Rêve

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1.

Marinette sedeva ad un tavolino appartato nel loro locale preferito, quello che serviva i dolci più buoni di Parigi dopo la panetteria Dupain. Adrien si fermò ad osservarla dietro la vetrata, quella figura esile e dolce, il mento sorretto dal palmo della mano sinistra e le gambe accavallate con talmente tanta grazia da farlo sembrare il gesto più naturale al mondo.

La osservava ancora mentre lei gettava un'occhiata veloce all'orologio appeso sulla parete del caffè, e poi un'altra a quello del telefono, come per accertarsi che davvero fosse così tardi.

Che davvero lui stesse tardando al loro appuntamento. 

Ancora in strada, Adrien non capiva bene perché non si decidesse ad entrare e raggiungerla. O meglio, sapeva perfettamente il motivo, eppure gli pareva tanto stupido che non voleva nemmeno considerarlo.

Adesso Marinette aveva catturato un labbro tra i denti e lo stava mordicchiando nervosamente, forse valutando se aspettarlo ancora un po' o chiamarlo subito.

Se non si fosse limitato ad osservarla indisturbato dalla vetrina del locale, quasi come lei fosse una bambola da esposizione, Adrien avrebbe sicuramente notato il leggero tremolio delle dita di Marinette che picchiettavano languide sul tavolo, o il rintocco nervoso e frenetico dei suoi piedi. Avanti e indietro, avanti e indietro.

Non se ne era accorto, perché non aveva la sua vista da gatto, e perché la stava guardando piuttosto da lontano, eppure riusciva perfettamente a percepire il suo nervosismo. Il che era molto strano, perché nonostante avvertisse tutta la sua preoccupazione, Adrien non stava facendo nulla per farle sapere che lui stava bene, che era nascosto lì, proprio dietro la finestra. Rimase fermo dov'era, ripensando a quello che forse era il motivo che lo stava trattenendo dal raggiungerla e... no, non poteva essere.

E sarebbe rimasto fermo anche tutto il pomeriggio se lei non avesse rivolto impaziente uno sguardo fuori dal locale, e non lo avesse visto lì, dritto come un bamboccio.

Allora un sorriso le sbocciò sulle labbra rosee e tutta la tensione scemò via dal suo viso.

A quel punto, Adrien avvertì come una molla scattare nel petto, ricambiò il sorriso di lei, seppur senza troppa convinzione, e le gambe gli permisero di muoversi ed entrare nel caffè. Un piccolo tintinnio lo accolse all'ingresso, insieme con l'odore di zucchero e cioccolato. Il tavolo su cui lui e Marinette sedevano sempre era separato dagli altri da una piccola aiuola di fiori ogni volta diversi, così che potessero parlare di affari da supereroi senza il rischio di essere uditi da orecchie indiscrete.

Quando Adrien la raggiunse, Marinette si alzò in piedi per salutarlo con un unico, fluido movimento. Avvertì le sue braccia esili circondargli il collo e due soffici labbra stampargli un bacio sulla guancia.

"Sai" un sussurro gli provocò un brivido "mentre mi stavi facendo aspettare seduta qui, sola soletta, mi sono divertita a preparare tutta una serie di rimproveri da farti non appena fossi arrivato. Tuttavia" e la voce di Marinette si abbassò ancora di qualche tono, e un'altra scia di brividi gli attraversò la schiena "ritengo molto probabile che tu sia stato lì fuori a fissarmi per un buon quarto d'ora, e non so se esserne lusingata" un bacino sulla tempia "o imbarazzata" un altro sotto l'orecchio "o arrabbiata". Niente bacino, stavolta.

Adrien sorrise sornione, cercando di ignorare l'effetto che aveva su di lui il respiro caldo di Marinette che ancora gli batteva sul collo. Le posò una mano sulla vita, facendola voltare leggermente, giusto il necessario per salutarla con un bacio. A pochi centimetri dal viso di lei mormorò: "Mi dispiace".

Lei corrugò un poco le sopracciglia. "Per cosa?"

"Per averti fatta aspettare."

Lei accennò ad un sorriso, e poggiò la fronte su quella di Adrien. "Non mi hai ancora detto se devo esserne lusingata o imbarazzata o arrabbiata."

Ces deux sont faits l'un pour l'autreDove le storie prendono vita. Scoprilo ora