81 - Sottovalutare

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POV ARIEL

Il mattino dopo l'attacco allergico

Mi sveglio, ma avverto la sensazione di avere un pallone che preme sopra la mia testa.
Aprendo gli occhi la luce che riempie la stanza non da scampo a questo simpaticissimo mal di testa.

La sensazione è quella della torcia del telefono piantata davanti alla palpebra chiusa dopo otto ore di sonno.
«Ahi.»

Per poco non impreco quando sento la voce sconosciuta di una donna vestita di bianco, la quale è tutta impegnata a trafficare con la mia flebo.
«Ben svegliata signorina Miller, vado subito a chiamare la dottoressa» dopo un sorriso affabile esce dalla stanza.

Un attimo.
Flebo?

Mi sollevo come posso sul lettino e, guardandomi attorno, mi rendo conto di essere un una stanza d'ospedale. Mi torna in mente quasi all'istante che ho avuto un grosso shock anafilattico.
Cazzo. Sprofondo con un tonfo nel letto e chiudo gli occhi.

Uno shock anafilattico... da noccioline. Nessun altro alimento mi fa questo effetto. Non c'è altra sostanza capace di ridurmi in quello stato. Ma come diavolo è possibile, mi chiedo? Cerco di analizzare ciò che ho mangiato che potrebbe aver scatenato questo evento e... mi viene in mente solo la pizza. Gli ho dato qualche morso e poi sono stramazzata a terra.
Certo che è piuttosto strana come cosa.

Perché dovrebbe essere presente della nocciola su una pizza?
Forse un errore del pizzaiolo o una contaminazione con qualche altro alimento? Potrebbe essere.

Quasi non mi accorgo che l'infermiera è già di ritorno con una dottoressa dai lunghi capelli neri, in quanto il mio cervello è troppo impegnato a cercare un perché e un per come.
Il medico mi guarda da dietro la cartellina che tiene davanti a sé, la legge in velocità per poi sorridermi cordialmente.
Mi sento immediatamente a mio agio. A volte è incredibile ciò che un sorriso o uno sguardo gentile sono in grado di fare su qualcuno in stato nervoso.
«Salve Ariel, è in ospedale a seguito dello shock anafilattico che ha avuto. I suoi amici le hanno salvato la vita con l'iniezione di antistaminico che le hanno fatto. L'ambulanza è arrivata poco dopo e l'ha portata d'urgenza qui.»

Ambulanza? Ricordo solo, come ultima cosa, le dita di Joe che odoravano di altre donne attorno alla mia faccia.
Un senso di nausea mi colpisce all'istante e lo ricaccio con tutte le mie forze indietro, insieme alla bile.
Fanculo, avrei preferito rimanere svenuta ancora qualche ora.

«Ora è fuori pericolo. Le abbiamo fatto le analisi appena giunta in reparto e i risultati confermano che i parametri sono tornati quasi del tutto normali» sposta lo sguardo sulla cartelletta e appunta qualcosa con una penna presa dal taschino del camice bianco immacolato.
«Inoltre per l'altra questione la informo che sembra tutto a posto, ma sta arrivando in reparto la mia collega per una visita. Deve comunque stare molto attenta a tutto ciò che mangia d'ora in poi, perché se dovesse riavere uno shock anafilattico di questa entità sarebbe davvero molto rischioso per il feto. Si ricordi sempre di assicurarsi dell'assenza dell'allergene in tutto ciò che mangia.»

Ah.

Come?
Cosa?
Chi?

«Può - può ripetere per favore?» non può averlo detto davvero, dai.

La dottoressa mi osserva un po' e probabilmente intuisce il mio stupore nell'udire quelle parole perché subito dopo si avvicina di un passo e mi pone una mano sulla spalla.
«È incinta, Ariel. Abbiamo fatto le analisi di routine e nelle giovani donne ricerchiamo sempre anche la presenza dell'ormone indice della gravidanza. Le sue Beta hCG risultano elevate.»

Batto le palpebre. Cerco di regolarizzare il mio respiro. Il cuore, esploderà.
Sono incinta... sono davvero incinta... Dio.
«L-lui s-sta bene?»

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