Capitolo 7 - L'uomo più forte del mondo è colui che sa stare da solo -

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Nelle ore successive al suo arrivo, il disagio nei confronti i suoi coetanei e non francesi, considerati, visti, come nemici, cresceva a dismisura, ma riusciva, seppur faticosamente, a tenere a bada i suoi istinti. Lo aveva promesso a sé stesso e a suo padre.

- Eccolo lì, il ragazzo corso! - indicò sottovoce, con aria di superiorità, uno dei suoi compagni di classe - Si vede che è un poveraccio

- Sì - ridacchiò l'altro seduto al suo fianco - Ostenta una sicurezza che non avrà mai, in fondo lo sappiamo tutti che si trova qui solo grazie ad una borsa di studio ricevuta per pietà e non perché è un vero nobile

- Eh sì, hai proprio ragione - confermò un altro compagno celando la bocca con le mani per non farsi beccare - Non so chi l'abbia fatto venire qui, ma chiunque esso sia è proprio cieco oltre che stupido

Ma Napoleone li aveva sentiti eccome e il sangue gli ribolliva nelle vene, la sua pazienza era messa a dura prova in quel posto. Aprì un libro preso dalla sua biblioteca portatile e cominciò a leggerlo, cercando di calmarsi, anche se non riusciva a concentrarsi. Il pensiero era fisso su quei maledetti francesi che lo avevano adocchiato, preso di mira dal primo istante, e non la smettevano di tormentarlo. Lo giudicavano, lo schernivano come fosse un fenomeno da baraccone giunto lì per farli divertire.

Uno dei due, che era flaccido e incredibilmente grasso per la sua età, si alzò e gli si posizionò davanti, sogghignando beffardamente - Ehi tu, corso - gli disse presuntuoso, ponendo un accento sgradevole sull'ultima parola. Napoleone, però, sembrava non badargli. Da dietro il libro aveva spostato le pupille nella sua direzione, senza farsi notare. Il nobile insisteva nel chiamarlo in modo arrogante, tuttavia, non riusciva ad attirare la sua attenzione o a parlargli. Era come se fosse circondato da una bolla che evitava ogni contatto - Ti hanno mangiato la lingua?! Non rispondi eh? Credi di essere furbo, in realtà sei solo un debole, un sottomesso... - continuava a provocarlo, eppure niente pareva smuoverlo, almeno apparentemente.

Si allontanò momentaneamente da lui e il corso poté tirare un sospiro, non di sollievo, poiché aveva intuito che quel maledetto francese aveva qualcosa in mente, e l'istinto gli diceva che non era affatto piacevole. Perciò rimase in quella posizione e in silenzio, pronto ad incassare ancora, con enorme fatica. Intanto il nobile si consultò con i suoi compagni, i quali, uno dopo l'altro, ghignarono sinistramente e cominciarono ad urlare a gran voce, tenendo il dito puntato - La paille au nez, il suo nome è la paille au nez - ripetè, seguito dagli altri compagni.

Un dispregiativo inventato, giocando sul suo nome strano e sulla sua pronuncia alla francese: evidenziando non solo, quindi, la sua diversa condizione economica, ma anche, e soprattutto, il suo essere straniero; questo crudele nomignolo gli fece, per un millisecondo, perdere il controllo dei suoi impulsi. Quanto avrebbe voluto lanciarsi contro di loro e riempirli di botte, sfogare tutta la sua frustrazione specialmente su quello che aveva proposto quell'insulto, però, dovette trattenersi ed ingoiare nuovamente il rospo. Si legò questo affronto al dito, certo che prima o poi gliel'avrebbe fatta pagare cara.

Alla fine l'altezzoso aristocratico enunciò, quasi fosse un discorso - Dicono che i corsi siano fieri, coraggiosi e che non temano niente e nessuno, a me paiono solo dei deboli vigliacchi... non ha avuto neanche il coraggio di parlarmi, che plebeo! - Si asciugò la fronte con il fazzoletto, tornò al suo posto e cadde sulla sedia; era stata una grande fatica questa volta farlo arrabbiare, troppo grande per un nobile come lui.

"Aspettate che sia grande, voglio far tanto male a voi francesi!" li minacciò mentalmente Napoleone, emettendo dei ringhi sordi, colmi di rancore, li fissava con la coda dell'occhio.  Aveva resistito, la sua ira non era assopita, non riusciva proprio ad accettare quelle infamie ingiuste e prive di fondamento: sapeva di possedere grandi capacità intellettive ed una formidabile resistenza, ma in quel luogo sembravano valere solo i possedimenti, i soldi e il titolo; il merito, la forza di volontà, l'impegno parevano essere solo dei concetti astratti, sigillati tra i libri che studiavano ed analizzavano.

L'Uomo Fatale - 1: Identità - [In revisione]Opowieści tętniące życiem. Odkryj je teraz