L'arte delle buone maniere

777 80 88
                                    

Si dice che la musica sia il canto della terra, ciò che rende un uomo libero dalle catene del male.
Se è vero questo non lo so proprio, i miei polsi sono ben stretti nella loro morsa e giorno dopo giorno quelle catene si attorcigliano sempre di più sulla mia gola, privandomi dell'aria che tanto bramo.
Ma una cosa è certa, la musica continua a incantarmi, perfino adesso vengo catturata e sedotta dalla melodia di queste dolci note.
Le fanciulle attorno a me cantano solenni mentre le loro voci mi spingono sempre di più tra le braccia del Benedetto Morfeo.
Per mia fortuna hanno sempre avuto questa abitudine di cantare insieme. D'altronde è l'unica cosa che ci permettono di fare, o per lo meno quando i soldati sono di buon umore.
Eppure, ogni volta che intonano nuove ballate il tempo si ferma, in bilico sulle loro voci e io ogni volta non riesco a resistergli.
Richiamano nella mia mente i vecchi tempi, quando ancora ero bambina e mia madre era solita a portarmi ai piedi del vecchio salice in fondo all'attempato accampamento. Mi pettinava i capelli sotto la sua ombra, mentre canticchiava nella quiete più totale.
L'erba è morbida e mi sfiora la pelle, la accarezza mentre un soffio di vento mi rinfresca dai tiepidi raggi solari. Inspiro profondamente, godendomi appieno questo momento, perché so che non durerà per sempre.
In tutto il caos che è il mondo, è estremamente difficile trovare un attimo di tregua.
La Natura stessa ama la confusione.
E contro la Natura, in pochi sopravvivono.

Il mio riposo vegliato dalle voci delle mie compagne viene interrotto dall'arrivo di un soldato, che a grandi falcate si presenta davanti a noi. Camminava a passi talmente pesanti che per un attimo ho pensato ci fosse un terremoto.
《 Voi. 》Tuona indicandoci. 《 Alzatevi e venite nell'alloggio del capitano. 》Ordina Mallory.
Mi sono scontrata con quel vecchio burbero talmente tante volte che il suo nome si è fatto strada nella mia memoria, e probabilmente pure il mio nella sua. E devo dire che mi piace l'idea di tormentarlo, anche quando non ci sono.
È un uomo alto, probabilmente ha già superato i cinquanta, ma gli anni non lo hanno rovinato di una virgola. L'unico segno d'invecchiamento, oltre a qualche ruga attorno agli occhi, sono i suoi capelli, che un tempo immagino fossero rossi, vividi come il fuoco, ma che ora sono ormai sbiaditi. Il corpo invece è rimasto imponente e maturo, il suo aspetto è feroce soprattutto con la spada che gli dondola sulla grossa coscia.
Non ho mai visto ridere quell'uomo e il suo sguardo è rimasto velenoso e tagliente come la prima volta che lo vidi, ormai quasi sette anni fa.
Mi scocca un'occhiataccia speciale e mi sento quasi lusingata per l'attenzione che riserva nei miei confronti.
Poi esclama:《 Prima lavatevi velocemente al lago e mettetevi una veste pulita. Bianca se possibile. Non fate attendere il capitano. 》
Detto questo torna sui suoi passi senza preoccuparsi di sprecare altro tempo per una spiegazione .                  Mi costa molto lasciare il mio prezioso e improvvisato giaciglio, ma sono decisamente incuriosita dalle sue parole, e così mi avvio al lago seguendo le altre ragazze, ignorando nonostante tutto, la stanchezza.
È strano che il capitano ci abbia convocate tutte insieme, a dire la verità non ricordo sia mai successo. Mi consolo con il fatto che il lago non è troppo lontano, basta uscire dal villaggio e già si possono intravedere le sue acque, contornate da arbusti e bellissimi fiori, come Iris e Giacinti. Stringo a me la veste che porto sotto braccio, l'acqua sarebbe stata sicuramente fredda, ma per lo meno il vestito, estremamente semplice, mi avrebbe donato un po' di sollievo. Non ho mai amato il freddo, l'ho sempre trovato troppo silenzioso. Si insidia nel corpo come una lama tagliante, perfora la carne, ti rende immobile e vulnerabile fino a privarti di ogni calore che possiedi, perfino quello dell'anima.
Al solo pensarci un brivido mi percorre la schiena, il suo silenzio agghiacciante assomiglia troppo a quello della notte, o a quello della morte.           
Vivo in mezzo ai soldati da quando ho ricordo, mio padre era un grande generale che torreggiava su chiunque altro. Fino ad oggi ho imparato sulla mia pelle molti suoi insegnamenti, perfino quelli che non avrei voluto imparare. Come ad esempio a non contraddire gli ordini e tanto meno lamentarsi.
La vita negli accampamenti è ben altro che facile, soprattutto per le giovani donne. Qui  abbiamo imparato tutte che è meglio non affezionarsi, in caso contrario si scomodava per fino il Daimon pur di rovinarti la vita. Ho sofferto molto negli anni per questo motivo, la mancanza di persona da amare, di cui fidarmi, ho sempre avuto solo me stessa e questo ha gravato molto sulle mie spalle.
Avere anche solo qualcuno con cui confidarmi avrebbe cambiato tutto, ma ormai da qualche tempo ho smesso di rimpiangere il passato. Immagino sia una regola non scritta dato il silenzio che è calato durante il breve tragitto. Guardo i bei visi delle ragazze al mio fianco, tengono il capo chino e le mani congiunte al ventre. Anche se cercano disperatamente di ingannare i soldati, non riescono a ingannare me, so bene quanto sono amiche. A tarda sera le sento bisbigliare, sussurrare i loro desideri e i propri sogni nella quiete della notte, mentre tutte le altre dormono nelle proprie tende.
Tutte tranne me.
Sorrido sperando che un giorno possano essere libere di chiaccherare anche con il sole ben alto nel cielo.

Il Sole è sceso sulla Terra Where stories live. Discover now