Trauma e felicità

32 7 7
                                    

Lario sedette sul muretto che separava il lato scosceso della collina dal ramo di paese che aveva lussureggiato fin lì. Una brezza che sapeva di rugiada si infilò nei suoi pantaloncini e gli solleticò la pelle addormentata. Si era alzato presto: il Sole non aveva ancora deciso di che colore avrebbe tinto il cielo, ma non aveva resistito. Scosse le ciocche castane. C'era qualcosa, nelle nuvole, nel vento, nell'alito della terra al risveglio, di ridente.

Non ebbe il tempo di approfondire l'indagine, che Rubio lo raggiunse zampettando nelle pozzanghere di luce albeggiante. Con un balzo gli si sedette accanto.

«Svegliarti presto sta diventando una tua abitudine.»

«Non è vero.» ribatté Lario, la voce ancora intonsa dall'adolescenza.

«Hm-hm.» ridacchiò la volpe agitando la coda rossa e bianca sotto al muso. «Menti a te stesso, un'abitudine vecchia.» Chinò il mento per indicargli le scarpe celesti. «Qualcosa di nuovo, qualcosa di vecchio, qualcosa di blu... Ho capito: ti sposi.»

Lario lo guardò a bocca aperta.

«Ti manca qualcosa di prestato. Ti darei volentieri la mia pelliccia, se solo ne avessi un'altra.» Rise e stiracchiò l'anima al sole. Era una volpe, ma si comportava come un gatto.

«Senti... Rubio... Pensi che avendo a disposizione un tempo infinito si possa raggiungere la felicità?»

L'altro non mosse un ciglio. Dopo un po' schiuse le labbra nere, come a fare una smorfia. «Cioè come se si fosse immortali, come noi?»

Lario annuì.

Rubio finse di pensare a una risposta, ma dato che considerava quell'orario troppo acerbo per formulare idee mature, non parlò. La punta del suo orecchio venne catturata da un suono che la fece piegare all'indietro. Volse il muso in modo da continuare a udire solo il morbido sbattere dei panni stesi a un balcone, ma presto si trovò costretto a spalancare le palpebre. Era Lario.

Il ragazzino si agitava sul posto colpendo il muretto con i talloni a un ritmo irregolare, pallida imitazione di un ritornello perfetto nella sua testa, che non riusciva a imitare. Una spinta ancestrale lo invitò a dirgli che andava tutto bene, ma si trattenne. Costruiti addossati al muretto di contenimento c'erano il caffè vegano e l'erboristeria in cui poter scegliere personalmente la propria miscela. Era un progetto bislacco, ma architettato con cura dopo il rientro dalla guerra come veterani. Perché urlare al mondo che l'anima di Rubio era quella di un uomo era un'idea mediocre, ma dare il suggerimento tramite una volpe vegana, era geniale.

Ma due negozi segnati dal tempo, era solo quello che i concittadini notavano. Rubio vedeva le crepe lasciate dai cani dell'ex maggiore Lassife. Ricordava la rabbia di Lario, la sua caccia ai resti della banda della disertrice e la loro consegna alla giustizia. Rammentava il rifiuto del suo compagno dei lavori di ristrutturazione, animato dal timore che il nuovo lavoro fosse peggiore di quello vecchio danneggiato, e i colpi dati ai pannelli colorati sopra le porte, affinché le ammaccature avessero un "ritmo almeno sopportabile".

Rubio si alzò sulle zampe.

«Mi dispiace che la giornata sia rovinata.»

«No...» ansimò Lario mentre riprendeva fiato. «Non è rovinata...»

La volpe drizzò le orecchie. Quella era una novità.

«Questa giornata... Va bene.»

Una fiumana di ricordi inondò le iridi nere di Rubio. La situazione disperata nella trincea. Il tradimento della maggiore e del suo gruppo. L'inseguimento. Il ritrovo della reliquia. Il contatto. Il fulmine. L'incantesimo. La metamorfosi in un ragazzino e in una volpe. La pensione da veterani, perché durante i festeggiamenti per la pace erano in coma.

Nel cuore di Rubio, si annidava anche una consapevolezza per la quale non aveva mai chiesto conferma al suo commilitone. La conoscenza che durante ogni singolo istante del conflitto, lui aveva sentito le voci dei genitori riecheggiare nella testa. Gli aveva rivelato il turbamento una volta, di sfuggita, accennando quanto fosse perenne. Perciò sapeva che l'eco del dolore infantile prosperava in Lario.

«Stai bene?»

«Sì. E... e per la prima volta non sto bene "nonostante tutto". Davvero. Adesso avrò ventisei anni. Piano piano, da quando ho iniziato una nuova vita qua...» Concluse, e Rubio gli si strusciò su un fianco.

Aveva un che di miracoloso.

Un giorno ti siedi su un muretto, e la cicatrice del trauma ha preso una forma più comoda. Più aerodinamica, più estetica, più aderente alla tua vita.

Un giorno il tuo amico ti si siede accanto in forma di volpe, e tu hai scelto di non essere resiliente. Di accogliere il dolore e fare pace con il lato di te che, ferale, è sopravvissuto e vuole la vendetta, la morte.

Un giorno guardi l'alba, e senti il profumo della tua caffetteria vegana. I negozi aprono. La tua attività funziona. La gente ti saluta. Piangi e il vento ti asciuga le lacrime.

Un giorno, la tua vita prenderà una piega diversa da quella che avevi progettato, e tu ti ritroverai felice. 

I racconti oltre lo specchioOù les histoires vivent. Découvrez maintenant