La SpezzaOmbre

79 9 4
                                    

Eleine

Mi sveglio presto questa mattina, lo capisco dalla cenere del fuoco ancora calda e poco ardente.
Deve essersi spento da non molto tempo.
I raggi del sole sono ancora timidi, e scorrono nel cielo come un dipinto a colori.
Fa meno freddo, anche se il vento salmastro non sembra aver intenzione di darmi tregua. Sputacchio in giro cercando di togliermi i granelli di sabbia dalle labbra, li sento croccanti sotto ai denti e immagino di averne mangiati parecchi durante la notte.
Ho la schiena dolente per la cattiva posizione che mi costringe a girarmi dall'altro lato, la testa ancora appoggiata al tronco secco.
Non appena mi muovo però la mia fronte sfiora dei capelli arruffati e il mio naso si combacia con quello di qualcun'altro.
Mi impietrisco.
Non ho ancora pensato a lui, o forse la mia mente aveva già presupposto una sua fuga.
Invece è qui.
Ad un centimetro dal mio viso e non se ne è andato, non come l'ultima volta.
Il suo profumo pungente mi invade i polmoni senza permesso, fugace come un soffio di vento. Il suo respiro viaggia sulle mie labbra, mentre il petto si muove lento.
Non so per quale motivo ma sento le guance e il collo arrossarsi.
È da molto tempo che non mi avvicino così tanto ad una persona, ed è la prima volta che accade con un dio.
Odio l'effetto che mi provoca.
E dovrei odiare anche lui. La sua specie è crudele e spietata, ma per quanto lo detesti, forse, non provo odio nei suoi confronti.
Non ancora per lo meno.
Gli sfioro il viso con la mano, ma la ritraggo immediatamente.
Cosa sto facendo?
Devo tornare in me stessa.
Il sole è ormai sorto quando decido ciò che devo fare e anche se poco i suoi raggi hanno iniziato a scaldare. Forse è meglio svegliarlo, mi ritrovo a pensare.
Immagino che quella di oggi sarà una giornata decisamente impegnativa.
Mi alzo piano, cercando di fare meno rumore possibile e sperando che non si svegli proprio ora.
Mi avvicino a riva, stiracchiando i muscoli e lasciando il giaciglio.
Mi acuccio per toccare l'acqua del mare, che come sospettavo è fredda e salace, ma ugualmente incantevole.
Il rumore delle onde che attecchiscono sulla spiaggia potrebbe calmare anche il pianto di un bambino.
Rubo un minuto per godermi quest'atmosfera tanto calma, prendendo respiri pieni fino a saziarmi. Poi mi guardo attorno.
Sono in cerca di qualcosa simile ad un recipiente, un guscio vuoto di tartaruga oppure una conciglia abbastanza concava.
Ma niente. All'orizzonte non c'è niente di simile, se non ad eccezione di sassi rotti e alghe puzzolenti.
Così passo a quello che è il mio secondo piano, nonché quello più fastidioso, per me si intende.
Mi sfilo lo stivale, più che consapevole che passerò le prossime ore a camminare sulla sua suola bagnata. Mi avvicino al bagno asciuga, aspettando l'onda perfetta e poi faccio in modo di riempire fino all'orlo il mio stivale nuovo.
Rido sotto i baffi ma sono sicura che Persefone mi perdonerà. Anzi quasi posso sentirla incitarmi a continuare dalle porte dell'Inferno.
Inevitabilmente mi bagno anche l'altro, ma ormai non posso più farci niente.
Ondeggio fino al focolare, camminando più in fretta che posso, per impedire all'acqua di gocciolare via.
Guardo un'ultima volta Apollo ancora addormentato, il suo viso perfetto, ma soprattutto asciutto.
Senza troppi riti faccio in modo di rimediare.
Gli getto con impeto l'acqua addosso e questa gli scivola lungo tutta la sua altezza.
Il dio apre e sgrana gli occhi nel momento esatto in cui io scoppio a ridere, godendomi a pieno il sapore di questa vendetta salmastra.
Si mette a sedere con una velocità tale da battere uno stallone puro e in meno di un secondo punta i suoi ambrosi occhi nei miei, ma io finisco per vederlo sfuocato quando inizio a lacrimare dal divertento.
Appena sveglio e così bagnato, con quei capelli disordinati sembra un leoncino. E forse per la prima volta, da quando l'ho incontrato, in lui cresce la sfumatura di un uomo. Desideravo farlo da così tanto tempo.
Quando la vista è meno appannata, lo colgo guardarmi ardente mentre fatico a rimettermi lo stivale stonfo al piede.
《 Sai potrei anche perdonarti tutte le volte in cui l'hai fatto a me. Sono incantevolmente soddisfatta che potrei rifarlo ogni mattina, Leone. 》 Gli prometto, asciugandomi la coda dell'occhio dall'ultima perla salata.
Percepisco solo lo spostamento d'aria e poi il colpo, la schiena che sbatte contro il terreno. La sua mano si stringe attorno alla mia gola, incatenandomi al suolo mentre il suo peso grava su di me.
Il viso contorto da un ringhio e il suo corpo che gocciola sul mio; una goccia cade sulle mie labbra e lenta mi accarezza la guancia, fino a scendere tra il solco che le sue dita creano, strette attorno al mio collo.
Sento per un attimo la paura graffiarmi la schiena.
I suoi occhi sono taglienti come asce mentre la sua voce vibra come un sussurro distorto dalla rabbia. 《 Ringrazia il cielo e la terra su cui cammini che non inizio a fare ciò che voglio io, ogni mattina. E credimi che non faresti altro che pregarmi di smettere. 》 《 Questo è l'ultimo avvertimento ragazzina, stai al tuo posto. 》Sputa il dio.
Non sono pronta, ho abbassato la guardia e ora lo riesco a guardare a fatica. Lui invece sorride, un sorriso felino che mostra i denti leggermente aguzzi.
《 Che c'è? Non ti fa più ridere? 》La sua presa si affievolisce e poi anche il suo peso, ma non abbastanza.
Non toglie la mano dalla mia pelle, che sotto la sua stretta si sta facendo rovente.
《 N-non riesco a respirare. 》Mormoro, aggrappandomi ai suoi polsi. Il dio mi lascia andare e io prendo la boccata d'aria più colma di sempre, riempiendomi i polmoni fino al limite.
Mi sorprendo a pensare che nel giro di poche ore ho rischiato di soffocare già due volte, ed è sempre stato a causa sua. Mi domando se questa diventerà un'abitudine.
Mi tiro a sedere, trascinando inevitabilmente anche lui con me. 《 Non puoi certo biasimarmi per averlo fatto. 》Dico tra i denti.
《 Prova a rifarlo e- 》Impartisce.
《 E me ne pentirò, lo so, chiedo perdono. 》Lo interrompo, tastandomi con le dita la gola dolente.
Sento su di me il suo sguardo, mi percorre il corpo, e in questo momento provo la stessa sensazione del nostro primo incontro. All'improvviso Apollo si avvicina a me, questa volta non è veloce come la precedente, ma molto più lento. Si porta davanti al mio viso, e i suoi occhi ambra si perdono nei miei nocciola.
Intensi come miele e vivi come il sole, brillanti come non mai.
Il suo ginocchio si fa strada in mezzo alle mie gambe appoggiate l'una all'altra. Le separa con una delicatezza che non gli appartiene, ma lo fa con fermezza.
Anche con il tessuto che mi avvolge le gambe, riesco a sentire la sua pelle morbida e bollente. Il cuore inizia a galoppare verso una meta che ho paura di scoprire e uno strano brivido mi invade il corpo.
Il fiato si fa corto.
《 Cosa stai- 》 Cerco di dire, ma lui mi bacia.
Mi bacia.
Leggero come un sospiro, le sue labbra morbide toccano le mie in un bacio casto e delicato. Mi irrigidisco non sapendo cosa fare, poi trovo la forza di spostarmi.
Mi sposto indietro arretrando con il viso.
《 Sei impazzito? Cosa pensi di fare? Maledizione. 》 Involontariamente le mie dita si spostano da sole, toccandomi le labbra violate.
Sono così confusa che a stento riesco a capire cosa provo.
Rabbia, paura, preoccupazione e...e forse piacere. Scuoto la testa, non può essere così.
Lui ride profondo, alzandosi e dandomi le spalle.
Solo allora, quando il respiro diviene meno affannato, mi rendo conto che non è più bagnato.
La sua veste è asciutta così come lo sono i suoi capelli. Non c'è più la traccia di una singola goccia d'acqua sul suo corpo scolpito.
E poi, mi accorgo per prima della sensazione ai miei piedi.
Non sento più quell'umido fastidioso che mi procuravano gli stivali fradici, la sabbia che li graffiava attaccandosi su ogni dove. Ed è quando abbasso lo sguardo per controllare che trattengo il fiato.
La mia pelle sta brillando.
Una luce soffusa come quelle delle fiacole mi illumina il corpo, emana un tepore tiepido che mi libera dai brividi del vento.
Sfumature bianche e argentate vibrano attorno al mio corpo, riportandomi alla mente le stelle brillanti nella notte.
Guardo Apollo, sbigottita da questo sogno ad occhi aperti, ma allo stesso tempo una paura sinistra mi stringe la voce.
《 Cosa mi hai fatto? 》 Gli chiedo scrutandomi le mani, le braccia e ogni centimetro scoperto. Fisso il marchio che tra tutta questa luce, risalta ancora di più.
《 È necessario che tu ti confonda. Non serve che tu sappia altro. 》 Anche lui ora brilla, ma la sua pelle è più simile alla luce del sole che splende in cielo.
《 Devo confondermi? Cosa stai dicendo, perchè dovrei? E perchè la mia pelle brilla come quella di una maledetta lucciola? 》Mi alzo dalla sabbia, ancora meravigliata e arrabbiata; a poco a poco i miei occhi si stanno abituando al cambio di luce, ma guardarlo richiede ancora un grande sforzo.
《 Cosa ti ho appena detto? 》Afferma calpestando ciò che resta del falò fumante di questa notte e coprendolo con cumuli di sabbia.
Ha paura che la spiaggia prenda fuoco? Che dio dal cuore d'oro.
《 Non hai risposto a nessuna delle mie domande. 》Gli ricordo, incrociando le braccia al petto.
《 Sembra proprio non entrarti in testa. 》Lo sento borbottare mentre si gira, onorandomi della sua divina presenza. Poi sbuffa e apre la bocca, questa volta spero per rispondermi. 《 Il bacio. È un vecchio incantesimo per rendere la tua pelle così, ci permetterà di passare inosservati nel posto in cui ti sto portando. Anche se questo continuerà a dipendere principatmente da te. 》
《 E dove stiamo andando? 》Chiedo, portando i palmi delle mani verso una foglia secca vicino ai miei piedi. Mi chiedo se ora sono in grado di farle prendere fuoco.
Fremo eccitata all'idea di poter fare una cosa del genere.
Purtroppo però il calore che emano non è abbastanza e delusa torno ad alzarmi.
《 Stai pur certa che ti piacerà, si chiama basta con le domande ma molti preferiscono chiamarlo aprì ancora quella maledetta bocca e Apollo ti rispedisce all'inferno. Scegli pure il nome che più ti aggrada. 》Ironizza.
Lo guardo sbalordita e offesa allo stesso tempo, e mio malgrado tengo chiusa la bocca.
Apollo sembra soddisfatto del mio silenzio e trionfante drizza le spalle. Controllo ossessionata di avere ancora il mio pugnale fidato fissato alla vita e poi mi guardo in torno. Se il dio non vuole dirmi dove stiamo andando, allora devo prepararmi come meglio posso.
Cammino verso la foresta, sorpassando il piccolo falò sepolto, che ci ha tenuto al caldo questa notte.
Abbiamo bisogno di qualche provvista e poche ore prima mi era sembrato di notare un albero dai frutti maturi qui nei dintorni, deve essere vicino.
Sento una voce chiamarmi alle mie spalle.
《 Dove stai andando mortale? 》 Mi grida dietro il dio. "Adesso chi è quello che fa domande" penso tra me e me.
《 Dovremmo procurarci qualcosa da mangiare per il viaggio. 》 Dico mentre lo guardo ridere. Inizio a perdere la pazienza.
《 Per chi mi hai preso? Non è necessario, non cammineremo per tutta quella strada. 》Lo raggiungo in fretta, pronta ad aspettarmi di tutto.
《 Come pensi di portarci? E soprattutto mi vuoi dire dove cavolo siamo andando? 》Domando in cerca di un carro trainato da maestosi cavalli alati, come spesso viene dettato dalle leggende.
Ma all'orizzonte non vedo nessun stallone pallido.
A dire la verità mi rattristo, avrei voluto poter vedere con i miei stessi occhi quelle creature leggendarie.
E a essere sincera, li avrei preferiti piuttosto che varcare di nuovo i confini del portale.
Ad un certo punto la terra inizia a tremare, le mie ginocchia cedono facendomi cadere a terra dalla sorpresa, mentre un vento sinistro si alza dal mare.
Mi premo le mani sugli occhi per proteggermi dalla sabbia, cercando di guardare oltre il polverone che si è innalzato. Una forte luce mi costringe a chiuderli, ma questa riesce a penetrare anche dalle mie palpebre serrare.
È forte, viva e talmente accecante che temo di non riuscire a vedere mai più. Grido il nome di Apollo.
Poi, come tutto si era agitato, presto tutto si calma.
Il mare, il vento, la terra, ogni cosa torna ad essere quieta come prima. Come nell'occhio del ciclome.
Tossisco numerose volte prima di essere in grado di alzarmi e aprire gli occhi.
E quando lo faccio non credo a quello che sto vedendo.
Davanti a me c'è un dio, in tutta la sua potenza.
Apollo è eretto in tutta la sua altezza, imponente e magico come il cielo sopra di noi. Splendenti ali librano in aria, fatte di luce e fuoco, maestose come i tesori del mondo.
Brillano come mai avrei pensato potessero brillare e il loro chiarore sembra liquido, denso come oro colato ditettamente dal sole.
E poi Apollo, lui è...la cosa più bella che abbia mai visto.
Il petto scolpito è scoperto ma percorso da lacrime di luce dorata. Braghe di lino sono gonfiate dai muscoli delle sue gambe e gli cadono in vita delineando i lineamenti definiti del ventre.
Stivali d'acciaio lucente come stelle, lo proteggono fino a poco più sotto del ginocchio, ed infine tiene stretta sul fianco la sua amata Psyhi, retta da un cintura in cuoio come la mia. Potente e immortale brilla assetata. Il rubino alla base è come l'ultima volta, rosso come il sangue e la lama...la lama è affilata come i denti aguzzi della più bestiale tra le bestie.
Immagino quanto sangue è stato versato su quest'elsa, quanto ne è percorso gocciolante questa lama letale e perfetta.
Una leggenda che pochi conoscono. Decido che da questo giorno si sarebbe sparsa la voce, come un sussurro nel silenzio.
Il racconto di una spada divina e del suo portatore. Decido che d'ora in avanti, uomini e dei, la temeranno come la SpezzaOmbre.

Il Sole è sceso sulla Terra Where stories live. Discover now