Marco's

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Ogni rumore era amplificato dal silenzio che circondava il sottile materasso su cui ero sdraiata, con la mano libera cercai di sfiorarmi la zona ferita della mia caviglia. Più il tempo passava e più bruciava, strinsi i denti e cercai di guardare in un'altra zona di quella stanza vuota quando notai che avevo perso sangue dalla ferita macchiando il lenzuolo chiaro.
I miei occhi erano ovunque, era da ore che ormai cercavo di cogliere un qualsiasi dettaglio che potessi aiutarmi in quel piccolo luogo chiuso ma non trovai niente.

Con una mano ancora legata con la manetta alla struttura del letto cercai di pensare a cosa fosse successo in quelle ultime ore.

Ero uscita da lavoro, stavo andando verso casa e mi hanno rapita. Continuavo a sentire la mia mente così limitata in quel momento. Non sapevo chi fosse quell'uomo, con il suo viso impresso nella mia mente mi era comunque difficile capire se lo avessi già visto prima di quella sera. Come faceva a sapere che sarei uscita dal ristorante proprio a quell'ora senza seguirmi? E se in realtà lo faceva? E se mi aveva seguito per mesi e io neanche me ne fossi accorta?

Cercai di riflettere, ripensai ai mesi precedenti arrivando alla conclusione che non mi ero mai sentita neanche un secondo in pericolo o con la sensazione di essere pedinata. Ormai non mi fidavo più neanche di me stessa, poteva essermi veramente sfuggita una cosa del genere?

Chiusi gli occhi, non per dormire, quella notte non avrei chiuso occhio. La mia mente passava repentinamente da uno stato confusionale ad uno stato di assoluto vuoto, feci dei respiri profondi per scongiurare una crisi respiratoria che sentivo iniziare a crescere con l'aumentare del mio respiro.

Avevo visto per qualche secondo il panorama quando mi aveva fatto uscire dal bagagliaio, eppure quella non assomigliava per niente alle città delle mie parti, non sapevo quanto ero lontana da casa, non sapevo quante ore erano passate o tra quante sarebbe spuntato il sole.

Continuavo ad essere assillata dal ricordo della sua voce che dice il mio nome. Chissà cos'altro sapeva su di me. Piansi in silenzio, era inutile che mi raccontavo storie per ferire di meno il mio, ormai debole, equilibrio mentale. Inconsciamente sapevo che era a conoscenza di come conducevo la mia vita, non ero stupida e capivo perfettamente il perché avesse scelto proprio me. Anche se giovane ero andata ad abitare da sola in un appartamento di proprietà della mia famiglia lontano dalla città in cui ero cresciuta con loro, negli anni della mia adolescenza non ero riuscita ad instaurare un buon rapporto con i miei genitori. Non avevo sorelle o fratelli e abitavo da troppo poco tempo da sola per essermi fatta degli amici nella nuova città. Sapevamo benissimo sia lui che io che ci avrebbero messo giorni prima di percepire la mia scomparsa.

Tristemente pensai che la persona che più probabilmente si sarebbe accorta della mia assenza sarebbe stata Fred. Lavoravamo come camerieri al Marco's da quanto mi ero trasferita, era la cosa più vicino ad un amico che avevo, eppure non avevamo quella confidenza da farlo preoccupare per qualche giorno di assenza da lavoro.

Un senso di colpa ed ansia mi prese lo stomaco facendomi lamentare dal dolore, lo avrei mai rivisto? Avrei mai rivisto i miei genitori?

Abbandonai l'idea di voler fuggire dal quel posto il prima possibile convincendomi che sarebbe stato più sicuro aspettare di avere più informazioni su quel luogo.

Sentii dei passi lungo il corridoio, il mio cuore iniziò a battere velocemente e divenni nervosa dalle manette alle mie caviglie fino alle punte dei miei capelli biondi.
Li sfiorai, erano asciutti e rimasi confusa quando notai una leggera luce passare da sotto la porta.
Era già mattina, come aveva fatto il tempo a sfuggirmi così di mano?

La porta si aprì dopo aver sentito la serratura gracchiare.

Il ragazzo mi guardò appena, si avvicinò al letto e si sedette vicino ai miei piedi. Si accorse della chiazza di sangue ma non disse niente.

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