrien si trattenne dal desiderio di stringerla tra le sue braccia e coprire quelle tremule labbra di baci.
"A-Adrien..." mormorò Ladybug, senza neanche accorgersene. Il respiro le si mozzò in gola, mentre il cuore batteva all'impazzata nel petto.
Nell'aria intorno non un rumore, non un sospiro.
Lui ritrasse il braccio, sciogliendo il loro tocco. "Chat Noir, se non ti dispiace."
Si pentì subito di aver pronunciato quelle parole in un tono così aspro, e avrebbe dato qualsiasi cosa pur di tornare indietro di qualche secondo per rimangiarsele.
'Marinette'.
Il nome di lei rimase soltanto una bozza sulle labbra di Adrien. Non aveva il coraggio di pronunciarlo.
Le ciglia di Ladybug sfarfallarono, proprio come quella sera di cinque giorni prima, proprio come ogni istante prima che le lacrime riducano il mondo intorno ad una semplice chiazza sfocata.
Ma non quella volta. Negli ultimi giorni era successo fin troppe volte.
Ladybug deglutì, lo sguardo rivolto verso il cielo azzurro per ricacciare indietro le lacrime.
Un boato risuonò nell'aria. Una bomba era esplosa.
Marinette scattò sul posto, il suo yo-yo già pronto all'azione.
"Andiamo allora, Chat Noir."
Non Micetto, Gattino, Chaton. Solo un freddo e formale Chat Noir.

Ces deux sont faits l'un pour l'autreDove le storie prendono vita. Scoprilo ora