Antonio Marchesi

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Quando riapparve nella sua stanza, Davide si portò una mano al petto per riprendere fiato. Il colpo partito nel 2492 lo aveva colpito al fianco, a livello superficiale, ma aveva bucato i vestiti e iniziato a sanguinare.

“Merda.”

Se quello che aveva detto Cassio era vero, doveva agire in fretta. Gli agenti dell’Accademia si sarebbero trovati lì non appena qualcuno del 2492 si fosse catapultato nella sua linea temporale per informare i suoi superiori. 

“Blindare porta,” disse come prima cosa, non appena si rese conto di dove si trovava.

Sentì lo scattare della serratura e tirò un sospiro di sollievo.

Non aveva tempo da perdere. Sarebbe tornato indietro nel tempo, nel luogo in cui si sarebbe costruita la base dell’Accademia, dove il suo fondatore allora aveva la sua casa. Davide aveva studiato la sua vita e le origini dell’Accademia, sapeva dove avrebbe trovato l’uomo prima che diventasse il direttore di tutta la baracca. 

Sarebbe saltato indietro e l’avrebbe ucciso prima della fondazione dell’Accademia, azzerando la linea temporale e cancellando tutti gli omicidi e i soprusi compiuti in nome di qualcosa che non esisteva. 

Prima però gli sarebbe servita un’arma, non sarebbe potuto saltare indietro disarmato, non avrebbe avuto modo di agire.

Attraversò la stanza per andare in armeria, sperando che non lo fermassero per chiedergli di farsi controllare la ferita, quando vide il sensore della porta della sua stanza scattare, come se qualcuno avesse cercato di aprirla.

Si fermò immobile, trattenendo il respiro.

Terenzi?” la voce del generale Ferretti si udì da oltre la porta e a Davide si gelò il sangue nelle vene. “Terenzi, è in arresto per alto tradimento. Esca subito da questa stanza o provvederemo a usare le maniere forti.

“Merda, merda, merda.”

Fece un passo indietro, allontanandosi dalla porta. Si guardò intorno cercando qualcosa, qualunque cosa che potesse usare per difendersi, ma non ce n’era traccia.

Nella sua stanza aveva solo i vestiti, qualche libro, il tablet e le sue caramelle alla liquirizia.

Era in trappola, disarmato e solo. Sarebbero riusciti ad aprire la porta e gli avrebbero cancellato la memoria, l’avrebbero incarcerato e ucciso. Era finita. Così fece l’unica cosa che gli venne in mente di fare.

“Chiama Cassio,” disse all’AI della sua stanza. 

Qualcuno chiami un meccanico! Dobbiamo aprire questa porta!

Davide si lasciò cadere sul letto, tenendosi il fianco che era stato colpito con un gemito di dolore. Sperò che non si infettasse, la ferita aperta che grattava sulla stoffa bucata dei suoi abiti.

L’ologramma di Cassio apparve al centro della stanza. Avrebbe dovuto salutarlo, scusarsi per non essere riuscito a fare ciò che aveva chiesto, vederlo un’ultima volta prima della fine, solo un minuto.

Si tenne il fianco con una smorfia mentre osservava l’ologramma fedele che si guardava intorno per cercarlo.

“Ehi,” disse, col tono morbido come il velluto che riservava a lui e a lui soltanto. “Che c’è? Stai venendo qui?”

Accademia CronoWhere stories live. Discover now