Il volto dell'inferno

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Sorrido in un certo senso soddisfatta dalla sua risposta.
Torniamo a camminare e a percorrere il lungo corridoio.
Nel frattempo Persefone mi racconta la storia di quel castello, delle tante volte in cui si era persa tra stanze, scalinate e porte nascoste.
Di come si diverte a vagare tra quelle mura, con la testa volta all'insù ad osservare il soffitto lavorato.
Mi dice anche che spesso finiva con il perdere la concezione del tempo.
A mia volta guardo il soffitto seguendo il suo consiglio della dea e fa quasi male riabassare lo sguardo. Ha proprio ragione.
Poi torno a guardarla, con il suo viso sereno.
La voce le brilla di meraviglia quando mi confessa che tra quelle mura c'è incisa della magia.
Magia pura che serpeggia tra le fessure dei mattoni, nelle crepe delle pareti.
Può essere quiete e poi scoppiare all'improvviso in tempesta, mi racconta.
Può insidiarsi nelle tenebre più buie e delicatamente farle risplendere.《 Credo sia l'unica magia che rimpiango non sia nata da noi. Ma sono felice che ce l'abbiate insegnata. 》
Così mi rivela trasognata mentre dal canto mio credo di aver sentito male. La guardo confusa.
A quale magia si sta riferendo?
Noi non abbiamo la capacità di mutare e modellare la realtà e dubito ne saremmo mai stati in grado.
I mortali sono solo...mortali, tutto qui.
Decido di non pensarci, sento che ci stiamo avvicinando a qualcosa di temibile. È una sensazione strana che mi accapona la pelle esposta, lasciandomi dell'amaro in bocca.

E così non mi faccio incasinare da quel piccolo frammento di conversazione.
Giungiamo alla fine del corridoio, di fronte ad un'altra biforcazione.
Se ne vedrò anche soltanto una in più, impazzirò.
Prometto a me stessa che in quel caso posso rinunciare a tutto e tornare all'accampamento come se niente sia accaduto.
A ovest della biforcazione, sul lato adiacente, è pronto ad accoglierci un enorme portone, che mi riporta alla mente quello enorme della caverna. No.
Invece è completamente diverso, forse si assomigliano per struttura ma questo è di legno curato e definito, crea morbidezza e armonia mentre il tocco pesante dell'acciaio nero lo rende robusto e inaccessibile.
Due lumi ai lati alle porte ne illuminano di una luce tetra i contorni mentre le fiamme ballano su una sinfonia eterea.
Non esiste confronto con il legno marcio e consumato dell'altro portone.
Anche se la paura pesante che provo nel torace è la stessa.
Interpreto il brivido che mi corre sulla carne come segno di avvertimento, questo posto è semplicemente troppo e al contrario, lì io non sono assolutamente nulla. Prego la terra che la nostra meta non sia oltre questa soglia.

In quest'esatto momento ho la certezza che le Moire non mi hanno in simpatia, perchè Persefone pronuncia ciò che sto temendo.《 Siamo arrivate, quella è la Sala del trono. 》Mi spiega la dea.
《 Meglio che vada prima io, tu aspettami qui. 》
Annuisco sistemandomi a destra della torcia, mi assicuro di non esserle troppo vicina perchè non mi bruci i capelli infangati, poi Persefone mi oltrepassa, scomparendo al di là della grande porta.
Il rumore che emettono i ganci di ferro preleva dal mio corpo quel poco di sicurezza che ho acquisito durante il viaggio, mentre l'impercettibile fruscio del legno che frizionava contro il pavimento rende l'atmosfera ancora più tesa.
Stringo i pugni, costringendo il mio cuore a rallentare e con profondi respiri cerco di svuotare completamente la mente. I muscoli delle spalle si rilassano leggermente, rimanendo pur sempre vigili, mentre la spina dorsale si ammorbidisce, diventando così più flessibile e celere.
Picchietto le dita sulla parete alle mie spalle, poi le lascio scivolare sulla lama del pugnale, fino a fargli stringere la stoffa sottile del vestito. La stringo prendendone più che posso, mi concentro sulla sensazione di avvolgimento che mi da il tessuto.
È ruvida sulla mia pelle, stracciata e rovinata ma va bene, "sono al sicuro", continuo a ripetermi tra i respiri finchè non riduco almeno visibilmente, la paura che mi è arrivata al collo.
Faccio spesso questo gesto, l'abitudine di stringermi qualcosa addosso quando sono spaventata mi accompagna fin da bambina.
All'improvviso il grande portone si spalanca e con lentezza straziante mi lascia intravedere l'interno della stanza.
Faccio un passo titubante non sapendo se sia il mio momento, ma rimango sempre in allerta, la testa alta e il pugnale ben in vista.
È una legge fantasma, una regola che il tempo trasporta con sé attraverso sussurri che solo i più scaltri riescono a udire, regna nel mondo animale e da questa dipende la propria sopravvivenza, "fatti vedere debole e sarai il primo a cadere." Così dicono.
Prima di poterci ripensare, supero la soglia provando ad acquisire più sicurezza ad ogni passo.
L
L

Il Sole è sceso sulla Terra Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora