1° ottobre
Napoleone si era perfettamente ambientato nel suo nuovo contesto lavorativo, sin dal primo giorno; inizialmente fu accolto quasi con indifferenza dai suoi colleghi, tra questi i più illustri Jean-Girard Lacuée, César-Gabriel Berthier e Pierre-Victor Houdon, aveva potuto scorgere un po' di disappunto nei loro sguardi. Probabilmente era per il fatto che erano a conoscenza del del suo passato, della sua breve reclusione in carcere. Ma a lui non importava. Era abituato ad agire in solitaria, a starsene per fatti suoi, ad apprendere senza che la sua presenza venisse notata.
Poche ore dopo, però, vedendolo prepararsi e mettersi immediatamente a disposizione per capire cosa fare, i dissidi si erano sciolti immediatamente e la collaborazione era entrata, facendo capolino tra loro. Buonaparte aveva cercato di non dimostrare astio ai suoi colleghi, proprio perché sapeva che erano uomini di grande talento, esperti nel loro mestiere. E lui aveva un desiderio viscerale di impegnarsi in qualcosa, di non starsene con le mani in mano.
Gli uomini che lavoravano lì, inoltre, erano più anziani di lui, e la vista di un giovane aveva certamente suscitato perplessità. Il giovane generale non ci faceva nemmeno più caso, perché era la reazione che avevamo tutti. Come se fosse assurdo che un giovane della sua età non potesse essere già generale e dimostrare le sue abilità. Ma era pronto a farli cambiare idea e così era stato, rivelando subito la sua grande intelligenza e prontezza. Ascoltava i colleghi con attenzione, poneva domande, capiva al volo e nel rifarlo, per mostrare di aver compreso, ripeteva tutto in modo perfetto. La memoria fotografica si rivelava fondamentale in contesti come questo.
Questa esperienza approfondiva le sue già vaste nozioni, e non si vergognava della sua ignoranza in alcune cose, anzi ammetterla era segno di saggezza e anche di umiltà. In fondo c'era sempre da imparare nella vita, altrimenti sarebbe stata un'esistenza misera e insignificante. Era giovane e sapeva che aveva ancora molto da apprendere, non aveva la presunzione di certi individui che si vantavano di essere pozzi di sapienza, poiché spesso non erano altro che degli sciocchi. Era più vicino al pensiero di Socrate, il quale, come lui, non esitava a ribadire la propria ignoranza.
Oltre a ciò, l'orario di lavoro dell'agenzia topografica, con due turni, uno che durava dalle 13 alle 17 e un altro dalle 23 alle 3, gli permetteva di dedicarsi ampiamente ad altre attività. Negli ultimi tempi la scrittura era tornata ad essere il suo rimedio personale con cui sfogare la frustrazione a causa della condizione in cui, nonostante l'assunzione all'agenzia, viveva e non aveva idea di quanto sarebbe durata. Seppur ribadisse, a gran voce, a chiunque lo conoscesse che la rottura con Desirée fosse ormai acqua passata, in realtà quel rifiuto gli bruciava ancora, la ferita era vivida più che mai in una delle tante crepe del suo cuore.
E tale irrazionalità lo faceva stare male, perché si era convinto di avere ormai totale controllo sui suoi sentimenti, soprattutto nei riguardi dell'amore, che fino all'incontro con la giovane Clary, non era stato così coinvolgente. Non che fosse stato divorato dalla passione, non era ancora arrivato al livello di perdere realmente la testa per una donna "E forse non accadrà" si diceva, autoconvincendosi che mai più sarebbe accaduto qualcosa del genere. La sua ex fidanzata sarebbe stata l'ultima donna amata "D'ora in poi cercherò di unirmi solo a donne che possono aiutarmi economicamente o di prestigio, senza doverle amare per forza". Non aveva alcuna intenzione di rinunciare al suo desiderio di avere una famiglia soltanto per colpa di donne infedeli e scostanti.
22 agosto
Infatti passeggiando tra le strade della capitale, aveva avuto modo di incrociare una vecchia conoscenza di famiglia, che come loro, era dovuta scappare per avere salva la vita. Era la famiglia Permon, che per anni era vissuta in Corsica, ad Ajaccio e aveva stretto un grande rapporto con i Buonaparte, il capofamiglia, Charles Martin Permon, deceduto da poco tempo, era un ex amministratore, mentre la moglie Laure-Marie "Panoria" Stéphanopoli di Conmène, discendeva da una dinastia di imperatori bizantini, i Conmeni, fuggiti dopo la caduta dell'Impero d'Oriente per mano degli Ottomani. Per lui fu un segno fortunato, per non dire propizio.
Non aveva perso tempo e si era documentato in modo capillare per scoprire dove abitassero ed approfittare, così, della vedovanza della donna per farsi avanti. Non gli importava della differenza d'età rispetto alla sua, né che avesse già dei figli; contava il fatto che avrebbe potuto legarsi ad una persona di grande discendenza e cultura, sicuramente ricca. Era un'occasione più unica che rara.
Così non appena si era documentato a sufficienza, si palesò da loro, ovviamente il suo aspetto trasandato e misero rivelava la sua condizione. Ma bastò pronunciare il nome per far ricordare a Laure-Marie di quel bambino ribelle e solitario che aveva avuto di intravedere quando risiedeva nell'isola. Il figlio più grande, Albert, poco più grande di lui, aveva circa una trentina di anni, siccome era l'unico maschio sopravvissuto e il nuovo capofamiglia, lo accolse più che volentieri in casa - Vi ringrazio molto - aveva detto Napoleone una volta accomodatosi sul divano.
- Ma figuratevi - aveva risposto la donna con tanta gentilezza - Siete cresciuto molto dall'ultima volta che ci siamo visti, a stento vi ho riconosciuto... - aveva continuato guardandolo curiosa. Accanto a lei c'era una bambina Laure, non poteva avere più di dodici anni, che stava fissando quello strano ragazzo allo stesso modo della madre: era seduto a gambe incrociate, teneva stretto un logoro cappello tondo tra le mani, aveva tolto il cappotto che portava anche d'estate a causa della sua magrezza eccessiva, e i capelli lunghi e lisci, malcipriati, finivano sulle spalle. Si era chiesta come facesse a stare in piedi, perché mostrava una vitalità, un'energia inaspettata.
- Posso comprendere, madame - aveva iniziato Napoleone cortesemente - Siete partita con il vostro consorte, che riposi in pace, subito dopo il mio arrivo in Francia per studiare in Francia, da quel momento non ci siamo più visti - la voce era pacata, il tono basso e parlava con uno spiccato accento straniero, osservava la piccola e sveglia figliola, e gesticolava animatamente, volendo quasi accompagnare le parole con le mani affusolate, prive di guanti. La bambina lo aveva trovato interessante, pur essendo bizzarro. Dopo aver elencato, con rammarico, le disgrazie reciproche, il giovane aveva rivelato il motivo per cui era giunto lì.
La donna non si era stupita di quella proposta, ma ovviamente aveva fatto presente al ragazzo che avrebbe voluto godersi un po' di tranquillità e che voleva pensarci su. Buonaparte aveva accettato. Era una risposta razionale e giustificabile, per il generale si era mostrata una donna con cui discutere; anche se persino con lei aveva parlato in modo poco consono per un uomo, nei confronti del gentil sesso. Laure-Marie lo aveva attribuito alla giovane età e alla sua origine isolana, non ci aveva dato molto peso.
Differentemente dalla figlia che
con grande arguzia e sarcasmo non aveva esitato a criticare scherzosamente il ragazzo. A Napoleone era piaciuta da subito la vivace prontezza della bambina, così come quella dell'altro figlio. Era entrato subito in buoni rapporti con loro, trovando piacevole la loro presenza ogni qualvolta andava a trovarli, la mattina presto, poco prima di andare all'agenzia.24 agosto
Quel giorno di fine agosto presentò loro i suoi due aiutanti di campo e discussero pure di politica - Avete sentito che quest'oggi verrà approvata la nuova costituzione madame? Si dice che con questo sistema si risolveranno i problemi della nazione, in quanto con due camere separate e cinque direttori a dirigere la nazione non ci sarà alcun rischio di un ritorno ad un regime simile a quello del Terrore... - riferì il corso prontamente, mostrando il giornale fresco di stampa.
La donna annuì ma delegò la risposta al figlio, il quale diede una rapida occhiata al giornale che aveva occupato gran parte del tavolo e disse - Immagino che per voi non sia così...
- Esattamente, per me non è che copia mal riuscita del governo precedente, almeno durante il Terrore si era cercato di tenere saldo il potere per gestire l'emergenza del paese - confermò Napoleone, sporgendosi verso di lui, per guardare da vicino le sue reazioni. Poggiò i gomiti sulle gambe e la testa sulle mani, i capelli che gli coprirono gran parte del viso - Credono che il peggio sia passato ma le frontiere sono in una situazione penosa, mi chiedo per quanto possano resistere ancora al nemico, Carnot non è Dio, non fa miracoli... - concluse poi affermando - In caso come questi ci vuole il pugno di ferro o quanto meno un polso deciso, fermo, che non faccia parte di alcun partito, ma che, anzi, appartenga esclusivamente al popolo e allo stato, dubito che quegli idioti rinuncerebbero ai loro interessi per badare a quelli del paese... - dopodiché controllò l'ora, vide che doveva rientrare, li salutò e si avviò.