Capitolo 68 - Figlio della luna

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POV ERIKA

La principessa è seduta di fianco a me e mi legge una delle storie più belle che abbia mai sentito.
Il protagonista è un Duca e la sua amata ha il nome che mi ricorda molto uno sirena.
Daphne.
Simon è bello, sfuggente, libertino e incapace di dimostrare a Daphne i suoi sentimenti.

Proprio come mio fratello.
Ariel è la sua Daphne.

La guardo, non alzando mai lo sguardo sopra le sue labbra. Nessuno se n'è mai accorto ma quando la persona che sta con me non mi presta nessuna attenzione, io talvolta riesco ad alzare gli occhi e m'impegno tantissimo per capire cosa sta provando.
Poi, devo disegnarlo.
È come un gioco. Me lo ha insegnato la dottoressa e da qualche settimana lo sto facendo con chi mi circonda. Mamma, Joe, Ariel.

Il disegno è il mio unico modo di comunicare, per il momento. So scrivere, me lo hanno insegnato, ma le parole hanno un senso troppo complicato rispetto ai disegni.

Ci sono delle lettere che arrivano al mio cervello come delle piccole incognite.
La lettera H si può scrivere in tanti modi diversi; nella lettera O alcuni usano l'asticella e altri no; la lettera A c'è chi la fa sembrare una chiocciolina chi un triangolo.
E la maestra che mi ha insegnato a scrivere quando era piccola, alla lavagna le scriveva sempre in modo differente mandandomi in confusione totale. Ho bisogno di ordine, di routine.
Per la mia mente, tutto questo è troppo... se ci provo, poi mi blocco.

In un disegno invece, il sole è sempre uguale. Tondo, giallo, in alto a destra.

Dal camino della casa esce sempre il fumo lungo e stretto.

I fiori hanno tutti la stessa struttura: stelo, petali, foglie.

Chissà, magari un giorno riuscirò a scrivere anch'io quando la mia testa me lo permetterà... ma ancora non ci sono riuscita e va bene così. O almeno la mamma e Ariel non fanno che dirmi che il disegno è un ottimo modo per esprimermi.

Quando devo esprimermi in modo veloce o con urgenza, uso i fogli con stampati sopra i personaggi di Inside Out. Ognuno rappresenta un'emozione e io li cerchio per comunicare.
Me li ha regalati la principessa qualche mese fa.

La guardo.
Finalmente riesco a vedere i suoi occhi cioccolato fondente che guardano fuori dalle vetrate della sala.
Nel nostro cortiletto c'è Joe... sta picchiando un sacco da boxe. Credo lo faccia per sfogarsi.

Poi, lui alza gli occhi e li punta verso di noi, verso di lei.
Si guardano.

Se dovessi provare a indovinare quello che vedo in queste loro espressioni, direi che mio fratello sta cercando di trattenersi e che Ariel si sente sconfitta. Il petto le si alza e abbassa velocemente; reazione che credo stia a indicare nervosismo e, infatti, la bocca le si socchiude per incamerare più ossigeno.
Stropiccia le dita le une con le altre, in viso cambia colore e diventa rosso fragola, le pupille si allargano... penso stia cercando di trattenersi da non so bene cosa.
La gamba destra inizia a tamburellare nervosamente e così anche le dita. Succedeva anche alla mamma quando guardava nascosta dietro una tenda della cucina il padre di Ariel che fumava sul dondolo.

Ma di sicuro il sospiro che emette non appena Joe ricomincia ad allenarsi, è inequivocabile persino per me. Soprattutto se accompagnato da un cenno di no con la testa.
È delusa.

Io e il mio fratellone siamo enormemente diversi, ma in certe cose siamo identici.
Nessuno dei due riesce a esprimere i propri sentimenti... ed entrambi rischiamo di non far sentire importanti coloro che sono addirittura fondamentali.
Io però, Joe lo conosco benissimo. È come se fossi lui, certe volte... e so che tiene ad Ariel come a nessun'altra prima d'ora.

Io che sono in un mondo fatto di silenzi, riesco a capirlo perfettamente proprio perché lui usa quel silenzio contro sé stesso e la sua felicità.

Ma Ariel non è come me. Lei vuole qualcosa da parte sua, ma lui non riesce ad accontentarla.
Immagino che le persone normali siano fatte in questo modo. Dare e avere, in uno scambio equilibrato.

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