Capitolo 8 - III

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La presenza improvvisa di Dario mi aveva ingelosito e mi stava trascinando in un vortice di errori.
Lei era ovvio che fosse stufa dei miei atteggiamenti, non se li meritava, i suoi occhi e le sue parole chiedevano chiarezza.
Per tutta la sera pensai solo a lei, al fatto che dovevo parlarle e confessarle i miei sentimenti.
Volevo portarla via da quel tavolo, dagli occhi famelici di quello che una volta era stato il suo fidanzato.
Solo a pensarci mi veniva la nausea. Ero geloso di tutto, soprattutto del suo passato.
Provai a mantenere il controllo nonostante Dario mi provocasse.
Antonio dal suo lato del tavolo aveva osservato tutto e proprio prima di andare via mi prese da una parte con una scusa.

"John sei liberissimo di dirmi di farmi gli affari miei, ma per favore fai qualcosa!"

"Cosa intendi?" Sapevo benissimo cosa intendesse.

"Isabella deve sapere! Dille cosa provi prima che Dario o qualcun altro te la portino via"

"E così evidente?"

"Solo un cieco non se ne accorgerebbe. Tira fuori le palle e parlale, non ne trovi un'altra come lei"

"Non è così semplice, e se lei non mi volesse? Non posso metterla in questa situazione, dopotutto lavora per me!"

"Lei ti vuole John, vuole solo te! Ma non tirare troppo la corda si stuferà di aspettarti!"

"Sei pieno di certezze Antonio questa sera!"

"Ma ragazzi miei è così palese, me ne sono accordo dal primo giorno che vi ho visto insieme!"

Feci un cenno con la testa e chiusi gli occhi stringendoli con due dita per concentrarmi.
Aveva ragione Antonio era ora di confessare e portarla via con me.
Tornai al tavolo ma quello che sentii mi bloccò di nuovo. Lui le parlava del fatto che l'avrebbe sposata, che se non si fossero lasciati lui le avrebbe fatto la proposta.
In quelle circostanze la parte peggiore di me usciva fuori, diventavo freddo, maleducato e anche arrogante era probabilmente un inconscio stato di difesa.
Andai via nonostante lei mi chiamava.
Mi pentii subito, era sempre cosi, più provavo a starle lontano più dovevo tornare da lei.
Non potevo lasciarla con lui.
Un senso di panico mi travolse, tornai al ristorante ma non c'era. Provai a bussare alla porta della sua camera ma sembrava non esserci nessuno. Chiesi alla reception se magari era uscita o se si era fatta chiamare un taxi. Mi confermarono solo che un taxi era stato chiamato a nome di un certo Dario.
La paura che fosse andata via con lui stava prendendo sempre più piede e sembrava diventare una possibilità reale.

Era di MaggioDove le storie prendono vita. Scoprilo ora