Il caos della notte

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Vengo scaraventata sul materasso di piume e con un forte colpo sbatto contro l'asta di legno appoggiata al muro.
Un lamento mi sfugge dalle labbra a causa del colpo preso, mi massaggio con la mano il punto dolente dietro alla nuca. La paura che prima stavo provando ora si sta trasformando sempre di più in rabbia.
Chi si crede di essere? Un lanciatore di pesi? Penso furiosa.
Le Olimpiadi sono finite da tre estati ormai.
Ora sono in trappola e come un topo circondato da tigri affamate faccio in modo di distanziarmi il più possibile dal predatore.
L'istinto prende il sopravvento del mio corpo e come una scossa mi spinge ad afferrare la prima cosa che mi capita sotto mano e senza pensarci troppo, gliela scaravento addosso. Noto troppo tardi che l'oggetto prescelto è una fiasca di cristallo che, al di sopra delle mie aspettative, si frantuma colpendo in pieno il petto di Apollo. Il vino rosso che la riempiva schizza in ogni dove, sporcando il letto ma soprattutto il suo corpo.
I frammenti di cristallo gli graffiano il torace e piccoli rivoli di sangue colano sulla sua pelle.
Sangue rosso.
Lo guardo sbigottita perché in meno di un secondo iniziano a cicatrizzarsi e a scomparire come se non ci fossero mai state. Come dettati dalla magia, rimangono testimoni del colpo solo i rivoli scarlatti.
Un lungo silenzio precede un ringhio profondo proveniente dalla sua gola. 《 Sei forse impazzita? 》 Brontola gelido contro di me, mentre le lacrime del liquido gli colano sul corpo.
È arrabbiato, comprensibile.
Ma io lo sono di più.
《 L'avete voluto voi! 》 Dico appoggiando la schiena al muro.
《 È da quando avete messo piede nell'accampamento che richiedete pretese che non meritate. 》
Lo rimprovero puntandogli il dito contro mentre cerco con lo sguardo una via di fuga.
《 Mi avete fatto male, ma forse non vi ricordate che le nostre teste non sono dure come la vostra. 》 Termino il mio discorso tutto d'un fiato. Continuo ad osservare la sua espressione tagliente, lo sguardo intenso e struggente che punta dritto su di me per ancora un istante, poi si gira dandomi le spalle. Afferra un asciugamano caduto a terra durante il trambusto e se lo lega attorno alla vita, coprendo la sua virilità. Ringrazio gli dei per averlo fatto, anche se un lampo di risentimento per non aver sbirciato prima mi scatta nella mente, ma è solo questione di un secondo.
《 Alzati e seguimi. 》 Ordina rude. Non avrei voluto ma il suo tono mi spinge a seguirlo fuori dalla camera del capitano, lungo la rampa e il cortile.
Sento tutti gli occhi su di noi, incrocio lo sguardo di alcune ragazze che mi guardano confuse e quello di alcuni soldati che invece sono maliziosi.
《 Dove stiamo andando? 》
Non risponde. La brezza notturna mi colpisce indiscreta drizzandomi i peli del corpo mentre le suole dei miei sandali calpestano l'erba bagnata di rugiada. So bene che dovrei cogliere la prima occasione per scappare via, ma qualcosa mi trattiene.

Dopo essere inciampata innumerevoli volte su radici e massi, pur di stargli dietro, finalmente ci fermiamo sulle sponde calme del lago. Ci sono un paio di fiaccole a dipingere le acque di rosso. Lo guardo confusa mentre a grandi passi si immerge nell'acqua, fino alle cosce, al cospetto del cielo notturno.
Il suo viso non si dipinge nemmeno di una smorfia, il freddo sembra non scalfirlo.
Aspetto a braccia incrociate delle spiegazioni.
《 Lavami. 》 Ordina piatto. 《 Perdonate? 》 Cosa ha in mente di fare?
《 Perché ti stupisci tanto? 》《 È questo il minimo che dovresti fare in presenza di un dio, non trovi? Dovresti pregarmi di voler fare questo e molto altro. 》 Il suo sguardo si fa più provocatorio che mai.
Deve star scherzando, non ho di certo intenzione di farlo, tanto meno nelle acque del lago che a quest'ora della sera saranno sicuramente più fredde rispetto al pomeriggio. Non quando possiamo andare nel bagno del generale.
A un certo punto un'idea mi balena nella mente e un sorriso mi illumina il viso. Se vuole giocare a fare il capo, io sono felice di assecondarlo.
Strappo l'orlo del mio abito e dopo essermi slacciata i sandali, entro in acqua. La temperatura si è incredibilmente abbassata e brividi ghiacciati non fanno altro che scuotermi il corpo, muovendosi tra le vene. Mi avvicino a lui mantenendo lo sguardo basso. I sassi vischiosi mi premono contro le piante dei piedi mentre cerco di non scivolare. Quando sono abbastanza vicina mi piego ad immergere, quello che ormai è solo un pezzo di ricordo del mio bell'abito, nell'acqua e con delicatezza glielo passo sul petto. Il tessuto si tinge di rosso pallido. I riflessi dell'acqua e delle lanterne rivelano i lati distinti del suo viso, mi sta guardando e i suoi occhi brillano nella notte. Cerco di non far trasparire quell'imbarazzo che purtroppo sto provando e cerco di essere più decisa in ogni movimento. L'erba attorno a noi si muove tra le note del vento.
Faccio scivolare lentamente il ginocchio tra le sue gambe, in un movimento lento e sensuale. Voglio dargli l'impressione di essere ormai diventata sua. Le nostre pelli bagnate si strofinano tra di loro e il calore della sua pelle liscia mi regala un attimo di tregua da quel gelo in cui sono immersa. Mi alzo in punta di piedi, facendo aderire sempre di più il mio corpo al suo, facendoli combaciare alla perfezione. Strofino il suo interno coscia con la mia e avvicino le labbra al suo orecchio, come lui aveva fatto con me in quella stanza.
Mi alzo in punta di piedi per riuscire ad arrivarci. Ringrazio sotto voce il buio per starmi nascondendo le guance arrossate e mi maledico per aver avuto questa reazione ai suoi tocchi.
《 Mi dispiace avervi lanciato contro la giara. 》 Sussurro ad un soffio dal suo viso. 《 È un vero peccato averlo sprecato su di voi. 》
A questo punto gli concedo quello per cui mi ero avvicinata tanto. Lo spingo con tutte le mie forze premendo le mani sul suo petto duro mentre tengo saldo per terra il piede che avevo spostato dietro alla sua gamba. Il dio come se sapesse quello che stavo per fare, arretra e io scivolo sopra a quei sassi pieni di alghe, cadendo tra quelle acque gelide.
Il freddo mi prende immediatamente nella sua morsa, mi toglie il fiato e quando in fretta riemergo in cerca di aria, vengo accolta dalla sua risata profonda.
《 Non ci posso crede. Non pensavo si potesse essere tanto stupidi. Ti avevo decisamente sopravvalutata. 》 Dice ridendo e tra i riflessi della luna e del fuoco noto che mi guarda con un sopracciglio inarcato e lo sguardo di sufficienza.
《 Tu brutt- 》 La mia dichiarazione solenne viene interrotta del suono inconfondibile di lame che si scontrano e di grida di guerra. Il dio inspira profondo quell'aria che porta lo scontro.
《 Eris. 》 Sussurra Apollo guardando verso le alte mura. Eris?
《 Cosa sta succedendo? 》 Chiedo allarmata seguendo la direzione del suo sguardo. Non ho nemmeno il tempo di ripeterglielo che quando mi giro verso di lui, lui è già sparito. Scappare all'inizio di uno scontro non è affatto degno di un dio, penso. Quando mi alzo la pelle d'oca mi ricopre ogni lembo di pelle, ma la preoccupazione e il dubbio che ci stiano attaccando supera quella del freddo che mi immobilizza.
Mi metto a correre, arrancando verso la riva e dirigendomi veloce verso l'accampamento, per poter tornare dalle ragazze.
Quando arrivo di corsa al cortile, tiro un sospiro di sollievo nel notare che stanno tutte bene.
Lo scontro è nell'ala più a ovest dove sostano i soldati.
Molte delle mie compagne sono sparse per il giardino, confuse e preoccupate, alcune piagnucolano sulla soglia delle tende. Sento le loro preghiere agli dei. Come biasimarle, non hanno mai visto con i propri occhi una vera guerra.
Mi avvicino a una ragazza e noto con piacere che si tratta di Resi.
《 Ascolta, raduna tutte e andate al di là della collina, mi assicurerò che nessuno vi segua. 》 Dico indicandole la direzione con il mento.
《 D-dov'è Apollo? Lui può aiutarci. 》 Mormora spaventata mentre frenetica si guarda attorno.
《 Guardami. 》 L'afferro per le spalle. 《 Andrò a cercare Apollo, ma è meglio che voi vi nascondiate nel frattempo. Puoi farlo? 》 Le chiedo e per fortuna la giovane ragazza annuisce. La vedo allontanarsi mentre si sbriga a radunare la sue compagne.
La guardo ammirata dal suo coraggio. Anche se non gli rivelo la mezza verità che ho sputato fuori. Andrò a controllare, certo, ma sono sicura che non troverò il posto in cui Apollo si è andato a nascondere.
Dovrò cercare una soluzione da sola. Immagino, mio malgrado, ma con un pizzico di eccitamento, che dovrò combattere anche io, buttandomi nel caos dello scontro.
Ma quando scavalco le mura in legno rimango senza fiato. A combattere tra di loro sono i nostri soldati.
Sangue e fango sono i protagonisti di quello che è diventato il campo di battaglia, corpi inermi e dilaniati sono riversi a terra, mentre i soldati vicini continuavano a scontrarsi tra di loro. Rabbrividisco a questa vista.
Cosa gli è preso? Sembrano impazziti. Affamati di morte.
Urlano feroci mentre le spade, e qualsiasi altra cosa che hanno in mano, si battono tra loro.
Mi calo dalle mura, non c'è tempo per preoccuparsi. Nuvole bianche vengono generate dal terreno ghiaioso sotto ai miei piedi, mentre corro veloce verso le rovine in fiamme di una casetta. Mi nascondo lì dietro e afferro una delle spade che un cadavere tiene ancora in mano.
Trasalisco alla sua vista. Lo conosco. È il cuoco dell'accampamento. Non ricordo il suo nome, non provo pietà per questi uomini, ma tutto questo non doveva succedere e qualcosa nel petto sussulta davanti al ricordo.
Devo trovare un modo per fermarli. I capelli bagnati sono incollati al collo quando con la mano cerco di scostarli.
Esco allo scoperto e urlo tra il vento. 《 Ci stanno attaccando! Soldati nemici nel lato nord. 》 Grido a squarcia gola, scoprendomi davanti ai nemici con cui ho vissuto per mesi, cercando di tenere un tono fermo e deciso. Lo ripeto all'infinito, fino a quando le corde vocali non mi fanno male. Supero il limite della mia voce e mi fermo solo quando ho catturato l'attenzione di tutti soldati.
Le armi ancora alzate. Il tempo si ferma. Poi tutti gli uomini riprendono a urlare correndo a perdifiato verso i confini dell'accampamento, proprio dove sto indicando con la spada. Un sospiro di sollievo mi abbassa le spalle, non mi hanno attaccata. Corrono come furie alla ricerca di nemici fantasma e io li seguo, pur tenendomi a distanza di sicurezza. Trovo un grande salice piangente e mi nascondo tra i suoi rami e il suo grande tronco, sperando che il buio mi nasconda, mentre i soldati si dispergono nella foresta. Cerco di non pensare a quanta paura mi faccia tutta questa oscurità e impiego la mia mente a pensare a dove diavolo si è cacciato Apollo. Devo tenerli occupati e lontani dalle ragazze. Il tempo scarseggia, presto si renderanno conto della bugia.
Sento dei passi provenire al di là dell'albero, mi rannicchio il più possibile contro la ruvida corteccia del salice, cercando di scomparire in essa. I rumori si fanno sempre più vicini fino a quando, nel silenzio della notte, non fanno capolino due soldati. 《 Prima ci attaccano e poi si nascondono? Che razza di uomini sono? Con che coraggio si fanno chiamare guerrieri. 》 Sputa il più robusto. Il compagno dopo un momento di silenzio esclama:
《 Con lo stesso che trovi tu. 》Sibila cattivo. La voce è abbastanza alta da fare in modo che il soldato grosso la senta, e questo si volta verso di lui con occhi famelici. Non riconosco le loro facce. Il soldato che ha appena parlato non ha nemmeno il tempo di aprire bocca, che il compagno gli salta alla gola.
Inizia il combattimento. Le lame fendono l'aria e calci e pugni segnano il bersaglio. Se continuano così si ammazzeranno a vicenda.
Devo fare qualcosa. Scivolo fuori dal mio nascondiglio impugnando stretta la spada che avevo raccolto dal cadavere. Rammento nella mente tutti gli insegnamenti di Keelan e mi impongo fra di loro.
Sono  distanti di almeno tre piedi, tutti e due ansimanti e sanguinanti, con i vestiti sgualciti. Quando il più robusto si lancia alla carica, lo faccio anche io. Le nostre spade si scontrano tra loro, procurando un suono stridulo che mi invade i timpani. Mi abbasso alla svelta e punto alle gambe del soldato facendolo cadere a terra, nel tentativo di schivare il mio attacco. Quando tocca il suolo la spada gli scivola dalla mano e io ne approfitto per puntare al suo compagno. Roteo velocemente il mio corpo per riuscire a schivare il colpo che mi sta per infierire il soldato. Calcio violentemente la sua testa, quando il suo colpo va a vuoto. Cade a terra privo di sensi e non posso evitare di provare un brivido di fierezza verso me stessa.
Esulto, ma non mi accorgo che il primo soldato si è rialzato. Mi carica e il colpo va a segno, violento, prendendomi la mascella e costringendomi a piegarmi.
Mi maledico per essermi distratta e mi rialzo velocemente.
Quell'errore avrebbe anche potuto costarmi la vita.
Quando sono pronta ad attaccare il soldato, però questo si rilassa improvvisamente. Lo sguardo vago che fissa i miei piedi, come in uno stato di trance. Mi giro e noto che anche il corpo dell'altro soldato si è rilassato a terra.
Qualsiasi cosa sta succedendo per me è il momento di andare. Se ripenderanno conoscenza potrei finire in guai seri.
Penserebbero sia colpa mia e mi punirebbero. Non oso immaginare in che modo. 
Mi immergo nuovamente nel buio e torno a riprendere le ragazze.

Il Sole è sceso sulla Terra Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora