Coltello

14.9K 889 404
                                    

Nel dormiveglia sentii una mano appoggiarsi sulla mia spalla. La luce della stanza era abbastanza fioca da non darmi fastidio agli occhi o da permettermi di continuare a riposare. Una lacrima uscì da sotto le mie palpebre chiuse, avevo fatto un bel sogno. Ero nel mio piccolo appartamento, sdraiata sul mio letto, a guardare i palazzi illuminati fuori dalla finestra, avrei fatto di tutto per prolungare anche solo di un secondo quel momento in cui potevo ancora fare finta di sentirmi al sicuro. 

La mano che prima stava sulla mia spalla si era spostata lentamente sul mio fianco, strinse il bordo della coperta che lui mi aveva dato la sera prima e lo tirò verso l'alto per scoprirmi. Avrei voluto solo stare da sola. Tolse le manette dalle mie caviglie, quella fasciata faceva ancora un po' mane ma stava lentamente guarendo. Strofinai i piedi contro il lenzuolo e potei sentire chiaramente la chiazza di sangue ormai asciutta che era rimasta lì senza essere pulita. 

-Meghan.- sussurrò una voce bassa. Non lo avevo neanche sentito entrare dalla porta da quanto ero assorta dal mio sogno.

Non volevo aprire gli occhi e affrontare un altro giorno nel mio incubo infinito. Al contrario del taglio sulla mia caviglia, chissà se la ferita che mi stava infliggendo nella mia mente sarebbe mai guarita. Ebbi il timore che avrei pensato a quei giorni per tutta la mia vita. 

-Meghan, svegliati.- disse ancora.

Era come se stesse parlando con una bambina, avrei voluto comportarmi così. Tenere gli occhi chiusi fino a quando magari sarei morta, o fino a quando mi avrebbe uccisa.
Lo avrebbe fatto?

Mi sfiorò il viso ed io aprii gli occhi, guardare la sua faccia mi fece scordare in un istante il sogno che mi aveva rassicurata. Si era chinato verso di me e le manette che erano alle mie caviglie sputavano dalla tasca anteriore dei suoi jeans. Doveva essersi appena svegliato perché i suoi occhi erano gonfi e i suoi capelli più spettinati.

-Alzati.- ordinò, la voce diventò meno gentile.
Slegò il polso al letto e lo unì con la manetta all'altro. Mi fece alzare, teneva il suo dito indice agganciato alla catenella che collegava i miei polsi e camminava davanti a me così da potermi portare dove più gli piaceva. 

Andammo al piano superiore, era la prima volta che salivo quelle scale con i miei piedi, senza essere appena ad una sua spalla come un cadavere. Ormai non mi ricordavo neanche quanti giorni erano passati da quando ero lì. 

Si girò di scatto verso di me, mi guardò da capo a piedi velocemente e si girò di nuovo.

-Oggi faremo un bagno, poi ti darò dei vestiti puliti.-

Io schiusi le labbra dietro di lui, il rumore dei miei passi era alternato, un piede non faceva rumore perché fasciato mentre l'altro produceva un tonfo contro il parquet.

Lo guardai confusa. Voleva fare il bagno come me?

Tutto quello non aveva senso, mi teneva tutto il giorno chiusa in quella che ormai era diventata la mia stanza, ogni tanto entrava per vedere come stavo ma fondamentalmente i momenti in cui dovevo guardare il suo viso era quando si prendeva cura di me. Mi sentivo come una bestia, il mio odio verso di lui era così palpabile che pure i muri se ne sarebbero accorti. Avevo voglia di fargli male. 

Mi si chiuse lo stomaco.

Mi fece sedere sul solito sgabello e mi diede da mangiare, non era possibile per lui legarmi al tavolo visto che non c'erano tubi o ganci, avrebbe potuto legarmi le caviglie allo sgabello ma non lo fece. 

Posò il mio piatto sporco e lo lavò subito, avevo constatato che aveva una mania per l'ordine e il pulito, il piano della casa in cui era situata la cucina era perfettamente in ordine, eppure non aveva ancora pulito le mie lenzuola sporche di sangue. Per attaccarlo avrei dovuto conoscere meglio la "persona" che avevo davanti, non lo ritenevo neanche degno di quella definizione. Il pensiero di scagliarmi contro di lui e mettergli le mani al collo si fece ancora più invadente nei miei pensieri. 

HeldDove le storie prendono vita. Scoprilo ora