Capitolo quattro

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Capitolo quattro

Ed eccolo qui un nuovo giorno.

Mi svegliai presto, feci una doccia e asciugai i capelli facendo delle onde morbide. Subito dopo mi soffermai a guardare il mio armadio.

Presi un paio di skinny jeans neri strappati, un maglioncino crema ed infine i miei adorati anfibi. Afferrai il mio cappotto ed uscii fuori di casa; il giorno precedente mi accorsi che non molto lontano dal campus c'era una caffetteria, così mi incamminai per raggiungerla.

Entrata, ordinai un cappuccino e mi sedetti ad un tavolino. Mentre sorseggiavo il cappuccino bollente rileggevo e correggevo il testo scritto la notte precedente. Per aver scritto nel cuore della notte e con il sonno che mi prendeva a schiaffi dovevo ammettere che non era venuto poi così male.

«Io mi accomodo!»
Quasi rovesciai tutto il cappuccino sul testo per lo spavento che mi causò Yoora.
«Mi hai fatto prendere un colpo» dissi mentre adagiavo il cappuccino sul tavolino.
«Forse era il mio intento» mi sussurrò ridendo.
Scossi la testa socchiudendo gli occhi.

«Quindi oggi ti unisci a noi per pranzo?» mi chiese prima di iniziare a sorseggiare la sua bevanda
«Mi farebbe piacere...» dissi, ma lei mi interruppe. «Ma?»
Poggiò il cappuccino ed addentò un biscotto.
«Ma devo consegnare il famoso testo di cui ti parlavo ieri» dissi indicando il testo.

Lei me lo strappò dalle mani, io mi allungai per prenderlo; mi imbarazzava che qualcuno potesse leggere le mie cose; non sapevo il perché: era come se in ogni riga mi mettessi a nudo con il timore che venisse fuori la vera me.

«Da dove hai copiato?»
Ridette sventolandomi i fogli davanti al viso.
«Da nessuna parte!»
Alzai gli occhi a cielo per poi strapparle il fascicolo dalle mani.
«Sei davvero brava a scrivere!»
Mi guardò alzando un sopracciglio ed io feci spallucce corrugando le sopracciglia.

Continuai a bere il mio cappuccino mentre Yoora parlava del test che avrebbe dovuto affrontare tra meno di due ore; Dovevo ammettere che mio padre Ian non era poi così logorroico... ridetti sotto i baffi mentre lei continuava a blaterare parlando della differenza tra Astri e Pianeti; continuò ancora a parlare ma non le stavo dando retta perché pensavo alla mia vecchia vita, la vita prima di venire qui.

Mi mancava ogni cosa di New York, persino il caos della metro che, per anni, avevo tanto odiato; chi l'avrebbe mai detto?

«Ci incamminiamo? Oppure vuoi stare qui a fissare la tazza per ore?» mi chiese Yoora.
Sgranai gli occhi e per poco non mi strozzai con il cappuccino.
«Scusa, ma stavo pensando al testo e mi sono persa, cosa stavi dicendo?»
Presi il cappotto e ci incamminammo verso il campus.
«Non ricordo, ho parlato di così tante cose...» si poggiò una mano sulla fronte come se volesse ricordare quello che aveva da dirmi.
D'un tratto si fermò stupita.
«Ma voi che ci fate qui?» disse Yoora urlando e andando ad abbracciare un gruppo di ragazzi.

Io rimasi lì ferma a contemplare il mio block-notes tutto colorato e con dei disegnini infantili orribili.
«Ivy!»
Alzai lo sguardo verso Yoora.
«Vieni ti presento i miei amici!»
Mi avvicinai verso il gruppo.

«Loro sono Amanda e quel burlone di Sangtae» disse indicando un ragazzo dai tratti asiatici.
«Ma puoi chiamarmi Tae» disse sfoggiando un sorriso che fece sorridere anche me.
«Okay, okay» disse Yoora, scuotendo la testa.

«C'è la bellissima Sung insieme al suo ragazzo Jackson ed infine il misterioso e solitario Joo Jaekwang.»
Più li guardavo, più dimenticavo i lori nomi.
Sorrisi imbarazzata.

«Io sono Ivy» dissi imbarazzata.
Guardai l'orologio, si era fatto davvero tardi, dovevo consegnare il testo ma ero ancora lì a ricordare i nomi di tutti loro.
«Yoora io vado...»
Richiamai la sua attenzione scusandomi per averla interrotta.

«Dovrei andare anch'io» disse mentre guardava l'orologio. Salutai tutti ma quando stavo per andare via sentii chiamarmi.
«Domani daranno qui una festa, perché non vieni?» urlò da lontano il ragazzo dal bel sorriso. Feci spallucce e dopo annuii felice.

***

«Buongiorno ragazzi.»
Il docente entrò poggiando la sua ventiquattrore sulla cattedra.
«Vengo al dunque» disse e si ammutolì.

Tutti noi lo guardammo perplessi.
«Come sapete mi ero ripromesso di leggere i vostri elaborati la prossima settimana, ma c'è un testo che emerge tra tutti quelli che ho letto...» continuò il docente sedendosi sulla cattedra ed iniziando a cercare il testo.
Trovatolo lo aprì e si fermò.

«Voglio essere sincero con voi... in tanti anni di insegnamento non ho mai visto un elaborato svolto così.»
Quando finì sollevò gli occhiali portandoseli al naso.

«Schopenhauer definì la vita umana come un pendolo che oscilla passando attraverso la fugace illusione del piacere...» disse fermandosi a quelle parole e guardando ognuno di noi.

Continuò a leggere il testo, capii che era il mio.
Non sapevo se interpretare la frase "Voglio essere sincero con voi... in tanti anni di insegnamento non ho mai visto un elaborato svolto così" in modo positivo o negativo.

Cara Ivy, non dovevi perdere tempo con Yoora! Che compito hai presentato?

«Questo testo si conclude con una famosa affermazione del filosofo Schopenhauer "Chi non ama la solitudine non ama la libertà, perché non si è liberi che essendo soli".»
Poggiò il mio testo sulla cattedra.

Potei sentire sul petto il tonfo del mio testo.
In quel preciso istante avrei voluto sprofondare in quella sedia fino a diventare piccola, o magari scomparire del tutto.
«La lezione si è conclusa.»
Si sedette nella cattedra ed iniziò a rileggere il mio testo.

Lasciai tutto sul mio banco e andai verso il docente per chiedere delucidazioni.
«Salve...» dissi, notando che stava appuntandosi qualcosa sul mio testo.

Cara Ivy, è stata una pessima idea venire qui, vuoi fare un ulteriore figura di merda? Non ti è bastato per oggi? Come devo fare con te...

«Signorina Black.»
Alzò lo sguardo abbassandosi gli occhiali sul naso. Fui sorpresa e quasi confusa. Come sapeva che ero io? Eravamo più di 25 in aula.

«Ehm...» dissi grattandomi la nuca, «il testo che lei ha letto pocanzi era il mio» dissi tutto in un fiato.
«So che ha scritto lei questo testo.»
Poggiò la penna sulla cattedra e mi guardò dritto negli occhi.
«Sono davvero sorpreso dalle sue capacità.»
Mentre parlava incrociò le braccia.

«Se lei è d'accordo, vorrei far leggere il suo testo al Club di Lettere in cui io sono iscritto.»
A quelle parole sentii il mio cuore scoppiare di gioia; all'inizio pensai che avrebbe considerato il mio testo uno dei più terribili che aveva letto nella sua vita, invece fu esattamente il contrario.
«Certo, ne sono lusingata» esordii felice.
Lui mi sorrise congedandosi.

Fui talmente felice che quella mezza giornata passò velocemente, tanto che quando arrivai a casa finii per raccontare tutto a mia madre; fu più felice di me di quella notizia.
«Mamma» dissi tornando seria, lei corrugò le sopracciglia guardandomi negli occhi.
«Dimmi tesoro» disse, per poi rilassare il viso prendendomi le mani.

«Yoora mi ha invitata ad una festa universitaria, posso andare?» chiesi sorridendo e facendole gli occhioni dolci.
«Uhm...» farfugliò tenendosi il mento con le dita, «convincerò io papà.»
A quelle parole le saltai addosso per la felicità; quando andò via dalla camera mi sdraiai sul letto, guardai il soffitto e ripensai alle parole dette dal mio docente.

"Sono davvero sorpreso dalle sue capacità... Se lei è d'accordo, vorrei far leggere il suo testo al Club di Lettere in cui io sono iscritto"

Quelle parole mi resero la giornata migliore perché sapere che qualcuno apprezzava ciò che scrivevo non aveva eguali.
Mi faceva sentire importante.

Black SwanWhere stories live. Discover now