18. ti voglio bene. tanto, tanto, tanto. troppo.

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La luna accarezzava i dolci lineamenti di Jisung, che scosse il capo con un sorriso timido sulle labbra. «Non disturbi. Era solo mia mamma che mi chiedeva come stava andando la serata» spiegò, arrossendo leggermente, e distolse lo sguardo dagli occhi di Minho, le guance rosse.

Il maggiore sorrise. «Capisco» disse e si morse il labbro inferiore, senza sapere bene cosa dire per portare avanti al conversazione. «Mia mamma invece si preoccupa per me una volta al mese» fu l'unica cosa che gli venne in mente. Stava per darsi dello stupido, quando una bassa melodia raggiunse le sue orecchie. Si voltò di scatto e vide Jisung tapparsi la bocca con una mano per trattenere le risate, sebbene le sue spalle continuassero a tremare. Minho gli diede una spinta, molto leggera affinché non cadesse. «Dovresti smetterla di prendermi così tanto in giro!» esclamò.

Jisung, ormai scoperto, lasciò cadere le braccia sulle gambe e si piegò in avanti, ridendo di gusto. «Scusami, è che è stato tutto così... causale» provò a spiegarsi, appoggiando la fronte contro la catena dell'altalena, mentre un sorrisetto continuava a piegare le sue labbra. «E poi, non ci credo che si comporti così adesso che sei lontano da casa!»

Minho fece una smorfia. «Se un giorno la conoscerai, finirà per voler bene più a te che a me, come è successo con tutti i miei amici» replicò con un sorriso.

Jisung ridacchiò e annuì. «Sono sinceramente curioso.»

«La prossima volta che vado a Busan, verrai con me. È deciso» affermò Minho e, sorprendentemente, credeva davvero a quelle parole. Si rese conto di voler conoscere meglio Jisung. C'era qualcosa in lui che lo incuriosiva. Forse aveva ancora in mente i giorni in cui sembrava spento, come se gli fosse stata tolta l'anima dal corpo, e avrebbe voluto aiutarlo a stare meglio; forse era solo il sesto senso che gli suggeriva che fossero più simili di quanto credeva: entrambi amavano gli anime e la musica, due motivi più che validi per provare a diventare amici, no? Poi, nell'osservarlo, Minho aveva ritrovato un po' di se stesso del passato nello sguardo che Jisung rivolgeva al mondo, con occhi attenti e pronti ad acciuffare qualsiasi dettaglio della vita per poi trasformarlo in arte – anche se non era sicuro che Jisung scrivesse musica.

A quelle parole, Jisung arrossì violentemente e iniziò a balbettare. «M-ma... cioè, non si-siamo nemmeno così amici!» esclamò.

Minho scoppiò a ridere. «Che carino» mormorò, allungando le mani verso il viso del ragazzo per stringere le sue guance rosse e paffute fra le dita.

Jisung gli afferrò i polsi e spinse la sua altalena lontano dalla propria. «Non prendermi in giro!»

«Ma se tu lo stai facendo da tutta la sera?» gli fece notare Minho alzando un sopracciglio. Appoggiò le punte delle scarpe per terra per frenare l'altalena e sorrise nel vedere Jisung abbassare lo sguardo a terra, colpevole. «Comunque, possiamo sempre diventare più amici di così, no? Oppure il nostro principino Han Jisung pensa che io non sia all'altezza?»

Jisung alzò la testa di scatto, guardandolo sorpreso, come se avesse appena detto qualcosa di sbagliato. Minho stava per chiedergli se era tutto a posto, quando Jisung gli rivolse uno dei suoi sorrisi luminosi, così rari nel suo volto, eppure così familiari in un certo qual senso, un po' come il calore del sole primaverile dopo un lungo inverno. «Penso che tu sia all'altezza, dai. Se poi possiamo chiamarla altezza, la tua» disse, alzandosi dall'altalena e cominciando a camminare all'indietro.

Minho ci mise qualche secondo a realizzare quello che aveva appena sentito. Quando finalmente comprese il vero significato delle sue parole, spalancò gli occhi e lo guardò incredulo. «Jisung, vuoi per caso che io vada in galera?» gli domandò e si alzò, iniziando a tirarsi su le maniche della camicia. «La strada che hai imboccato ha come ultima fermata la morte.»

ikigai ; minsungWhere stories live. Discover now