Medium

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La Cerimonia della Luce si concludeva ogni anno senza troppi fronzoli. Gli studenti intuivano presto che la Purga del Fuoco, lo Scisma del Vento e il Tè delle Cinque erano una maggiore fonte di eccitamento.

I nuovi pupilli dell'AUM (Associazione Universale Medium) si ritrovarono sotto la statua angelica nella pizza centrale di Zerut, la mattina dell'equinozio d'autunno, per venire condotti dagli istruttori nel bosco dei miracoli. Uno solo era stato capace di stare zitto per due secondi di fila.

«Ok, puoi uscire adesso.» sussurrò Cato all'amico.

Il ragazzo abbassò il cappuccio del mantello sulle spalle e prese un respiro profondo. L'ansia gli costringeva sempre i polmoni. «Grazie.»

Anebro si guardò attorno. Avevano appena lasciato la città, ma un bosco di betulle e basse querce già li avvolgeva. Inspirò l'aria permea del cinguettio degli uccellini prossimi alla migrazione stagionale. Tutto sapeva di morbidezza.

«Secondo te quanto è grande?» lo coinvolse subito una compagna nella conversazione.

Lui, entusiasta, si unì.

Un mese prima gli aspiranti medium erano stati almeno mille, ma esame dopo esame la commissione aveva estratto i venti più meritevoli. Dopo una selezione così minuziosa, tutti erano almeno un po' sorpresi di trovarsi in quella fila indiana di mantelli rossi, ma Anebro ancora non credeva ai suoi occhi.

I suoi genitori non erano medium e in casa non aveva trovato materiale su cui esercitarsi. La partenza per la capitale era stata un atto di ribellione nei loro confronti, una scelta presa d'impeto per dimostrargli che non sarebbe rimasto un ragazzino di campagna per sempre. E perché il richiamo degli spiriti era forte.

Per questo evitava sempre di recarsi in città. Se i suoi lo volevano trovare, i posti affollati a cui tanto anelava sarebbero stati la loro prima scelta. Ma non lo avevano mai scovato, e adesso camminava verso il Primo Segreto accanto ai più grandi secchioni dell'universo.

Dal gruppo di pupilli si levò un fiume di lamenti. Gli istruttori sorrisero.

Cato morse una guancia, non voleva apparire troppo contraddetto. Aveva intuito che il Primo Segreto dovesse essere una specie di tempio diroccato, ma ne restava troppo poco perché fosse eccitante.

Gli alberi erano rimasti bassi, il centro della foresta non ospitava nessuna quercia in grado di sfiorare le nuvole. Le stesse colonne di marmo, alte cinque metri, ne sfioravano le fronde. Il tetto era assente, le pietre bianche del pavimento invase dall'erba, l'altare basso.

L'istruttore Ermelo attraversò il colonnato con un sorriso malcelato. Salì quella misera scalinata ricoperta di edera facendo svolazzare il mantello azzurro, colore simbolo del loro potere. Si voltò teatralmente e pestò il tallone sulle lastre.

«Non lo potete vedere, ma qui sotto di me c'è il cerchio di rune che risveglierà in voi la capacità di comunicare con il mondo degli spiriti. Venite avanti uno alla volta e posizionatevi al centro, poi recitate la formula. La vostra anima si fonderà con la Luce e vi sentirete un po' straniti, ma non agitatevi.»

«Quindi...» bisbigliò Anebro a Cato. «La formula che ci hanno dato ieri era da imparare a memoria?»

Cato rise. Anebro no.

La prima pupilla avanzò confidente. Salì la scale e si immerse nella roccia sul culmine dei gradini.

«Ok, guarda.» sospirò il compagno. «Adesso lei si mette al centro del cerchio di rune e sussurra: "Numi atri." Poi tocca il simbolo a nord. La vedi?»

Anebro puntò gli indici verso di lui. «Ovviamente no, se è entrata nella pietra.»

«Quale pietra?»

Il ragazzo sollevò gli occhi al cielo e spremette le meningi. Il monolite sulla scalinata era alto quattro metri, segnato verticalmente da una linea che si piegava in un vortice all'estremità superiore. Ne aveva visti di simili sui dipinti.

«La stele. Ora il prof. è contento?»

Cato scrutò il tempio. «Non c'è nessuna stele qui attorno. Senti, non metterti a giocare. Anche io mi aspettavo che il Primo Segreto fosse qualcosa di un po' più misterioso, però-»

«Il Primo Segreto non è affatto qualcosa di banale.» lo corresse l'istruttore Ermelo. «Si trova nel punto dove la nostra antenata Calla lasciò in eredità il suo potere ai medium perché potessimo proteggerci dalle incursioni degli imp. Voi lo studierete al primo anno, ma il tempio viene anche chiamato "Prima Stele" perché si narra che Calla ne abbia lasciata una proprio qui, visibile solo ai discendenti del suo nobile sangue.»

Il volto di Anebro si illuminò. Gonfiò le guance mentre i suoi occhi si colmavano d'emozione. Gesticolò convulsamente indicando il suo petto e la stele.

Cato scosse la testa. «Anebro, no.»

«Anebro sì!»

Lo afferrò per il mantello. «Non fare cazzate.»

Il giovane gli strinse i gomiti. «È una delle cose più forti che mi sia mai successa.» Eccitato scosse una mano in aria. «Hey, io vedo la stele.»

Cato spiattellò il palmo sulla faccia. Gli istruttori corrugarono le sopracciglia. Il più vicino, Ermelo, lo afferrò per un orecchio e lo trascinò su per i gradini del tempio. Lo spinse in modo da poterlo guardare dritto negli occhi colmi di sospetto.

«Il Primo Segreto non è qualcosa su cui scherzare.»

«Ma io non sto scherzando.» scrollò le spalle Anebro, con ancora un sorriso ebete stampato sulle labbra.

Ubriaco di gioia appoggiò entrambi i palmi sulla roccia levigata, che, in un'esclamazione di stupore, divenne visibile a tutti. Il pupillo sentì la pelle frizzargli, il mondo girare vorticosamente.

Si ritrovò solo, la foresta immersa in un'atmosfera cerulea. I blocchi marmo, ora blu cobalto, fluttuavano separati gli uni dagli altri. Le fronde si agitavano mosse da un vento violaceo, ma senza emettere suono. La più potente energia che avesse mai percepito gli scrutava l'anima.

Sentì la volontà della sua antenata di trasmettere il proprio potere perché l'umanità fossa al sicuro, a costo di immolare per la causa lei e figli del suo sangue.

Staccò i palmi dalla stele. Stranito, come l'istruttore aveva indovinato.

"Ora ho capito perché i miei non volevano che venissi qui." tossicchiò.

I racconti oltre lo specchioWhere stories live. Discover now