La punizione di Atena

226 27 33
                                    

Alzo lo sguardo per perlustrare il buio fitto sopra la mia testa. Ed è in quel momento che lo vedo.
Zampe lunghe e pelose calano l'enorme ragno, scoprendolo alla poca luce della grotta.
Le due file di occhi rubino mi ghiacciano sul posto mentre le cheliceri si muovono fameliche, vogliose di insidiarsi nella sua nuova preda. Improvvisamente l'aria si fa pesante e calda, come la quiete prima della tempesta.
I fili della ragnatela mi tengono bloccata, impedendomi ogni movimento e se mi divincolassi più di quanto non ho già fatto probabilmente mi circonderebbero, stringendomi ancora di più.
Per fortuna la mia mano destra stringe ancora l'elsa dell'arma che mi ha consegnato Apollo.
Faccio in modo di avvicinare la lama sottile il più possibile ai fili per riuscire a lacerarne il tessuto.
Cerco di darmi una mossa, sfruttando ogni secondo di cui posso impadronirmi finché non riesco a liberarmi.
Mi getto in avanti, cadendo sul pavimento sudicio nello stesso momento in cui il ragno salta a terra. Il tonfo raddoppia il suo impatto a causa dell'eco della caverna.
L'essere a otto zampe mi fissa. Rantoli tormentati e lamenti riempiono  quello che prima era un silenzio tetro.
Grande com'è gli sarebbe bastato un salto per raggiungermi e al solo pensiero di toccare quel manto peloso e puzzolente mi vengono mille  brividi.
Non sono mai stata un'adoratrice degli aracnidi.
Non commetto lo stesso errore di prima, questa volta gli concedo tutta la mia attenzione.
Non posso scappare, non ci sono nicchie in cui nascondermi, né tanto meno posso tornare indietro.
Questo assolutamente no. Razionalmente parlando sarebbe la scelta più giusta, sempre se fossi riuscita a correre più veloce di questa bestia. Il problema è un altro, non voglio vedere il sorriso saccente sulla labbra del dio una volta che mi avrebbe visto scappare a gambe levate.
Soprattutto non avrei tollerato i suoi occhi godere del mio fallimento.
Mi chiedo se sia rimasto lì fuori ad aspettarmi o se se ne è già andato.
Se fosse stato qui con me non si sarebbe scomposto tanto per un ragnetto troppo cresciuto, non ci avrebbe perso un minuto di più. Scuoto la testa, non è il momento di distrarsi.
Scarto subito l'idea di arrampicarmi sulla ragnatela, devo stare assolutamente lontana da quella, non lo posso battere sul suo territorio.
Non do peso nemmeno all'idea di ucciderlo. Probabilmente il pugnale a cui sto affidando la mia vita non gli provocherebbe altro che un graffietto.
《 Non è stata una buona idea venire qua giù, umana. 》Una voce femminile cavalca lo spazio chiuso e il suo eco giunge alle mie orecchie.
È dolce e delicata, penso.
Come la brina poggiata su una foglia, una mattina d'inverno.
Un tono sottile e caldo. Incoerentemente da quello che avevo deciso poco prima, mi volto per vedere chi ha pronunciato quelle parole, ma immerso nel buio non c'è nessuno.
《 Da questa parte. 》La voce melodica proviene dalla direzione opposta, verso il ragno, oscurato dalle ombre. Il mio corpo si irrigidisce quando guardo meglio quella creatura.
Avevo soffermato il mio sguardo sulle sue zampe pelose, ma ora è mutata. Al posto della parte anteriore, adesso, c'è il busto di una donna.
La pelle levigata riprende lo stesso colore carbone delle zampe, il seno scoperto contornato unicamente dai capelli corvini.
E il viso, divino ma rovinato dalle occhiaie, gli occhi neri. Sembra la rappresentazione di una lotta infinita.
Poi un lampo mi riporta alla mente un'antico mito.
《 Aracne. 》È più un mormorio quello che esce dalle mie labbra, non sono ancora certa delle mie parole e di ciò che sto vedendo, ma lei mi sente ugualmente.
《 Allora si ricordano ancora di me. 》Dice con un sarcasmo amaro. Sono sorpresa, non mi aspettavo di trovarla qui, nascosta nelle grotte dell'Inferno. Aracne si avvicina, le sue zampe strisciano sul terreno con eleganza disumana.
《 Allora mortale, conosci la mia storia? 》 Il suo tono è strano, non c'è vera curiosità.
Conosco bene la sua storia, mio fratello me la raccontava nei giorni di pioggia, quando da bambina gli mostravo i miei lavori di tessitura, ancora alle prima armi. Mi diceva sempre:
"Sei brava come Aracne."
《 Eri figlia del tintore Idmone, nata immersa nella lana pregiata. Possedevi un talento unico nella tessitura, ne andavi orgogliosa tanto che sfidasti la sua creatrice, Atena. 》 Un lampo fugace cambia qualcosa nei suoi occhi neri. Anche se timorosa continuo a parlare, avvicinandomi sempre di più alla parete rocciosa. 《 La dea accettò e perse contro la tua maestria. 》 Ora fissa il vuoto, come se  rivivesse quel momento.
《 Presa dalla furia ti colpì a sangue e quando tu cercasti di toglierti la vita impiccandoti su un albero, lei ti trasformò in un essere a otto zampe. 》
《 Costringendoti a tessere per il resto della vita. 》 Termino la storia.
Il silenzio cala tra di noi.
È lei a romperlo per prima, la sua risata graffia la pietra della grotta.
Un brivido mi percorre le ossa nel sentire un suono così freddo e rude.
Aracne mi da le spalle, le zampe iniziano a fremere quando comincia a imprecare contro la dea della Saggezza.
Scaglia un'ammasso di fili contro un macigno e con forza lo tira nel lato opposto, contro il muro.
Un suono sordo, poi milioni di frammenti si spargono per tutto il suolo. Si avventa subito su un altro masso. Non so con che coraggio decido di parlare.
Forse, sono spinta dalla pietà che provo nel vedere questa scena.
《 Credo tu abbia mentito a te stessa. 》 Dico, sovrastando il rumore della roccia che si frantuma.
Aracne si gira di scatto incurvando la schiena, tutto l'odio che prova lo percepisco con un solo sguardo effimoro. Prima che possa fare qualsiasi altra cosa prendo di nuovo la parola.
《 Non si trattava di talento, era chiaro persino ad Atena chi fosse la più brava. 》
《 Era un questione di potere. 》 Un sussulto la scuote mentre un velo mordace le cala sul viso animalesco.
Il potere è tutto ciò che conta in questo mondo.
Chi non lo possiede diventava autonomamente carne sacrificabile.
E non sono di certo i mortali a possederlo.
《Quando hai vinto, il potere di Atena ha vacillato e lei con lui. 》
《 Ed è così che gli Dei ne riprendono il controllo. 》 Affermo indicandola.
È una realtà amara che va appresa già alla tenera età o si va incontro ad un destino peggiore della morte. Come quello della creatura davanti ai miei occhi.
Aracne è persa in balia dei ricordi.
Fissa la terra fangosa che ci divide mentre sussurra queste parole.
《 La pensi come me, non è vero? 》
I denti le stridono.
《 Cosa intendi? 》 Un senso di angoscia mi penetra nel petto rendendo l'aria ancora più pesante, sento che sta per accadere qualcosa.
Incrocio le braccia dietro alla schiena.
Con le dita affusolate sfioro il coltello,  per assicurarmi che si trovi ancora saldo nella mia mano.
《 Gli dei sono più umani degli umani stessi. Credere di essere perfetti gli rende tali, li rende deboli. 》 Sputa.
Quando pronuncia queste parole, cariche di odio e di rimorsi, intravedo  le fattezze della bella ragazza che era un tempo. I lineamenti fini, avvenenti, ma corrosi dalla sete di vendetta.
Non rispondo.
Un ghigno inquietante le spunta sul suo viso.
《 Ho ragione non è vero? 》Si prende una pausa. 《 Sai la cosa che più non sopporto di tutto questo? 》 Avanza di mezzo passo.
Le zampe che si muovono all'unisono, i capelli fini che le scoprono il seno. Mi fissa bramosamente mentre si passa la lingua sulle labbra screpolate.
《 Che io sono stata l'unica a pagare le conseguenze per aver dato voce al pensiero di tutti. 》Ringhia furiosa. Saliva color pece inizia a gocciolarle dalla bocca poco prima che scatti in avanti.
Questa volta però sono pronta.
Il muro a cui mi sono avvicinata è ricoperto di melma liquefatta e sassolini, e io, con le braccia dietro alla schiena ne ho raccolto un pugno pieno.
Sento il liquido ungermi la mano, scivolare per le venature della pelle rilasciando un odore nauseante.
Quando Aracne è abbastanza vicina le lancio la poltiglia maleodorante in faccia. Gli finisce negli occhi, colandole sul collo lungo e magro.
Un grido si leva dalla sua gola come se i suoi occhi stessero bruciando. Non perdo tempo e corro come se ne dipendesse la mia vita, ed è decisamente così.
I muscoli fremono per un secondo, forse a causa dell'adrenalina oppure della paura, ma recuperano subito il mio solito ritmo veloce.
Un altro grido di rabbia percorre tutta la caverna, talmente forte e stridulo che sono costretta a tapparmi le orecchie.
《 Brutta feccia umana, non avresti dovuto farlo. 》 Mi minaccia.
Sfrutto le tenebre per mimetizzarmi, mi immergo completamente in loro lasciandomi coprire come fossero una mantella, poi corro nello spazio che ho creato tagliando la ragnatela poco prima. La donna ha perso tutta la sua grazia, si muove con passi pesanti e impacciati continuando a imprecare crudele.
Cerco di calmarmi.
Mi concentro sul piano frettoloso che ho messo in piedi in pochi attimi, cercando di bloccare il fiato trafelato per la corsa.
Sono ancora troppo vicina, devo cancellare le mie tracce.
Il mio corpo viene pervaso da un tremito quando camminando colpisco un sassolino.
Trattengo il fiato. Immobile per ogni tintinnio che produce il ciottolo.
Un rumore innocente, quasi naturale diviene infinito e assordante.
Quando si ferma la caverna è caduta nel silenzio più totale.
Con il cuore in gola mi maledico e faccio lo stesso con questi stupidi sassi.
Costringo il battito a rallentare temendo che si possa sentire pulsare contro il mio torace.
Non vedo Aracne, il buio ha inghiottito anche lei.
L'unica differenza tra noi due è che lei conosce bene questo posto, io no. Prendo un respiro profondo ignorando l'odore di terra e sangue. Chiudo gli occhi e mi concentro.
All'inizio è difficile. Non percepisco niente se non un ronzio nell'orecchio, poi però i suoni si fanno sempre più limpidi.
Il perimetro attorno a me prende forma nella mia mente.
Distinguo lo scroscio delle gocce che cadono, gli scorpioni che zampettano e poi un fruscio. È breve ma sufficiente a identificarla.
Il respiro pesante le fa fuoriuscire una sorta di ringhio, la sento respirare, percepisco i suoi arti allungati scivolare sul fango.
Sono suoni minimi, una persona normale non se ne accorgerebbe.
Ma io sono cresciuta addestrandomi per questo.
Per cacciare, vedere e sentire...attaccare.
Mi chino lentamente e raccolgo una delle pietre spezzate che giaciono a terra.
Non voglio utilizzare il pugnale, quello lo sposto nell'altra mano, tenendolo stretto a me. Perché  nell'Ade sicuramente servirà più di adesso.
Socchiudo gli occhi facendoli riabituare al buio. È questione di un secondo e poi la vedo.
Il viso macchiato di nero, gli occhi serrati probabilmente feriti dai detriti che le ho lanciato.
Solleva il mento annusando l'aria, assaporandola. Gira la testa nella mia direzione con una lentezza straziante e una fila di denti appuntiti le deforma il viso.
Mi ha trovata.
Ora è solo la ragnatela a separarci.
《 Eccoti piccola mia. 》 Sibila con tono letale. Dentro di me tremo sonoramente nel sentirmi chiamare con quella voce.
Rimango immobile al contrario di lei, che come pensavo, parte all'attacco ormai succube dell'istinto omicida.
Aspetto il momento giusto, i nervi saldi. Ho solo un'occasione e se non funziona probabilmente, anzi sicuramente, morirò.
Quando la prima zampa oltrepassa il passaggio creato quando mi ero liberata, agisco.
Scaglio il sasso con la precisione di un arciere, come fosse un coltello da lancio.
Colpisce secco e agile il bersaglio.
L'aria viene squarciata proprio come il tessuto attaccato al soffitto della ragnatela.
È il cuore della sua creazione, quello senza il quale non si sarebbe retta.
La colonna portante.
E quando le fondamenta vengono demolite, tutta la costruzione cade in rovina.
È proprio quello che succede. Con un grande frastuono il groviglio appiccicoso cade addosso ad Aracne attorcigliandosi tra i suoi arti, bloccandola e stringendola, proprio com'è successo a me.
È intrappolata nella sua stessa trappola.
Mi giro e corro a perdifiato nel buio più totale.

________

SPAZIO AUTRICE
Ciao bellezze, come state?
Da qui la storia si farà più complicata ma spero che continui a piacervi.

Il Sole è sceso sulla Terra Where stories live. Discover now